Hollywood omaggia Kubrick con il documentario Kubrick Remembered

Alla presentazione del documentario hanno partecipato anche Malcolm McDowell e Ryan O'Neal.

Stanley Kubrick detestava Hollywood ma Hollywood, a quanto pare, non ha mai smesso di amarlo e rincorrerlo. A dimostrarlo è la presentazione, per ricordare i 15 anni dalla sua morte, di un cofanetto in blu-ray delle opere del grande regista scomparso e dell'anteprima mondiale del documentario Kubrick Remembered, di Gary Khammar, il tutto organizzato negli studi della Warner Bros. Presente all'evento anche Malcolm McDowell, il mitico capo drugo Alex di Arancia meccanica lanciato nei ricordi di come Kubrick lo coinvolse nel famosissimo film: "Entrò nel piccolo alloggio dove abitavo, chiuse la porta a chiave, mi lanciò un libro e disse: Quando hai finito di leggerlo chiamami. Quel libro si intitolava A Clockwork Orange e mi avrebbe cambiato la vita per sempre".

Malcolm McDowell in una immagine iconica di Arancia Meccanica
Malcolm McDowell in una immagine iconica di Arancia Meccanica

Oltre a McDowell, anche Ryan O'Neal, protagonista di Barry Lyndon, sull'esperienza con Kubrick. "Quando mi chiedono se il film mi è piaciuto, rispondo sempre con una smorfia. Andiamo! Dura tre ore ed è anche un po' noiosetto". Nonostante questo, però, anche per lui l'incontro con il regista è stato indimenticabile. "Era maniacale nella cura dei particolari. Una volta mi chiese per la sessantesima volta di rifare una scena e io gli risposi che cosa avrei dovuto modificare: Nulla, ne voglio solo un'altra fatta esattamente nello stesso modo."

Ryan O'Neal in una scena di Barry Lyndon (1975)
Ryan O'Neal in una scena di Barry Lyndon (1975)

Chiude questa celebrazione Gary Khammar, l'autore del documentario Kubrick Remembered, offrendo un'immagine insolita del regista attraverso i ricordi della sua ultima moglie Christiane Kubric, della figlia Katharina e di tanti altri personaggi che hanno incrociato la loro strada professionale con la sua. "Dei suoi film lui era produttore, regista, direttore della fotografia, responsabile delle luci e anche del suono, voleva avere sempre tutto sotto controllo. Amava il talento e il talento amava lui. La più grande sorpresa che emerge dal documentario? Scoprire quanto lui non fosse una persona chiusa, anzi. Era molto aperto, un giocherellone, amava la famiglia, i suoi animali domestici e gli amici. Solo non aveva interesse nell'essere famoso, per questo aveva deciso di vivere in Inghilterra, lontano dai riflettori e dalla vita frenetica di Hollywood. Per questo non rilasciava mai interviste, una cosa che la stampa inglese non gli perdonò".