Sensi di colpa
Nelle fredde, inquietanti e crudeli geometrie di Revanche - ti ucciderò si sperimenta un gelo interiore per certi versi analogo a quello dei film di Michael Haneke. Anche Götz Spielmann, del resto, è austriaco; e al pari del più famoso connazionale o di altri cineasti provenienti da quella parte d'Europa sembra farsi carico di una visione della realtà estremamente dura, amara, disincantata, animata da ben poche possibilità di riscatto.
Un altro elemento che nel film di Götz Spielmann può far pensare ad Haneke è il trattamento riservato al genere, concepito come un'impalcatura intorno alla quale costruire riflessioni, di non lieve entità, sulla natura umana e sullo stesso utilizzo del linguaggio cinematografico. Fare riferimento al cinema di genere ci è venuto spontaneo, considerando che Revanche è in primo luogo il racconto di una rapina finita male.
Tra la periferia di Vienna e il grigiore della campagna austriaca si snoda, irto di tragiche fatalità, un percorso esistenziale tale da trascinare due coppie con trascorsi assai differenti in prossimità del baratro, qui rappresentato da scelte difficili, dolorose, e da inevitabili rimorsi. La scelta più gravida di conseguenze è senz'altro quella di Tamara (la bella e sensuale Irina Potapenko), giovane prostituta dell'est desiderosa di cambiar vita e profondamente innamorata del suo uomo, un ex detenuto di nome Alex (Johannes Krisch), tanto da accompagnarlo in macchina durante un tentativo di rapina, pur non potendo essergli concretamente d'aiuto. Tutto ciò solo per il timore che possa accadergli qualcosa. Il loro gesto disperato andrà invece incontro a una sorte beffarda; sorte incarnata da Robert (Andreas Lust), il poliziotto di provincia timido e inesperto che, nel tentativo di sparare alle gomme dell'auto in fuga, otterrà un risultato ben diverso da quello auspicato. Il matrimonio di Robert con Susanne (Ursula Strass), già vacillante per la mancata nascita di un bambino, comincerà subito a scricchiolare, scosso da paranoie nuove e dai sensi di colpa del poliziotto; mentre Alex, per un ulteriore e macabro scherzo del destino, scoprirà che la fattoria di un suo stretto parente si trova proprio a poche centinaia di metri da dove abita la coppia in crisi. L'occasione giusta per regolare definitivamente i conti, vendicando la persona amata? O forse il pretesto per rimettere in discussione il senso di quanto accaduto, instaurando un contatto morboso, ossessivo, e dunque non privo di rischi, con gli altri protagonisti dell'assurda vicenda?
Come in un incubo kafkiano, come in un apologo morale uscito dalla penna di Dostoevskij, è l'interiorità turbata dei personaggi a dominare la scena; una scena particolarmente scarna, opaca, soffocante come le lunghe inquadrature fisse che sembrano imprigionare ogni singola azione, relegandola ad un contesto da cui sembra impossibile scappare, contrariamente a quanto avevano ingenuamente ipotizzato Alex e Tamara. In Revanche - ti ucciderò tormenti e rimorsi si concretizzano in sguardi persi nel vuoto, silenzi prolungati, dialoghi ridotti all'essenziale, scene erotiche dall'impatto gelido, straniante; ed ancor più in quei gesti che nella loro meccanicità di fondo si configurano quali valvole di sfogo: su tutti l'atto di spaccare la legna cui si presta Alex, con una foga che riesce appena a mascherare tutte le tensioni represse. La regia di Götz Spielmann ha quindi buon gioco nel ricostruire quel limbo, le cui coordinate, da una Mitteleuropa tetra come non mai, conducono direttamente alle zone più oscure della nostra coscienza.