Wall Street, I Love You
Ci piacerebbe definirla la prima romantic comedy di Michael Moore, ma la verità è che, nonostante il provocatorio titolo, di amore in Capitalism: A Love Story davvero non c'è traccia, ma piuttosto rabbia, disperazione e un tocco di spirito sovversivo. Ancora una volta Moore non conosce mezze misure: come già nel precedente (e bellissimo) Sicko - e a differenza del suo film più famoso, Fahrenheit 9/11 - , qui non c'è un unico bersaglio ma il "nemico" diventa l'intera società americana, o almeno alcuni dei pilastri sui cui si basa, come il capitalismo, il mercato libero ma selvaggio, Wall Street e l'intera sistema bancario e finanziario del paese. Non è un caso che il film inizi con un lungo montaggio di sequenze di vere rapine in banca e finisca con l'auspicarsi non solo l'appoggio degli spettatori ma perfino una rivoluzione da parte dei poveri (ovvero coloro che rappresentano il 99% della popolazione statunitense) contro i ricchi (1%).
E' davvero questa l'unica soluzione rimasta? Per Moore sembrerebbe essere proprio così e il film sembra voler sposare questa tesi sia quando ci dà testimonianza diretta di molte famiglie a cui è stata pignorata la casa perché non riuscivano più a pagare i troppi interessi chiesti dagli istituti di credito, sia quando ironicamente trasforma un documentario sul declino dell'impero romano in quello della democrazia americana e dell'intero american dream. D'altronde come giustamente fa notare il regista, se finora rivoluzione non è stata è solo perché quel 99% del pubblico ha sempre segretamente celato dentro di sé il sogno e l'ambizione di far parte di quell'elitario 1%, ma con il peggiorare della situzione e l'aggravarsi della crisi internazionale cosa rimane al cittadino comune se non quello di far sentire la propria voce e cominciare a protestare?
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Un Moore quindi esplosivo che come sempre sa coniugare bene scene drammatiche (come le interviste agli sfrattati o ai tanti operai licenziati senza preavviso) con quelle che sono autentiche perle di comicità; sa riportare in auge situazioni paradossali ma spesso ignote ai più (come la paga infima destinata ai piloti di alcune compagnie aeree o il carcere minorile privatizzato in cui vengono rinchiusi minorenni per motivi banali e ridicoli) e sa soprattutto realizzare una pellicola che è un perfetto prodotto cinematografico a tutto tondo. Moore sarà sicuramente populista, mancherà di un vero sguardo documentaristico e di profondità di ricerca, ma non c'è dubbio che i suoi film siano tra i pochi (non solo tra i documentari) che riescono tutt'oggi a far divertire e riflettere un pubblico vasto su temi mai banali. L'unica cosa che possiamo augurargli è di non dover farne più di film così, sperando che il "metodo Obama" possa davvero funzionare e che il prossimo film, magari, sia davvero una commedia romantica.
Movieplayer.it
4.0/5