Un cadavere, sette persone, sette impronte sulla pistola che ha sparato. Sette amici, tutti presenti al funerale del defunto: l'assassino è evidentemente uno di loro. O no? E ancora: è davvero importante sapere chi? O conta di più, semmai, capire il (o i) perché? Il meccanismo del whodunit fornisce solo lo spunto iniziale a Ludovico Di Martino per il suo Roles, nuova web series in otto episodi (di cinque minuti ognuno) presentata nell'ambito del RomaFictionFest. A produrre l'operazione, un insospettabile come Stefano Santucci, autore di moltissimi programmi di successo della tv generalista degli ultimi decenni (Il pranzo è servito, La Corrida, Reazione a catena, solo per citarne alcuni); una virata verso un universo lontanissimo da quello di riferimento, segno forse che la staticità dei linguaggi dei media classici si sta lentamente dissolvendo. Considerazioni mediologiche a parte, l'aver prodotto un'opera come questa rappresenta senz'altro un atto coraggioso per Santucci, pur nelle ridotte dimensioni del progetto, e nel ristretto (ma non troppo) universo "alternativo" in cui questo si muove.
Degli otto episodi di cui la serie si compone, il festival capitolino ne ha mostrati due, in particolare il primo e il quarto. La scelta, insolita per il formato di un'anteprima, vuole rimarcare il carattere non sequenziale dei segmenti, ognuno incentrato su uno dei protagonisti; ma, come ha spiegato lo stesso Di Martino, lo scopo è anche quello di mostrare l'evoluzione del mood della serie, dalle atmosfere classicamente noir del primo episodio a quelle più intime, caricate di considerazioni filosofiche, della seconda parte dell'opera. In effetti, il primo segmento mostra tutti i topoi del genere, dalla pistola ai sette sospettati chiusi in uno spazio ristretto (la chiesa), recuperando persino l'espediente della voice over del defunto che cita (consapevolmente o no, non importa) un classico come Viale del tramonto. Entrambi gli episodi mostrano il ruolo, appunto, dei rispettivi protagonisti, ipotizzando i motivi di una possibile responsabilità nell'omicidio, arrivando persino a rappresentare quest'ultimo come opera di ognuno dei due. Il quarto segmento mostra in effetti di avere più spazio, nei suoi trecento secondi di durata, per concentrarsi sul suo protagonista, che si presenta proprio (probabilmente non a caso) con una serie di considerazioni sul tempo e sulla sua perenne carenza, nell'ambito della vita moderna. Pur nella difficoltà di valutare un'opera dalla sola visione di due frammenti di essa, va detto che Roles mostra già, da quanto si è potuto vedere in quest'anteprima (e nel precedente trailer) più di un motivo di interesse. L'estetica adottata da Di Martino (classe 1992) è nervosa, caratterizzata da un montaggio serrato, quantomai contaminata: segno evidente della provenienza del regista dall'ambito degli spot pubblicitari, oltre che ovvia conseguenza delle peculiarità del formato. Va detto comunque che mai, nei due episodi che abbiamo visionato, viene meno la leggibilità degli eventi, pur nella struttura a flashback, e in parte frammentaria, che li caratterizza. Lo stesso uso eclettico della musica (con composizioni che vanno dal rock all'elettronica) mostra la volontà del giovane regista di non restare ingabbiato in una singola atmosfera, mostrando, pur nel ridotto spazio offerto dal tipo di operazione, un patchwork di sapori e climi diversi: diversi come le caratteristiche, le motivazioni e i ruoli di ognuno dei suoi sette protagonisti. Non mancano le premesse positive, quindi, per quest'opera noir sui generis, e per l'idea di narrazione per immagini che porta avanti. Non ci resta che attendere, con un buon grado di fiducia (e curiosità) la sua visione completa.Roles: Sette e non più sette
Il giovanissimo Ludovico Di Martino dirige una web series che è un noir atipico, in cui il meccanismo del whodunit fornisce l'occasione per una serie di considerazioni sul ruolo dell'individuo nella società moderna.