Il caso che coinvolge Raoul Bova e la modella Martina Ceretti si fa sempre più intricato, tra indagini giudiziarie, fughe di notizie, ipotesi di estorsione e un possibile 'sistema' creato per distruggere l'attore, volto amatissimo della fiction Don Matteo.Dopo le denunce presentate da Bova, l'indagine avviata dalla Procura e la richiesta di affidamento esclusivo dei figli avanzata dall'ex compagna Rocío Muñoz Morales, si aggiungono le parole dure del Garante della Privacy e una clamorosa rivelazione di Gabriele Parpiglia.
Secondo quanto riportato dal giornalista nella sua newsletter, ci sarebbe un piano ben strutturato per screditare l'attore, avviato già tre mesi fa e culminato nella pubblicazione, da parte di Fabrizio Corona di audio privati tra Bova e la Ceretti. Quegli audio sono stati consegnati a Corona da Federico Monzino, il quale avrebbe agito per un tornaconto personale.
Conversazioni rubate e un misterioso numero spagnolo
L'episodio chiave risalirebbe all'11-12 luglio, quando Bova ha ricevuto messaggi minacciosi da un numero spagnolo, ritenuto intestato a un prestanome. La polizia postale collega quell'utenza proprio a Monzino. Secondo Parpiglia, il profilo WhatsApp risulterebbe salvato come "Cath", alias di una presunta "Catherina Droga".

Il contenuto dei messaggi, ricostruito dal Corriere della Sera, lascia poco spazio all'immaginazione: "Questa è pesante, cavolo. Anche con audio che conferma tutto. Nelle mani di Fabrizio diventa una puntata di Falsissimo. Questo te lo giuro, sono già in contatto con lui". Poco prima, Bova avrebbe ricevuto anche una comunicazione anonima con toni chiaramente estorsivi: "Non è il caso che venga fuori uno scandalo sui giornali, no? Per il tuo matrimonio, per la tua immagine, per il tuo presente e futuro lavoro... Altro che Don Matteo".
Un sistema per distruggere Bova?
Parpiglia ha parlato apertamente di un sistema organizzato per affossare la figura pubblica e privata dell'attore. Non solo i messaggi minacciosi, ma anche un particolare inquietante: il furto del cellulare dell'attore, avvenuto ad aprile scorso. "Non si è trattato di uno scippo né di una dimenticanza in un bar. Quel telefono è sparito in casa. Il ricordo è nitido". Chi ha sottratto il dispositivo è quindi qualcuno molto vicino all'attore.
Il "prezzo" degli audio: mille euro e un pusher
Secondo un'inchiesta de La Repubblica, il prezzo per la consegna degli audio sarebbe stato di mille euro in contanti, accompagnato dal numero di un presunto pusher. Il pagamento sarebbe stato effettuato da Fabrizio Corona in cambio delle chat private tra Bova e Ceretti, poi diffuse sulla rubrica Falsissimo.

Monzino, contattato dal quotidiano, ha negato ogni richiesta di denaro. Tuttavia, davanti agli inquirenti avrebbe ammesso di aver ricevuto una proposta economica e il contatto con l'ex paparazzo per l'acquisto di cocaina. La polizia postale ha aperto anche un filone legato alla droga: si cerca di capire se ci sia dietro un debito o un giro di stupefacenti collegato alla vicenda.
L'intervento del Garante per la Privacy
Intanto, il Garante per la protezione dei dati personali (GPDP) è intervenuto con un comunicato ufficiale in merito alla diffusione non autorizzata degli audio di Bova. È stata aperta un'istruttoria per accertare eventuali violazioni della normativa sulla privacy e delle regole deontologiche dei giornalisti.
"L'audio, diffuso senza consenso, proviene da una conversazione privata via chat tra l'attore e un soggetto terzo", ha dichiarato l'Autorità. "Il contenuto è stato successivamente rilanciato sui social, spesso accompagnato da post, video e vignette dal tono ironico o denigratorio. L'ulteriore diffusione potrà comportare provvedimenti sanzionatori".
Raoul Bova, nel frattempo, si è chiuso nel massimo riserbo, ma ha presentato formale reclamo al Garante e denunce alle autorità competenti. L'intera vicenda sembra tutt'altro che conclusa: tra presunti complotti, intercettazioni, droga e un furto inquietante, quello che appare è un vero e proprio caso mediatico e giudiziario destinato a far discutere ancora a lungo.