Confini geografici, confini morali
E' uno degli infiniti corollari della legge di Murphy: più un lavoro ti sembra semplice, più ti farà perdere del tempo. Forse ridefinire i confini geografici tra Italia e Svizzera, allo scopo di attribuire una mummia, rinvenuta nel ghiacciaio del Monte Rosa, all'uno o all'altro Stato, potrà non sembrare un compito semplicissimo ai più, ma per gli esperti topografi Giovanni e Mathias l'impresa non è delle più problematiche. Certo, uno è dovuto arrivare dalla Sicilia, dove ha lasciato una moglie indispettita per i mancati festeggiamenti dell'anniversario, e l'altro si è imbattuto in una tempesta di neve dopo che la sua, di compagna, lo aveva scaricato senza troppi complimenti. Ma, una volta messo insieme il gruppo, non prima che gli italiani attendessero la fine della tempesta confortati da qualche bicchierino al rifugio e uno svizzero ligio a dovere non avesse sfidato la furia degli elementi e, pur di compiere l'impresa, fosse colpito da un fulmine, il verdetto risulta inequivocabile: la mummia è italiana. I sogni di gloria del sindaco Bangher sembrano quindi destinati al successo: il paesino di Carcollo diventerà meta di turisti e studiosi, che, come già per il celebre Oetzi, saranno ansiosi di indagare le peculiarità del cadavere preistorico. Peccato che il cadavere in questione non sia affatto preistorico, ma che riposi tra le impervie montagne piemontesi da una sessantina d'anni o poco più: la sua vera identità è un mistero che a cui gli strumenti tecnici e le teorie scientifiche non possono offrire una rapida risposta.
E' così che un'improbabile comunità, affratellata dalla convivenza nel rifugio, si improvviserà squadra investigativa nel tentativo di dichiarare "compiuta" almeno questa nuova, improvvisata missione. Perché, a guardarli bene, non è che questi novelli detective abbiano molto di compiuto: c'è la coppia di gestori del rifugio, approdata in Piemonte dopo aver disseminato l'Italia di progetti imprenditoriali falliti, c'è Giovanni, che candidamente ammette di essere sempre in cerca di una scappatella ma è frustrato nei propri intenti dalla morbosa gelosia della moglie, c'è l'imperturbabile Mathias, incapace di reagire persino ad un addio crudele come quello che gli ha riservato la sua donna, e poi le guide italiane, sempre a battibeccare sui macabri aneddoti della zona, e un turco-svizzero convinto che il cellulare risolva ogni problema. Lo spazio ristretto che il gruppo si trova a condividere ne svela le differenze e le lontananze ma, inaspettatamente, anche i punti di contatto, per quanto labili e destinati a interrompersi una volta terminata l'avventura. Il contrasto con il maestoso paesaggio esterno, che la regia sottolinea con piglio documentaristico, offre la misura di un microcosmo, quello umano, che diventa meno insignificante quando decide di stare insieme, e che, con un piccolo contributo da parte di tutti, ognuno secondo le proprie possibilità, può realizzare qualcosa. Magari niente di eclatante, magari qualcosa che avrà significato solo per loro, ma comunque qualcosa. La debolezza del film è però quella di caratterizzare i personaggi in maniera troppo superficiale, affidandosi a facili stereotipi che vedono contrapposti il rigore svizzero e il gusto per l'approssimazione tutto italiano, l'atteggiamento spaccone delle due guide piemontesi e il pacato riserbo di Ulrich e Tommy. In un film che fa non tanto del paragone impietoso tra uomo e natura, quanto del confronto tra uomo e uomo uno dei suoi spunti più evidenti, un atteggiamento meno semplicistico e una maggiore attenzione ai dialoghi sarebbero stati graditi. Ma è anche vero che la durata abbastanza limitata della pellicola aiuta a non soffermarsi troppo su queste sbavature, e La misura del confine rimane un esperimento originale e inconsueto, lontano dalle tematiche solitamente esplorate dalla cinematografia italiana.
Movieplayer.it
3.0/5