L'Olocausto raccontato come in una fiaba? Non sono pochi ad aver esplorato il tema, da La vita è bella a Jojo Rabbit passando per lo scanzonato Train De Vie. Precedenti illustri con cui misurarsi, ma come sottolinea la nostra recensione di Lezioni di persiano, il film di Vadim Perelman trova un suo percorso originale narrando una storia che si ispira a fatti in parte realmente accaduti. Il talento di Vadim Perelman e del suo team produttivo sta nel trovare gli interpreti giusti per la sceneggiatura firmata da Ilja Zofin e il gioco è fatto.
A catalizzare l'attenzione, in Lezioni di persiano, è un eccezionale Nahuel Pérez Biscayart nei panni di un giovane ebreo che, per sopravvivere durante l'Olocausto, si finge persiano. Per un caso fortuito, uno degli ufficiali del campo di concentramento in cui è stato deportato (Lars Eidinger) gli crede e comincia a concedergli dei privilegi in cambio di lezioni di persiano. C'è un solo problema. Reza (questo è nome falso con cui si presenta l'ebreo) in realtà conosce solo due parole di farsi, padre e madre, ma l'ingegno e lo spirito di sopravvivenza lo spingono a inventarsi un falso idioma con cui indottrinare l'amico nazista con cui, nel frattempo, si sviluppa uno strano legame di amicizia.
Un supercast per una fiaba drammatica senza troppa personalità registica
Nahuel Pérez Biscayart e Lars Eidinger sono l'anima di Lezioni di persiano. Nel ruolo di Reza, Nahuel fornisce una performance altamente drammatica e ricca di sfaccettature. La situazione in cui precipita gli provoca terrore puro, ma il finto persiano conserva un orgoglio e un coraggio che, insieme alla sua prontezza, lo aiutano a sfuggire alla violenza e all'orrore. D'altro canto sul suo cammino si pone l'eccentrico ufficiale interpretato dall'eclettico Lars Eidinger, personaggio ricco di debolezze e vizi che si discosta dall'immagine tradizionale degli ufficiale dell'SS e conserva alcuni aspetti comici nel carattere.
Nonostante una regia poco più che ordinaria, la ricchezza di Lezioni di persiano sta proprio nelle relazioni tra i personaggi, non solo tra i due protagonisti, ma tra le varie figure che popolano il campo di concentramento. Da un lato abbiamo i prigionieri, vessati e stremati, tra i quali però si distinguono alcuni di loro come i due fratelli italiani, costruiti secondo lo stereotipo dell'italico furbo e focoso, dall'altro i soldati addetti al campo, uomini e donne preda di gelosie, pettegolezzi, invidie le cui scaramucce alimentano alcuni gustosi momenti che distinguono Lezioni di persiano dalle opere più tradizionali sul Nazismo.
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La vita segreta delle parole
In quest'ottica, la ricostruzione storica lascia spesso e volentieri spazio a momenti stranianti, o aperture surreali, come l'incontro di un Reza in fuga nel bosco di un ufficiale francese che lo convince a tornare sui suoi passi prima che sia troppo tardi. Queste sequenze che si discostano dal mero dramma accostano il film a una sorta di fiaba drammatica costellata di momenti umoristici. E poi c'è la parola, protagonista tra i protagonisti. La parola portatrice di salvezza, visto che il curioso idioma inventato da Reza gli salverà la vita.
Da questo punto di vista è eccezionale il lavoro sulla lingua, anzi, sulle lingue parlate nel film. Reza passa con nonchalance dal tedesco parlato dai suoi carnefici al francese, la sua lingua madre, fino al finto farsi costruito usando le lettere dei nomi dei prigionieri deportati nel campo. Una ricchezza che sarà difficile conservare col doppiaggio italiano. L'accuratezza di fotografia, costumi e ambientazione fanno dimenticare qualche indecisione registica nei toni, mentre l'uso delle musiche enfatizza un finale altamente emozionante che ci fa dimenticare le incongruenze contenute nella storia.
Conclusioni
Un nuovo dramedy sull'Olocausto garbato e a tratti surreale, come sottolinea la nostra recensione di Lezioni di persiano. Pellicola che non si distingue tanto per la personalità registica quanto per le straordinarie interpretazioni dei suoi protagonisti, Nahuel Pérez Biscayart e Lars Eidinger. Biscayart interpreta un ebreo che si finge persiano per sopravvivere in un campo di concentramento popolato da soldati e ufficiali ben lontani dallo stereotipo del militare tedesco tradizionale. Tra sequenze surreali e momenti di grande intensità, il film scorre piacevole e si fa anche perdonare qualche incongruenza.
Perché ci piace
- Le interpretazioni dei due protagonisti, in particolare dell'argentino Nahuel Pérez Biscayart sono eccezionali.
- Notevole il lavoro sul linguaggio e sulla sua importanza.
- I momenti umoristici presenti nel film contribuiscono a smorzare la tensione senza però sminuire la tragedia dell'Olocausto.
- Il finale è davvero emozionante...
Cosa non va
- ... e fa perdonare anche qualche piccola incongruenza nella storia e una regia impersonale.