Franca Leosini, torna stasera con Storie maledette, con il caso di Sonia Bracciale, accusata di aver commissionato il brutale pestaggio del marito Dino Reatti. Ripercorriamo le tappe del caso che hanno portato all'accusa di Bracciale, dalla notte dell'omicidio, alla confessione dei due assassini per arrivare ai processi che hanno emesso le sentenze di condanna.
La notte dell'omicidio
Siamo ad Anzola Emilia in provincia di Bologna, è la notte tra il 7 e l'8 giugno 2012. Dino Reatti, 48 anni, viene aggredito nel cortile della sua casa di campagna da due uomini, Thomas Sanna 35 anni, e un amico, Giuseppe Trombetta, 40 anni. Thomas è l'amante di Sonia Bracciale, moglie di Dino. I due aggressori staccano le luci esterne per sorprendere Reatti nel buio, e quando arriva iniziano a pestarlo, inizialmente con l'idea di intimorirlo, ma l'uomo Reagisce e i due iniziano a prenderlo a sprangate. Dino Reatti morirà poco dopo in ospedale per le ferite riportate.
I primi sospetti dei Carabinieri
I carabinieri della stazione di Anzola iniziarono subito ad indagare sui rapporti all'interno della coppia: i militari erano stati chiamati spesso per sedare i litigi tra Dino Reatti e Sonia Bracciale ed erano a conoscenza dell'esistenza del triangolo amoroso, così come sapevano degli attriti dovuti anche ai debiti di Dino e dell'udienza di divorzio che era stata fissata a breve.
Il tentativo di depistaggio e il fermo dei sospettati
Interrogata dai Carabinieri Sonia provò ad indirizzare le indagini verso il mondo della prostituzione, ma senza successo. Gli inquirenti, indagando sull'amante di Sonia scoprono che Thomas Sanna, alle 2,57 della notte precedente - circa un'ora dopo il delitto - è andato con l'amico Trombetta, a cui la vittima aveva rotto il naso con un pugno, al pronto soccorso dell'ospedale di Modena per farsi medicare. Il cerchio si chiude ed i tre vengono arrestati dopo solo 24 ore dalla morte di Dino Reatti.
La confessione di Giuseppe Trombetta
Il primo a confessare è stato Giuseppe Trombetta che, come riportato da Il Resto del Carlino, messo alle strette dai militari, raccontò la dinamica dell'omicidio: "Voglio raccontarvi come sono andati i fatti perché non ho intenzione di prendermi le responsabilità degli altri - dice agli inquirenti prima di confessare - Ho colpito alle gambe Dino ricordandomi quanto mi aveva suggerito Sonia, che mi aveva indicato nella gamba destra il punto debole del marito". Trombetta spiega di aver occultato la macchina in prossimità della casa e di essersi nascosto dietro al casolare: "Thomas ha strappato i cavi delle luci esterne e abbiamo aspettato l'arrivo di Dino".
Il pestaggio di Dino Reatti raccontato da Giuseppe Trombetta
Sonia aveva dato una foto del marito ai due uomini, l'uomo era alto circa due metri e pesava più di 120 kili e per stenderlo erano necessarie due persone, grazie ancora a Il Resto del Carlino sappiamo la dinamica del pestaggio di Dino Reatti raccontata da Giuseppe Trombetta ai Carabinieri: "Abbiamo preso in mano dei tubi metallici che abbiamo trovato per terra. Quando Dino è sceso dalla macchina, Thomas l'ha aggredito colpendolo con il tubo. Dino ha reagito e lo ha scaraventato a terra - a questo punto interviene Trombetta - io d'istinto l'ho colpito con il tubo alla bocca e poi quando era a terra sia io che Thomas lo abbiamo ripetutamente colpito, non volevamo ucciderlo ma solo dargli una lezione, così come voleva Sonia la quale erano mesi che provava rancore per il marito e voleva fargliela pagare".
Il piano per intimidire Dino Reatti raccontato da Thomas Sanna
In un primo momento Thomas Sanna cercò di tenere fuori dai guai Sonia Bracciale, ma quando intuì che i Carabinieri avevano capito tutto decise di confessare anche lui spiegando la preparazione del piano. "Il 6 giugno io, Trombetta e Sonia abbiamo progettato di dare una lezione al marito. Sonia ci ha invitato a percuoterlo, ma non ad ammazzarlo - aggiungendo - In particolare abbiamo discusso degli orari e del fatto che Sonia avrebbe fatto ubriacare la sorella per tenerla buona durante l'aggressione dal momento che abita nello stesso casolare". Il Sanna poi rivelò: "Il progetto era quello di dare una lezione a Dino, rubargli la macchina e incendiarla, in modo da spaventarlo ed evitare che Sonia subisse altre vessazioni. L'accordo l'abbiamo preso il giorno in cui siamo andati a prendere la benzina".
Le dichiarazioni di Sonia Bracciale durante il processo
Sonia Bracciale durante le prime indagini si avvalse della facoltà di non rispondere. Prima e dopo il processo si è sempre dichiarata innocente. Nel corso delle varie udienze ha detto che i rapporti tra lei ed il marito erano migliorati e non aveva nessun motivo per ordinare il suo pestaggio. Rispondendo ai giudici ha dichiarato: "Se io avessi voluto dare una lezione a mio marito non avrei aspettato il 2012. Ne avrei avute delle occasioni, delle possibilità".
La sentenza di Primo Grado
Il 16 aprile 2014, la Corte di Assise emette la sentenza di primo grado: Sonia Bracciale è condannata a 18 anni e due mesi, il PM Rossella Poggioli aveva chiesto una condanna a 27 anni. Nella sentenza la Corte ha riconosciuto il concorso anomalo: questo si verifica quando uno dei partecipanti a un reato commette un fatto diverso da quello voluto. Sonia Bracciale venne condannata ad un risarcimento di 140 mila euro alle due sorelle di Dino Reatti. I due assassini Thomas Sanna e Giuseppe Trombetta erano stati condannati con rito abbreviato a 16 anni.
La sentenza di Secondo Grado e quella della Cassazione
La sentenza di Secondo Grado e quella della Cassazione sanciscono un aumento della pena per Sonia Bracciale, condannata con sentenza definitiva a 21 anni e due mesi di carcere. Bracciale viene riconosciuta mandante dell'omicidio del marito Dino Reatti, ma continua a proclamarsi innocente e sta scontando la pena nella casa circondariale Dozza di Bologna, dove è stata intervistata da Franca Leosini per Storie Maledette.