Herzog incontra Gorbaciov, la recensione: Un documentario testamento

La recensione di Herzog incontra Gorbaciov, il documentario di Werner Herzog sull'ex leader dell'Unione sovietica, tra memorie personali e ricostruzione storica.

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Herzog incontra Gorbaciov: una scena del film

Narrare l'umano, indagarlo in tutte le sue sfumature e coglierne ciò che altrimenti risulterebbe impercettibile: la fragilità, il dubbio, la rabbia, la solitudine, la quasi innata natura tragica. C'è bisogno di fare appello a tutto questo per scrivere la recensione di Herzog incontra Gorbaciov, il documentario in sala dal 19 gennaio per soli quattro giorni, attraverso il quale Werner Herzog racconta Mikhail Gorbaciov, ridefinendo il termine di documentario storico. Perché quello a cui lo spettatore assisterà in un'ora e mezza di intervista, testimonianze e immagini di repertorio non sarà una semplice ricostruzione biografica ma un ritratto esplosivo, di rara poesia e grazia. Nel corso di una commossa e quanto mai lucida chiacchierata, il regista tedesco "fotografa l'anima" dello statista russo, lo fa parlare chiedendo ciò che nessun altro avrebbe avuto il coraggio di domandare e ci regala una sorta di testamento dell'ultimo segretario generale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica.

La trama: tra memorie personali e documentario storico

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Herzog incontra Gorbaciov: un'immagine del documentario

"Sono tedesco e probabilmente il primo tedesco che ha incontrato voleva ucciderla", scherza Werner Herzog durante una delle battute iniziali di Herzog incontra Gorbaciov. La sua voce fuori campo, come da tradizione, guida lo spettatore per tutta la durata del film, che ripercorre la vita di una delle figure politiche più significative del secolo scorso: dalle origini contadine nel poverissimo villaggio di Privol'noe su cui plana il drone della sequenza iniziale, passando per l'ascesa politica sulle macerie della vecchia guardia, immortalata dal susseguirsi grottesco delle parate funebri prima di Breznev poi di Cernenko, fino alla storica stretta di mano con Reagan, che sancì il primo vero passo verso il disarmo nucleare.
Herzog ha incontrato Gorbaciov per ben tre volte durante un arco di tempo di sei mesi; l'inizio del documentario parte dall'ultimo incontro, alcuni giorni dopo le dimissioni dall'ospedale dove era stato ricoverato per l'ennesimo malore.

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Herzog incontra Gorbaciov: un momento del film

L'ex leader dell'Unione Sovietica parla di sé senza filtri, quando lo vediamo per la prima volta nella sua casa di Mosca a scartare una scatola di cioccolatini rigorosamente senza zucchero visto l'avanzare del diabete, è ormai un uomo solo, appesantito dalla malattia: 87 anni di ricordi e qualche pentimento, abbandonato da chi lo considera un traditore del sogno sovietico. Gorbaciov rivive nelle sue parole e in quelle degli intervistati, nei vecchi filmati di archivio, negli aneddoti più intimi, icona di un secolo che forse ha perso con lui una grande occasione di pacificazione. Il suo motto? "Combatti finché non ci sarà più nulla da combattere", parafrasando le parole del padre tornato dal fronte della Seconda Guerra Mondiale quando ormai lo davano tutti per morto. Non ha dubbi, è così che bisogna vivere.

La natura tragica e solitaria di Gorbaciov

Herzog scava nei pensieri del suo interlocutore e lascia che a tessere l'ordito di quest'amarcord siano le pause, i silenzi o gli sguardi pensosi di un uomo che davanti agli occhi indagatori del suo narratore rivela l'improvvisa natura tragica e solitaria del personaggio. Che pure durante gli anni della Guerra Fredda non ebbe peli sulla lingua quando si trattò di chiedere a Margaret Thatcher come facesse "a starsene tranquillamente seduta su un barile di armi nucleari" e che oggi non esita a dire: "Alla gente piacciono i politici come Eltsin, quelli avventati". Il paragone con il contemporaneo è spietato, inevitabile che il documentario abbia il sapore della nostalgia e della tenerezza; strano accostare alla politica un aggettivo simile, ma Herzog riesce a farlo.

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Herzog incontra Gorbaciov: un primo piano di Lech Walesa

Il rapporto tra intervistatore e intervistato cresce davanti allo spettatore tra complicità e umorismo, memorie e parole che suonano come testamentarie fino a quel "Ci abbiamo provato", quando il regista gli chiede cosa vorrebbe che venisse scritto sulla sua lapide. La chiusa finale è sulla scomparsa prematura della moglie Raissa: "Quando morì, mi fu tolta la vita", racconta, mentre le ultime immagini lo ritraggono nella sua casa natale, in quel villaggio dove nacque contadino e che lo avrebbe poi consegnato alla storia.

Conclusioni

Alla fine della recensione di Herzog incontra Gorbaciov resterà la sensazione di aver avuto a che fare con un lascito testamentario più che con un documentario storico . Il ritratto di un uomo che rivela la propria natura tragica e solitaria, come solo il regista tedesco avrebbe potuto fare. Herzog e Gorbaciov si parlano con autenticità, si fanno domande e non hanno paura dei silenzi commossi o dei rimpianti. Oltre le immagini di repertorio e le testimonianze di chi ha incrociato la strada dell'ex leader dell'Unione Sovietica, rimane la tenerezza e la nostalgia per una politica che oggi lascia il posto agli uomini più "avventati".

Movieplayer.it
4.0/5
Voto medio
3.6/5

Perché ci piace

  • Per la capacità unica di Herzog di tirare fuori la dimensione tragica e solitaria di uno degli uomini politici più importanti del secolo scorso.
  • Per la grazia e la poesia con cui si accosta al ritratto di Michail Gorbaciov: siamo oltre i confini del puro documentario storico.
  • Per la complicità che il regista riesce a instaurare con il proprio interlocutore, pur rimanendone a debita distanza.

Cosa non va

  • Chi si aspetta un semplice ritratto biografico, ne resti alla larga.