Le jene di Napoli
Il titolo trae in inganno, ma l'ultimo film del regista napoletano Stefano Incerti non è un biopic del premier sovietico. Al centro dell'opera è infatti la storia di Marino Pacileo, da tutti chiamato Gorbaciòf per una vistosa e scura voglia sulla fronte. Cupo e solitario "ragioniere di galera" a Poggioreale, l'uomo è un giocatore d'azzardo che la sera punta su migliaia di euro a poker sul retro di un ristorante cinese. Per salvare la figlia dell'indebitato proprietario, Lila, dalla prostituzione sottrae dalle casse del carcere un'ingente somma di denaro che una serie di perdite al gioco non gli permettono più di restituire. Con l'appoggio di un poliziotto corrotto si unisce allora a un gruppo di malviventi passando da contabile a criminale, ma con l'amore nel cuore.
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Il capolavoro di Incerti, che ha ereditato da Mario Martone la destrezza registica nel ritrarre il ventre di Napoli, ricorda per stile, storia e perfino per la caratterizzazione dei personaggi il poetico Le conseguenze dell'amore. Come il brillante Paolo Sorrentino anche Stefano Incerti e il talentuoso scrittore Diego De Silva, che hanno firmato a quattro mani la sceneggiatura, ci mostrano una faccia ambigua della criminalità, una tenerezza che zampilla perfino nell'animo disumano e spietato di chi sarebbe capace di ammazzare qualcuno a mani nude. Non è un caso che a prestare il volto a questo mostruoso derelitto della società, di poche parole - esemplari l'incipit silenzioso del film e l'intesa di sguardi con la bella Lila che parla solo cinese - che vive in uno dei quartieri più multietnici di Napoli, nei pressi della Stazione centrale, sia proprio l'eccelso Toni Servillo, che sa gestire la sua impressionante espressività e la sua corporeità di attore prestato dal teatro al cinema con straordinaria misura: gli bastano una smorfia del viso e uno scaltro sguardo diretto in macchina in una breve scena del film per conquistare i cuori dei suoi spettatori e trascinarli, portandoseli sapientemente dalla sua parte, fino alla fine del film.
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