Questa settimana esce nei cinema Il Delitto Mattarella, il film diretto da Aurelio Grimaldi sull'omicidio del Presidente della Regione Siciliana Piersanti Mattarella, avvenuto il 6 gennaio 1980. Ripercorriamo insieme le tappe di quei drammatici giorni ricostruendo il delitto i cui esecutori materiali sono ancora sconosciuti e di cui abbiamo parlato anche nella recensione de Il delitto Mattarella.
Chi era Piersanti Mattarella

Piersanti Mattarella nacque a Castellammare del Golfo il 24 maggio 1935, era il secondogenito di Bernardo Mattarella, uomo politico della Democrazia Cristiana, e Maria Buccellato, Nel 1941 nacque il fratello minore Sergio, attuale Presidente della Repubblica. Studiò a Roma al San Leone Magno, dei Fratelli maristi. Dopo l'attività nell'Azione Cattolica entrò nella Democrazia Cristiana avvicinandosi alla corrente politica di Aldo Moro. Divenne assistente ordinario di diritto privato all'Università di Palermo. Fu eletto presidente della Regione Siciliana il 9 febbraio 1978. Sposato con Irma Chiazzese, aveva due figli, Maria e Bernardo.
L'omicidio di Piersanti Mattarella

Piersanti Mattarella fu ucciso il 6 gennaio del 1980, era la domenica dell'Epifania e il Presidente della Regione si stava recando a messa con sua moglie Irma, i figli Bernardo e Maria, la suocera. Quello che succede dopo lo racconta la moglie agli inquirenti. La donna aveva notato un giovane, un biondino con un piumino azzurro che era sceso da una Fiat 127 bianca. Irma Chiazzese sale in macchina mentre Bernardo chiude il garage. Il biondino compare di nuovo, cerca di aprire la portiera della macchina poi spara quattro colpi, Il Presidente della Regione, colpito, cade sulle gambe della moglie. Il Killer torna indietro verso la 127 e cambia pistola, probabilmente la precedente si era inceppata. Spara altri quattro colpi, ferendo ad un dito la signora Mattarella. "Stringevo Piersanti e guardavo quell'auto sperando che il Signore li facesse andare via. E invece no: il complice, quello alla guida, ha fatto dei gestacci, proprio come se gridasse all'assassino di tornare a sparare. E lui è venuto di nuovo verso di noi. I suoi occhi fissi nei miei, ha sparato l'ultimo colpo", raccontò la donna.
I primi soccorsi, Sergio Mattarella sul luogo dell'omicidio

Tra i primi ad arrivare sul luogo del delitto è Sergio Mattarella, l'attuale Presidente della Repubblica fu chiamato dal nipote: "Zio vieni, presto, papà ha avuto un incidente". Il ragazzo non ha avuto il coraggio di dirgli la verità ma lui intuisce qualcosa, si precipita per strada senza neanche indossare il cappotto, come si vede nel celebre scatto di Letizia Battaglia, in cui il futuro Presidente sorregge il corpo senza vita del fratello. Nel corso degli anni Sergio Mattarella parlerà pochissimo dell'omicidio del fratello, anche se alcune fonti vicine al Presidente hanno riferito che l'esito delle indagini non lo abbia soddisfatto.
La rivendicazione neofascista, le indagini e le teorie di Giovanni Falcone

L'omicidio di Piersanti Mattarella fu rivendicato da un gruppo neofascista, indirizzando le indagini verso una matrice terroristica. Il primo a dubitare della pista terrorista fu Leonardo Sciascia: il successivo al delitto lo scrittore parlò di "confortevoli ipotesi", riferendosi alla possibilità che dietro il delitto ci fosse la mano della mafia. Il primo magistrato a seguire le indagini fu Pietro Grasso, giovane Sostituto Procuratore di turno quel 6 gennaio e futuro Presidente del Senato. Le indagini furono poi condotte da Giovanni Falcone, che si convinse che l'omicidio fosse stato commesso dai terroristi di estrema destra Giuseppe Valerio Fioravanti e Gilberto Cavallini con l'apporto logistico di Cosa Nostra che aveva commissionato il delitto. Secondo la tesi di Falcone, i killer che in quei giorni erano a Palermo, avevano goduto dell'appoggio di personaggi della destra palermitana, che avevano messo a loro disposizione un appartamento vicino all'abitazione del Presidente della Regione. La procura rinviò a giudizio anche Giuseppe Pellegriti e Angelo Izzo con l'accusa di calunnia, i due falsi pentiti avevano accusato l'Onorevole Salvo Lima - referente di Giulio Andreotti nella Democrazia Cristiana siciliana - di aver avuto un ruolo di punta negli omicidi di Piersanti Mattarella e Pio La Torre.
Le dichiarazioni di Tommaso Buscetta

