A Locarno è apparsa solare e sorridente, ma Golshifteh Farahani si porta sempre dentro il dolore per l'allontanamento forzato dal suo paese, l'Iran, dovuto alle sue scelte lavorative come la decisione di accettare l'offerta di Ridley Scott, che nel 2008 l'ha voluta fortemente in Nessuna verità, thriller politico ambientato in Medio Oriente, suscitando l'ira del governo iraniano.
"Tra i 17 e i 23 anni ho fatto molti film, che ho scelto con molta cura. Un po' alla volta sono diventata la madre della nazione. In M Like Mother interpretavo una donna che si sacrificava per il figlio, ero molto nota" ricorda Golshifteh Farahani. "Quando è arrivato Ridley Scott e mi ha chiesto di fare un casting non lo avevo mai fatto. Ho mandato un dvd per posta e mi hanno preso, ma non potevano firmare il contratto per via delle sanzioni. Non potevo lavorare negli USA e non potevo più lavorare in Iran, anche se Ridley Scott aveva fatto un film che critica le strategie degli USA nel Medio Oriente, perché lavoravo per il nemico. Così mi hanno fermato il passato, non volevano che partissi".

Perché Nessuna verità ha scatenato le ire del governo iraniano?
Ambientato in Medio Oriente, Nessuna verità segue i tentativi della CIA e del GID giordano di catturare il terrorista Al-Saleem. Frustrati dalla difficoltà della missione, tra gli agenti segreti esplodono conflitti per via delle divergenze nei loro approcci che mettono a dura prova i rapporti tra l'agente della CIA Roger Ferris (DiCaprio), il suo superiore Ed Hoffman (Russell Crowe) e il capo dell'intelligence giordana. Golshifteh Farahani interpreterà Aisha, infermiera di cui Ferris si invaghisce dopo aver fatto ricorso alle cure dell'ospedale per via del morso di un cane che finisce per essere coinvolta nel conflitto con Al-Saleem. Il film ha poco a che fare con l'Iran, a ben vedere, ma è stato sufficiente ad attirare le attenzioni non richieste delle forze governative sull'attrice.

"Dopo che mi è stato impedito di viaggiare, ho subito una serie di interrogatori orribili" rivela Golshifteh Farahani". "Le spie controllavano le mie mosse e quelle dei miei familiari. A 23 anni mi sono ritrovata seduta insieme a persone in attesa di esecuzione. Questo giudice, che ora è diventato un mio e fa mi adora, ha ordinato l'uccisione di tanti amici di mio padre. Un giorno all'improvviso mi ha fatto riavere il passaporto e mi ha dato 24 ore per lasciare il paese. Ricordo che era agosto, non capivo cosa mi stesse dicendo. Ho raccolto tutto il mio mondo in due valigie. Sapevo che non sarei tornata mai più"_.
La vita lontano dall'Iran

Dopo una breve permanenza negli Stati Uniti, l'interprete della serie Apple TV+ Invasion si è trasferita in Francia, patria dell'allora marito, che era francese, dove ha iniziato una vita completamente diversa. "Non ho mai più messo il velo, ho baciato gli attori nei film. Volevo vivere, provare tutte le esperienze che sognavo di fare. Mi sono autoesiliata prima che il governo mi facesse del male. So cosa mi avrebbero fatto e ho preferito farmelo da sola. Mio padre riceveva minacce su minacce, ma io ho tenuto duro e ho imparato che tutto passa nella vita, anche i regimi. Ciò che rimane siamo noi, la cultura, il cinema, la musica, l'arte".
Per l'attrice, l'esilio è una sorta di lutto quotidiano, "un peso che mi porto dietro, è come un cimitero. Negli anni ho piantato fiori che lo celano allo sguardo, ma è sempre lì e devo conviverci. Ma l'Iran non è solo il territorio, più invecchio e più mi rendo conto che è qualcosa che scorre nel mio sangue. Nei secoli siamo riusciti a salvaguardare la nostra lingua, il farsi, e la nostra cultura. Per questo l'Iran non è mai stato invaso, perché non è il territorio, vive dentro di noi".