Julian Schnabel ha confessato di essere un americano ebreo nato a New York che prima di fare questo film della Palestina sapeva ben poco. Poi di nuovo l'amore a spingerlo verso una nuova avventura, verso un altro film complicato e controverso senza aver paura di sbagliare o di schierarsi da una parte piuttosto che da un'altra. Dopo Basquiat, lungometraggio incentrato sul suo amico artista Jean Michel Basquiat, celebre mosaicista newyorkese, e Prima che sia notte tratto dall'autobiografia del poeta cubano Reinaldo Arenas, esiliato e poi morto suicida (interpretato da Javier Bardem e in cui fa lavorare la sua seconda moglie, l'attrice spagnola Olatz Lopez Garmendia, anche ne Lo Scafandro e la Farfalla) arriva nelle sale Miral, il suo quinto film (è suo anche Berlin, il documentario su Lou Reed) incentrato quasi interamente sul romanzo autobiografico (La strada dei fiori di Miral) scritto nel 2004 dalla sua nuova compagna di vita, la giornalista palestinese 37enne Rula Jebreal, volto noto del nostro piccolo schermo per aver lavorato in varie emittenti televisive come reporter e conduttrice di talk show, ora concentrata sulla sua fiorente carriera di scrittrice.
Miral, presentato in Concorso a questa 67ma edizione della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, è da lei stessa sceneggiato ed è una storia incentrata su di lei, sulle sue origini, sul suo popolo e sulla sua terra, sulla storia delle tre donne che hanno contribuito a renderla una donna forte e istruita, destino che purtroppo può condividere con poche sue connazionali.
Presenti in sala il regista, la sceneggiatrice Rula Jebreal insieme ai produttori Jon Kilik, Michel Seydoux, Tarak Ben Ammar e alla strepitosa attrice israeliana Hiam Abbass, che insieme all'assente Freida Pinto (che interpreta Miral/Rula) ha il ruolo forse più importante del film, quello di Hind Husseini, una donna realmente esistita che alla fine degli anni '40 a Gerusalemme fonda un orfanatrofio divenuto poi collegio femminile per dare speranza alle centinaia di orfani che vagano per le strade della città. Presenti in sala anche Yasmine Al Massri, Ruba Blal e Stella Schnabel, figlia del regista che nel film ha un piccolissimo ma importante ruolo.
Julian Schnabel: Si indubbiamente è così, credo che questo conflitto debba terminare al più presto, ogni volta che muore un bambino aumenta in me la rabbia e la sensazione di impotenza. Come diceva qualcuno "al mondo ognuno ha le sue ragioni, ma nessuna è abbastanza buona". Ho voluto trasformare questo libro in un film e sfruttare per l'occasione la mia esperienza personale da ebreo americano che ha avuto una madre prigioniera di guerra in passato, sentivo il bisogno di raccontarla da un altro punto di vista che non è il mio.
Non ci sono molti registi che realizzano film drammatici su queste grandi questioni politiche, secondo lei è perchè la gente non vuole vederli o perchè non si ha voglia di sporcarsi le mani o semplicemente perchè certi argomenti sono troppo complessi e poco interessanti per lo spettatore medio?
Julian Schnabel: Qualsiasi cosa si faccia oggi è politica, ogni pensiero personale fa politica, la maggior parte dei film sono a tema politico, posso dirvi che io volevo farlo e basta, non so il motivo per cui gli altri non li fanno so perchè io voglio farli. Molti fanno questo mestiere per creare intrattenimento, mentre io per poter fare un film devo sentire dentro di me il peso del senso di responsabilità sull'argomento e devo imparare qualcosa mentre lo giro.
I motivi per cui l'ha girato in inglese e non in lingua originale?
Julian Schnabel: Ovviamente per una maggiore fruibilità del film da parte del grande pubblico, agli accordi di Oslo si parlava in inglese, è una lingua comune, uno strumento utilitaristico non indifferente. Se avessi fatto parlare gli attori in inglese ne Lo Scafandro e la Farfalla sarei stato martirizzato dai francesi, forse giustamente, ma qui aveva un senso ben preciso.
E' una storia assai complicata raccontata dal punto di vista di una ragazzina, com'è nata la scelta di questa prospettiva di narrazione?
Rula Jebreal: Ho scritto il libro nel 2003 principalmente per omaggiare il mio mentore, una donna che per me è stata insegnante e madre, per omaggiare la forza dell'amore di mio padre, per omaggiare la mia terra, il modo in cui queste persone con i loro consigli mi hanno salvato la vita e regalato grandi valori come la tolleranza e l'importanza dell'istruzione. Hiam Husseini mi ha messo sulla giusta strada e mi ha suggerito come usare l'educazione come chiave per diventare pacifisti in un paese falcidiato dalle guerre, Miral è la storia di una grande terra e di una piccola ragazza che riesce a sopravvivere perchè ha qualcuno che la può aiutare, oggi ci sono tante ragazzine che aspettano di essere salvate.
