Netflix trasmetterà l'anime di Nobuhiro Watsuki, l'autore trovato con materiale pedopornografico a casa

La piattaforma di streaming si spinge oltre puntando su un titolo amato ma segnato da polemiche. La serie animata torna sugli schermi con una nuova ondata di episodi, portando con sé inevitabilmente la discussione sul passato del suo autore.

Una scena di Rurouni Kenshin

Netflix arricchisce il suo catalogo anime con la seconda stagione del remake di Rurouni Kenshin, prevista per ottobre. Un ritorno che, se da un lato entusiasma i fan storici, dall'altro riapre ferite legate alle controversie sul creatore Nobuhiro Watsuki.

Rurouni Kenshin, l'anime che divide il pubblico

Il remake di Rurouni Kenshin è approdato nel 2023, riportando alla ribalta il samurai errante che aveva conquistato il pubblico negli anni Novanta. Dopo aver ospitato la prima stagione da febbraio, Netflix rilancia con la seconda, disponibile da ottobre.

L'annuncio ha immediatamente scatenato reazioni contrastanti: da un lato i nostalgici che non hanno mai smesso di amare le avventure di Kenshin Himura, dall'altro chi non riesce a separare il fascino della storia dall'ombra lunga del suo creatore.

A differenza di altri anime che hanno suscitato polemiche per contenuti narrativi spinosi, come Mushoku Tensei o alcune saghe di One Piece, il caso Kenshin nasce fuori dallo schermo. La saga animata, realizzata dallo studio Liden Films, si trova così a camminare su un terreno instabile: deve mantenere viva la memoria di un personaggio che ha fatto scuola nel genere, senza però ignorare le questioni etiche che hanno macchiato la sua origine editoriale.

L'ombra del suo autore e la frattura nel fandom

La controversia esplose nel 2017, quando la polizia di Tokyo trovò materiale pedopornografico nell'abitazione di Nobuhiro Watsuki. La multa inflitta - circa 200mila yen, meno di duemila euro - e il rapido ritorno dell'autore sulle pagine di Shonen Jump nel 2018 furono percepiti come uno schiaffo morale da gran parte del pubblico. Nonostante la gravità delle accuse, la casa editrice Shueisha decise di permettergli di continuare la pubblicazione.

Questo scenario ha inevitabilmente incrinato l'immagine della saga. Per molti fan, ogni nuova versione animata è ormai inscindibile dall'etichetta della controversia, rendendo difficile guardare Rurouni Kenshin con lo stesso affetto di un tempo.

Eppure, il peso del passato convive con il richiamo della nostalgia: chi è cresciuto con l'anime del 1996 non può non percepire una scintilla rivedendo il samurai con la cicatrice a croce tornare in azione.

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Netflix, con questa scelta, sembra voler dimostrare che la potenza delle storie può sopravvivere anche a ombre ingombranti, ma la reazione del pubblico dirà se la ferita è davvero rimarginabile o se resterà un segno indelebile nel mondo dell'animazione.