Alla 61esima edizione della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, Lino Guanciale si è ritagliato un momento speciale lontano dai set per presentare In the Box, cortometraggio diretto da Francesca Staasch. L'attore non solo interpreta uno dei protagonisti, ma firma anche la produzione dell'opera, un'intima esplorazione del disagio interiore, dell'isolamento e della ricerca di conforto nelle pieghe invisibili della quotidianità.
In the Box: quando il dolore implode
Con una durata di 15 minuti, In the Box si presenta come un'opera densa e minimale, dove i dialoghi sono ridotti al minimo e il peso della narrazione ricade tutto sulle sfumature emotive degli interpreti. Al centro del racconto ci sono Marco, Zoe e Laura, tre personaggi apparentemente molto diversi - un uomo comune sulla quarantina, una ragazza ribelle di 25 anni e una signora borghese, algida ed elegante - che condividono però un'identica fragilità emotiva. Invece di esplodere, implodono. Ed è in questo cedimento silenzioso che trovano il contatto umano, in modo inaspettato.
La regista Francesca Staasch costruisce un linguaggio visivo pittorico e non lineare, alternando i registri stilistici per dare forma all'intimità dei suoi personaggi. I temi dell'autolesionismo, della solitudine, della perdita e della possibilità di un'umanità condivisa emergono così senza bisogno di spiegazioni, ma solo grazie a immagini e gesti carichi di senso.
Lino Guanciale a Pesaro nel ruolo inedito di produttore

Pur impegnato su altri set, Lino Guanciale non ha voluto mancare alla proiezione del corto a Pesaro 2025, dove ha raccontato il senso profondo di questo progetto: "Quando si è nella posizione per farlo, è bene secondo me cercare di scommettere su orizzonti di libertà creativa per sé, come interprete, ma anche per energie per cui si ritiene che valga la pena".
E sul ruolo di produttore ha aggiunto: "Buttarsi nella produzione in questo momento è un gesto di resistenza. Che il comparto sia in crisi è sotto gli occhi di tutti, i titoli di coda che vedete alla fine di un film rappresentano posti di lavoro".
Il cinema come spazio di ascolto
In the Box è anche una riflessione sulla potenza del silenzio. "Stare zitti è il miglior esercizio possibile per creare un ascolto", ha spiegato l'attore, "con leggerezza e immaginazione si possono affrontare temi apparentemente insondabili o troppo vasti per essere portati al pubblico".
Un'idea di cinema che non ha bisogno di alzare la voce per farsi ascoltare, ma che sceglie di guardare in profondità.