Woman in Gold: Maria Altmann, una vita per la giustizia e per l'arte

L'esperienza di Helen Mirren e una regia attenta di Simon Curtis contribuiscono a raccontare una storia un po' retorica ma ben sviluppata per sottolineare la necessità di non dimenticare quanto accaduto durante la Seconda Guerra Mondiale.

Ispirato alla storia vera di Maria Altmann, Woman in Gold racconta il tentativo della donna di rientrare in possesso delle opere d'arte di proprietà della sua famiglia, trafugate dai nazisti nel 1938, durante la seconda guerra mondiale. Tra queste c'era anche il famoso ritratto realizzato da Klimt di Adele Bloch-Bauer, o semplicemente la Woman in Gold a cui si riferisce il titolo, chiamato anche la Mona Lisa austriaca, e considerato uno dei capolavori più rappresentativi dell'arte della nazione.

Woman in Gold: Ryan Reynolds insieme a Helen Mirren in una scena
Woman in Gold: Ryan Reynolds insieme a Helen Mirren in una scena

La donna era la zia di Maria che, molti anni dopo essere fuggita insieme al marito negli Stati Uniti, si affida al nipote avvocato, E. Randol Schoenberg (Ryan Reynolds) per cercare di riavere quel dipinto così importante per la sua vita e per il suo tentativo di trovare finalmente un po' di pace grazie a una giustizia a lungo attesa. Per farlo sarà costretta a tornare in Austria insieme a Randol, animato inizialmente solo da obiettivi economici, ma il soggiorno nella patria della famiglia farà nascere nel giovane legale una nuova determinazione che sosterrà il forte orgoglio di Maria, portandolo a rischiare ogni cosa, persino il suo lavoro, pur di riuscire ad avere giustizia.

Un buon alternarsi di passato e presente

Woman in Gold: il regista Simon Curtis sul set
Woman in Gold: il regista Simon Curtis sul set

Il film diretto da Simon Curtis riesce a trasmettere con efficacia i sentimenti che animano i protagonisti, pur offrendo un confronto abbastanza sbilanciato dal punto di vista emotivo. Nonostante siano evidenziate le motivazioni per cui i responsabili del museo Belvedere Palace non vogliano privarsi di un tale capolavoro, la loro opposizione priva di sfumature positive porta infatti inevitabilmente a sostenere senza mezzi termini la battaglia legale di Maria, seguendone con apprensione le varie fasi.
L'utilizzo dei flashback, inoltre, approfondisce maggiormente la storia e rende più drammatici gli eventi narrati, creando l'empatia necessaria a comprendere le motivazioni della donna, evidenziando la profondità delle sue ferite interiori e ricordando, come giusto e necessario, l'orrore di quanto accaduto durante il regime nazista alle persone di origine ebraica, e non solo.
Curtis riesce ad alternare passato e presente con un buon ritmo, aggiungendo di volta in volta dei tasselli importanti alla narrazione, riservandosi per la parte finale la sequenza più emotivamente coinvolgente, seguita purtroppo da un superamento delle barriere spazio temporali fin troppo retorico e stucchevole.
La regia (Marilyn) è efficace e senza troppe sbavature, e la fotografia di Ross Emery sa sottolineare bene visivamente i momenti di gioia e quelli più cupi, compiendo scelte cromatiche ben precise che enfatizzano i vari passaggi della storia e l'ambientazione degli eventi. La colonna sonora firmata da Martin Phipps e dal veterano Hans Zimmer, infine, non risulta mai invadente, pur non brillando per originalità e non aggiungendo una dimensione narrativa al film.

La sempre impeccabile Helen Mirren

Woman in Gold: Ryan Reynolds, Helen Mirren e Daniel Brühl in una scena
Woman in Gold: Ryan Reynolds, Helen Mirren e Daniel Brühl in una scena

Woman in Gold, tuttavia, può contare sulla grande esperienza e bravura di un talento cristallino come quello di Helen Mirren, in grado di regalare ancora una volta una performance ricca di sfumature, dando spazio al lato più vulnerabile di Maria e a quello più duro, mostrandone la dolcezza e il sarcasmo. Ryan Reynolds sostiene con qualche fatica il confronto diretto con il premio Oscar, tuttavia, soprattutto nella seconda parte del film, sa individuare le caratteristiche giuste per far percepire il cambiamento avvenuto nell'avvocato, dall'inesperienza evidente ma dalla voglia di smentire ogni aspettativa negativa nei suoi confronti. E' invece delinato un po' troppo a grandi linee, purtroppo, il rapporto con la moglie Pam, un piccolo ruolo affidato a Katie Holmes.
Tatiana Maslany, la star di Orphan Black, e Max Irons, sostengono con bravura le parti ambientate negli anni Trenta, dimostrando un ottimo feeling e confermando le qualità dimostrate in precedenza sul piccolo e grande schermo.

Conclusione

Woman in Gold, pur con la sua carica di buoni sentimenti e retorica, è un lungometraggio in grado di mantenere alta l'attenzione, e la tensione, fino al suo epilogo (ovviamente piuttosto prevedibile), e, grazie all'ottima prova del suo cast, si avvicina con il doveroso rispetto a tematiche storiche che non possono non essere affrontate mostrandone la dimensione più personale e umana, mantenendo viva la memoria.

Woman in Gold: Tatiana Maslany con Max Irons in una scena
Woman in Gold: Tatiana Maslany con Max Irons in una scena

Movieplayer.it

3.0/5