Il Sundance Film Festival di quest'anno è stato scioccato dalla presentazione dell'ultima fatica di Vincenzo Natali, Splice, un'opera provocatoria che usa la settima arte per sollevare domande inquietanti sulla natura umana e sulla nostra potenziale tendenza verso la sindrome dell'onnipotenza, le cui conseguenze sono quasi sempre disastrose. La trama è semplicissima: due scienziati (Adrien Brody e Sarah Polley) oltrepassano i limiti imposti dall'etica e dalla legge per raggiungere nuovi vertici del sapere, usando del DNA umano combinato con quello, scomposto, di varie specie animali, dando vita a una nuova creatura con la quale instaurano un rapporto parentale contro ogni regola scientifica e morale. Senza rovinare la sorpresa al pubblico, diciamo soltanto che, così come ogni cosa in natura, Dren (questo il nome datole dai suoi 'genitori'), non si comporterà secondo la logica di chi l'ha creata ma si evolverà secondo regole nuove ma allo stesso tempo antiche, cercando disperatamente di ottenere quello che ogni creatura in gabbia vuole: la libertà. Dren, che è impersonata magnificamente da Delphine Chanéac, è il vero fulcro vitale della storia, una metafora nella quale si rispecchia l'umanità o disumanità dei suoi artefici. Ma anche se la trama del film è abbastanza lineare, le emozioni e le riflessioni che ne scaturiscono non lo sono affatto; Splice non è il classico film horror, dove spesso il genere è fine a se stesso, e così come in altre delle precedenti opere di Natali (Il Cubo) il film, così come il finale, rimane aperto all'interpretazione del pubblico. Lo abbiamo intervistato per conoscere meglio l'idea che c'era dietro Splice e cosa si aspettava dal risultato finale. Per scoprire altri dettagli sulla pellicola, vi invitiamo inoltre a visitare il sito ufficiale.
Partendo dalla sua visione iniziale, è rimasto soddisfatto dal risultato finale? Vincenzo Natali: A dire la verità, io non rimango mai soddisfatto. Con nessuno dei miei film. Ci sono momenti, passaggi che mi piacciono ma quando ho finito di girare ho l'immediato impulso di rifarlo daccapo perchè immagino sempre nuovi modi per migliorarlo. Ma di tutti i miei film, Splice è quello che mi ha soddisfatto di più. Penso che questo abbia a che fare con il cast fantastico con cui ho lavorato che mi ha dato delle performances meravigliose. Non mi stanco mai di guardarli, inoltre devo dire che sono molto orgoglioso del film. Penso di aver realizzato un'opera rischiosa, che sotto altre circostanze sarebbe stato impossibile, specie nel tipico ambiente della produzione Hollywoodiana.
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Il finale lascia spazio per un sequel: pensa che ci sarà in futuro un altro capito della storia di Dren o è un epilogo finale che vuole spingere il pubblico a riflettere sul pericolo della scienza senza etica e regolamenti? Vincenzo Natali: Tutti i miei film finiscono con una domanda, è il modo in cui mi piace finire le storie, con il suggerimento di un'altra storia. Ma per essere onesti non ho mai pensato a un sequel. Per me il modo il cui lasciamo Elsa è il perfetto completamento del suo viaggio come personaggio, specie considerando che è una donna che non ha mai voluto figli. Inoltre il finale suggerisce che dopo aver creato qualcosa come Dren è impossibile contenerla, si introdurrà nel mondo. Questa è la natura della scienza, non possiamo disimparare quello che abbiamo scoperto. Che sia una cosa positiva o negativa, preferisco lasciare al pubblico la decisione in merito.
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Ha già qualche idea per il suo prossimo film o prevede un periodo di relax? Vincenzo Natali: No, no, non ho proprio il tempo di rilassarmi, non ho fatto abbastanza film. Sto cercando di essere più prolifico e infatti sto lavorando a un certo numero di progetti adesso, quasi tutti adattamenti da romanzi, incluso Il Condominio di James G. Ballard e Neuromante di William Gibson, entrambi straordinari lavori di fantascienza. Sono incredibilmente fortunato ad avere quest'opportunità. Quindi, incrociando le dita, tra poco arriveranno altri mostri!