Il cinema del ricordo di Hur Jin-ho incanta Firenze. Il maestro del cinema coreano si trova infatti nel capoluogo toscano, ospite del Florence Korea Film Fest, per ricevere il Premio alla Carriera. Il maestro riceverà il premio domani, martedì 16 marzo, alle 20:15 al Cinema Odeon. Seguirà la proiezione del suo ultimo film, A Good Rain Knows. L'occasione della retrospettiva completa del regista (che fino a oggi ha girato cinque film) ha un grande valore, visto che ci permette di entrare in contatto con un autore le cui opere sono ancora totalmente inedite in Italia. Dall'esordio con Christmas in August (1998) all'importante Happiness (2001), passando per One Fine Spring Day e April Snow, il cinema di Hur Jin-ho rimane in bilico tra costanti e variazioni, raccontando sempre lo stesso tipo di storia (un amore infelice), ma riuscendo miracolosamente a dar voce a mondi sempre diversi.
"Tutti e cinque i film che ho girato sono melodrammi. Anche io mi chiedo il perché di questa coerenza. Ciò che mi piace raccontare, in realtà, è la vita delle persone e i sentimenti che la permeano, odio, amore, nostalgia" spiega il maestro coreano. "Mentre le storie d'amore sono sempre le stesse, quello che rimane e cambia costantemente è la dimensione del ricordo, ciò che ci resta della persona amata. Quando racconto una storia mi piace lasciarmi guidare dallo scorrere del tempo, dall'alternarsi delle stagioni, mi piace mettere in relazione il cambiamento dei sentimenti col cambiamento esterno. In futuro, però, ho intenzione di cambiare genere. Il melodramma coreano sta scomparendo e alla fine ciò che conta nella nostra industria è accontentare il pubblico".
Il cinema di Hur Jin-ho rappresenta oggi un delle manifestazioni più importanti e originali della creatività formale e narrativa raggiunta nell'ultimo quindicennio dal cinema coreano. I suoi film sono un viatico privilegiato attraverso cui poter analizzare in che modo la classicità di una tradizione cinematografica intimamente pervasa dai rivolgimenti della storia nazionale si sia contaminata con il vissuto della Corea contemporanea. Il suo stretto legame con i canoni nazionali non esclude, però, la presenza di influenze straniere. "Quando si studia cinema in Corea vengono analizzate molte pellicole italiane, soprattutto quelle di epoca neorealista, perciò ho ben presente la tradizione cinematografica italiana. Ogni tanto mi capita di vedere film italiani anche fuori dal lavoro. L'ultimo che ho visto poco tempo fa è La stanza del figlio di Nanni Moretti".