Renata Rapposelli, la storia della donna uccisa dal figlio e dall'ex marito

La storia di Renata Rapposelli, uccisa dal figlio e dall'ex per motivi economici e disprezzo per la figura materna-

Per l'omicidio di Renata Rapposelli sono stati condannati il figlio Simone Santoleri, autore materiale del delitto, e l'ex marito Giuseppe, in qualità di complice. Secondo i giudici il movente dell'omicidio va ricercato nel "mai sopito disprezzo della figura materna" da parte del figlio.

Renata Rapposelli era scomparsa nell'ottobre del 2017 e la denuncia fu presentata da alcuni amici, un gruppo religioso che la pittrice frequentava ad Ancona. Un mese dopo, l'11 novembre, il corpo senza vita della donna fu rinvenuto a Tolentino, lungo l'argine del fiume Chienti. Il corpo, trovato da un muratore che si era fermato per una sosta, era ricoperto d fango. Il viso era irriconoscibile, Renata Rapposelli fu identificata grazie all'orologio che indossava e alla placca metallica che le era stata inserita, nell'articolazione del polso destro, durante un intervento chirurgico.

Nel corso delle indagini, gli inquirenti stabilirono che Renata Rapposelli, il giorno della scomparsa, era andata a trovare, nella loro casa a Giulianova, l'ex marito, Giuseppe Santoleri, 70 anni, e il figlio Simone, 46 anni. Il delitto si consumò tra le quattro mura domestiche: due uomini avevano attirato la vittima in casa paventando problemi di salute di Simone, ma in realtà, volevano convincerla a rinunciare al sostentamento alimentare.

Le indagini puntarono subito su Giuseppe e Simone, le loro testimonianze non avevano mai convinto gli inquirenti che, passo dopo passo, raccolsero una serie di indizi che li convinsero a far scattare le manette nei confronti dell'ex marito e del figlio della vittima.

Secondo la ricostruzione del delitto fatta in aula, l'omicidio è avvenuto in seguito al forte litigio per soldi tra Renata, Simone e Giuseppe. La donna rivendicava circa 1800 euro di arretrati, il figlio, preso dalla rabbia, ha strangolato la madre a mani nude, poi dopo aver caricato il cadavere di Renata Rapposelli in macchina, lo avrebbe chiuso in un sacco della spazzatura, per scaricarlo lungo l'argine del fiume di Tolentino.

Nelle motivazioni della sentenza i giudici hanno scritto che "a carico di Simone esistono indizi gravi, precisi e concordanti che rilevano in modo innegabile un radicato e risalente sentimento di rancore nei confronti della vittima". I giudici hanno affermato che il figlio "nutrisse un mai sopito disprezzo per la figura materna".

Simone si è sempre dichiarato innocente, anche se avrebbe ammesso l'omicidio ad alcuni detenuti. Giuseppe si è detto succube del figlio e di aver agito sotto i suoi comandi.

I giudici di primo grado hanno condannato Simone a 27 anni (24 anni per omicidio volontario e 3 per la soppressione del cadavere), e a 24 anni Giuseppe (18 anni per omicidio e 3 per soppressione di cadavere).

Il 16 dicembre 2021, la sentenza di secondo grado della Corte d'Assise del tribunale de l'Aquila ha confermato la condanna per Simone, mentre Giuseppe Santoleri ha avuto una riduzione della pena da 24 a 18 anni.