Qualche giorno fa sul Times di Londra è stato pubblicato un articolo su come le donne siano le vittime dimenticate delle guerre, casualmente il vostro film parla proprio di questo, di donne vittime di uomini e di una guerra sanguinosa, ed è anche il primo dei suoi film in cui le donne sono veramente protagoniste principali.
Julian Schnabel: L'attualità ci aiuta, tra pochi giorni una donna verrà lapidata in Iran per aver fatto sesso prima di sposarsi, dovremmo pensarci tutti a queste cose, siamo nel 2010 anche se in certi posti del mondo il tempo sembra esserci fermato. I valori che mi ha insegnato mia madre sono gli stessi che Rula ha imparato da Husseini, uno dei motivi per cui ho fatto questo film è che ci sono più somiglianze che differenze tra questi popoli, volevo proprio parlare di questo argomento, ho trascorso la maggior parte della mia vita trattenendomi dall'andare in Israele, fuggendo dalle mie responsabilità di ebreo, volevo finalmente dire la mia.
Hiam Abbass: Questo film è il mio omaggio a questa donna realmente esistita, Hind Husseini; le donne di solito sono vittime di questi conflitti ma lei decise di cambiare la storia del suo paese dando il suo concreto contributo, molti giornalisti mi definiscono un'attrice impegnata, noi attori ci guadagnamo la vita recitando e impegnandoci anche socialmente creando personaggi che abbiano un significato importante per il nostro paese. Sono rimasta sedotta dal viaggio di questa donna che ha sacrificato la sua vita in un conflitto in cui ha perso tutto, la sua terra, la famiglia, i suoi soldi e molto altro. Tutti andavano via da Gerusalemme ma lei decise di restare e attraverso questo orfanotrofio ha dato speranza a bambini che altrimenti sarebbero stati abbandonati a loro stessi. Quello che il cinema stia cercando di fare oggi è rendere questi personaggi accessibili al grande pubblico, e il percorso di Husseini ci permette di identificarci in modo diverso e più appassionato con questo conflitto di così grandi dimensioni.
Come ha vissuto intimamente il fatto di essere sul set della sua vita?
Rula Jebreal: E' stata un'esperienza dolorosa, lo sapevo sin dall'inizio che sarebbe stato così faticoso, sono molto contenta che un'attrice brava e famosa come Yasmine Al Massri abbia interpreto il ruolo di mia madre, una donna forte e fragile allo stesso tempo, considerate poi che la mia famiglia ha preso sin da subito le distanze da questo film perchè considera un disonore il fatto di parlare in pubblico di una violenza avvenuta tra le mura domestiche tanti anni prima. Julian mi ha aiutata molto a superare le mie paure, del resto per guardare al futuro era l'unica via d'uscita riuscire a sviscerare il passato. La cosa bella è che quando guardavo Freida Pinto girare sul set in realtà io non vedevo lei ma vedevo me.
Julian Schnabel: Sono molto contento peraltro che mia figlia Stella abbia recitato nel film nei panni di Lisa, una ragazza ebrea che ama un ragazzo palestinese, il cugino di Miral. Un personaggio chiave che mi è piaciuto molto. Rula nella realtà è ancora amica con la vera Lisa del film.
Julian Schnabel: Non avrei mai potuto fare il film senza di lei, sarebbe stato impossibile girarlo a Gerusalemme, a Ramallah, Haifa e in molti altri luoghi, Rula aveva vissuto lì la sua infanzia e la sua adolescenza, si sono aperte molte porte come quando siamo andati a girare nell'American Colony Hotel, che è vicino alla sede dell'orfanatrofio. Ricordo che rimase molto sorpresa quando le chiesi di partire con me per fare il film, di solito gli sceneggiatori non lo fanno ma io volevo sapere da lei cosa esattamente avevano visto in un campo profughi gli occhi di una bambina di 15 anni. Lo scenografo ha agito sempre su suo consiglio, abbiamo potuto descrivere quella realtà solo grazie a lei, decideva lei cosa mettere e cose togliere.
Ci sono altri argomenti importanti che vorrebbe affrontare nei suoi prossimi film?
Julian Schnabel: Non mi interessa fare altri film dopo questo, almeno per un paio d'anni, voglio solo portare questo film in giro per il mondo.
Vi aspettate una distribuzione anche nei paesi del Medio Oriente?
Rula Jebreal: Sì, il film è stato venduto anche nel mondo arabo e lo stiamo attualmente trattando con molti paesi.