L'alba si poggia soporifera sulla campagna del nord della Francia, la vita di provincia ancora sonnecchiosa si prepara al risveglio, un contadino si fa largo tra la foschia delle prime ore del mattino, ara la terra con il ritmo del rito quotidiano e inciampa in un ordigno inesploso, mentre al di qua dei campi un'infermiera comincia il suo abituale giro di visite che come ogni santo giorno la porterà da una casa all'altra ad assistere disabili, anziani soli, emarginati e reietti della società.
A casa nostra apre e chiude sulle stesse identiche immagini, nel mezzo un'incursione feroce nel reale contemporaneo, un buon esercizio di cinema verità che punta il dito contro la retorica e il populismo dell'estrema destra francese, con allusioni neanche troppo velate al Front National di Marine Le Pen.
Il regista belga Lucas Belvaux non ne fa mistero, a partire dal titolo (nella versione originale Chez nous) che prende in prestito lo slogan "on est chez nous", più volte urlato durante i comizi del Front Nazional. Ed è per sua stessa ammissione un film politico: "Sì, A casa nostra è un film politicamente impegnato. Non è, ad ogni modo, un film militante, e non espone davvero nessuna teoria. Ho tentato di descrivere una situazione, un partito, una formazione sciolta, e decifrare il suo discorso, comprendere il suo impatto, la sua efficacia e potere di seduzione".
Una chiarezza di intenti che non gli ha risparmiato sin dall'uscita del primo trailer l'ira dei vertici della destra nazionalista con Florian Philippo, vicepresidente del partito, che ha definito scandalosa la decisione di far uscire il film (era il 22 febbraio) in pieno periodo elettorale, senza risparmiare commenti sull'attrice Catherine Jacob: nel film infatti interpreta la candidata del partito di estrema destra, caschetto biondo, un padre ingombrante e una certa durezza negli atteggiamenti che non lasciano molto spazio all'immaginazione e riecheggiano senza filtri l'immagine della Le Pen.
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Cinema del reale
Belvaux scatta un'istantanea della Francia contemporanea, spaccata, esasperata, smarrita, quella che ogni giorno fa i conti con sacche della società a cui i partiti tradizionali non hanno saputo dare evidentemente delle risposte adeguate, quella famosa 'pancia' del paese diventata con il tempo il bacino elettorale più florido per i movimenti anti establishment. Pauline, l'infermiera protagonista, è una di loro. Madre single, con un padre comunista ed ex-metalmeccanico, cresce i suoi due figli da sola in un distretto minerario nel nord della Francia. Una donna devota, generosa e amata dai suoi pazienti, una 'brava persona' vicino alla gente, cresciuta in una famiglia progressista e che diventerà la candidata ideale del partito nazionalista alle prossime elezioni locali.
Un'esca facile da manipolare per l'Rnp, movimento "che non è di destra né di sinistra" e che vuole ripulire la propria immagine da un passato xenofobo e violento: l'ingenuità - a tratti fin troppo disarmante - di Pauline è proprio quello che serve all'ex 'Blocco patriottico' e al suo repulisti. Sarà l'inizio di una guerra di "idee e parole" che la leader del partito Agnès Dorgelle, ispirata chiaramente a Marine Le Pen, combatterà sui social e per le strade, rastrellando fino all'ultimo elettore con ogni mezzo possibile perché "bisogna farli votare tutti, anche gli imbecilli" e volantini e locandine, si sa, non bastano più.
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La lezione dei Dardenne
Nei panni dell'inconsapevole Pauline, antieroina e vittima designata senza la benché minima capacità di giudizio critico tanto da risultare poco credibile, troviamo Émilie Dequenne, che in molti ricorderanno come il volto meraviglioso e indurito di Rosetta (Palma d'Oro al Festival di Cannes nel 1999). Dentro c'è tutta la lezione dei fratelli Dardenne, ma ridotta alla forma di un esercizio ben svolto: il tocco realistico è qui orfano di quell'insieme di sfumature e variabili umane che rendono la vita così meravigliosamente complessa e imprevedibile.
I buoni da un lato, i cattivi dall'altro, protagonisti di accadimenti che accontentano lo spettatore meno esigente, soddisfatto di poter piazzare ogni pezzo della storia proprio lì dove dovrebbe stare; e al contrario della realtà tutto diventa etichettabile e prevedibile.
Movieplayer.it
2.5/5