Dopo la morte di Giovanni Falcone, i collaboratori di giustizia Tommaso Buscetta, Francesco Marino Mannoia e Gaspare Mutolo decisero di parlare dei rapporti tra mafia e politica che avevano taciuto al magistrato ucciso a Capaci. Per Buscetta il delitto di Piersanti Mattarella fu una decisione della commissione della Mafia: "Bontate e i suoi alleati non erano favorevoli all'uccisione di Mattarella, ma non potevano dire a Riina che non si doveva ammazzarlo, in ogni caso fu certamente un omicidio voluto dalla 'Commissione'". Buscetta escluse con fermezza la pista neofascista: "Le garantisco che i fascisti in questo omicidio non c'entrano. Quei due sono innocenti. Glielo garantisco. E chi vivrà, vedrà. Credo che Mattarella in special modo volesse fare della pulizia in questi appalti. Se andate a vedere a chi sono andati gli appalti in tutti questi anni, con facilità voi andrete a scoprire cose inaudite. Non avevano bisogno di due fascisti. La Cosa nostra non fa agire due fascisti per ammazzare un presidente della Regione. È un controsenso"
Il movente politico

Cosa nostra ordinò l'omicidio di Piersanti Mattarella perché il Presidente della Regione voleva modernizzare l'amministrazione della Sicilia e per iniziare evitò che Vito Ciancimino - referente politico dei Corleonesi - avesse cariche direttive all'interno della Democrazia Cristiana e per questo scrisse anche a Benigno Zaccagnini, segretario della DC. Secondo Francesco Cossiga la mafia ordinò l'omicidio di Piersanti Mattarella perché si era rifiutato di dare contropartite in cambio dell'appoggio elettorale richiesto del padre della vittima, Bernardo. Pierre de Villemarest - agente segreto francese - rifacendosi alle dichiarazioni di Leonardo Sciascia ipotizzò che mafia e P2 sorvegliavano Mattarella già dagli anni settanta per conto del KGB in quanto sostenitore del compromesso storico.
Le condanne dei mandanti

Per l'omicidio di Piersanti Mattarella nel 1995 furono condannati Salvatore Riina, Michele Greco, Bernardo Brusca, Bernardo Provenzano, Giuseppe Calò, Francesco Madonia e Nenè Gera in qualità di mandanti. Confermando quanto ipotizzato da Tommaso Buscetta, la corte dichiarò assolti gli estremisti di destra Valerio Fioravanti e Gilberto Cavallini.
Le Motivazioni dell'omicidio

Nella sentenza della Corte di Assise si leggono le motivazioni del'omicidio: "l'istruttoria e il dibattimento hanno dimostrato che l'azione di Piersanti Mattarella voleva bloccare proprio quel perverso circuito (tra mafia e pubblica amministrazione) incidendo così pesantemente proprio su questi illeciti interessi - e si aggiunge - Piersanti Mattarella da anni aveva caratterizzato in modo non equivoco la sua azione per una Sicilia con le carte in regola".
Un delitto senza esecutori materiali
La sentenza, confermata in Cassazione, ha condannato i mandanti senza riuscire a scoprire gli esecutori materiali del delitto. Durante il processo, la moglie di Piersanti Mattarella, testimone oculare, riconobbe in aula Giuseppe Valerio Fioravanti 'il biondino' che aveva ucciso il marito davanti ai suoi occhi. La corte non giudicò attendibile questa testimonianza e le altre contro il neo fascista, come quella del fratello Cristiano Fioravanti - pentito del gruppo NAR - e di Angelo Izzo.