Francesco Rocca e il caso dell'omicidio di Dina Dore: gli alibi, l'amante e il movente

Franca Leosini e Storie maledette tornano con il caso di Francesco Rocca, l'uomo che fece uccidere la moglie Dina Dore davanti alla figlia di otto mesi.

Franca Leosini, torna stasera con Storie maledette, una puntata dedicata ad un mandante di un delitto, Francesco Rocca, rinomato dentista, 38 anni all'epoca dei fatti, accusato di aver commissionato l'omicidio della moglie Dina Dore. Ripercorriamo le tappe del caso che hanno portato all'accusa dell'uomo, dal ritrovamento del cadavere, al supertestimone e all'arresto dell'assassino, fino ai processi che hanno emesso le sentenze di condanna.

La sera dell'omicidio

Auto Dina Dore
L'auto dove fu trovato il corpo di Dina Dore

Francesco Rocca raccontò agli inquirenti di essere tornato a casa dopo una giornata di lavoro - è il 26 marzo 2008, siamo a Gavoi un piccolo comune in provincia di Nuoro di duemilacinquecento abitanti - e di aver trovato la casa vuota. Dopo aver chiamato invano la moglie e averla cercata in ogni stanza andò in garage dove vide la figlia di otto mesi nel passeggino rovesciato sul pavimento, attorno a lei macchie di sangue.

Il ritrovamento del cadavere di Dina Dore

Dina Dore
Una foto di Dina Dore, la vittima

Francesco Rocca chiamò la polizia, che otto ore dopo trovò Dina Dore, 37 anni, morta nel bagagliaio della sua Fiat Punto Rossa parcheggiata nel garage di casa. La donna era stata soffocata, i piedi erano legati mentre il corpo era stato immobilizzato con del nastro adesivo da pacchi.

L'ipotesi del sequestro

Francesco Rocca Dina Dore Matrimonio
Francesco Rocca e sua moglie Dina Dore

Le primissime indagini ipotizzarono un sequestro a scopo di estorsione finito male. Ad indirizzare gli inquirenti su questa pista incise anche il passato della famiglia Rocca. Il padre di Francesco, in passato sindaco di Gavoi, negli anni '70 era riuscito a sfuggire a ben due tentativi di sequestro. La polizia iniziò ad indagare nel mondo della malavita senza trovare nessun collegamento.

Il necrologio del marito

Francesco Rocca Funerali
Francesco Rocca durante i funerali della moglie

Nei giorni successivi al rapimento Francesco Rocca recitò alla perfezione la parte del marito distrutto dal dolore, sui giornali fece pubblicare un necrologio per la moglie dove si leggeva: "Per sempre porterò il tuo ricordo, per sempre ricorderò a nostra figlia quanto l'amavi, per sempre, con lei aspetteremo, con immensa fede, d'incontrarti... Dina. Un bacio, Francesco".

La svolta nelle indagini

Francesco Rocca
Francesco Rocca durante il processo

Siamo arrivati al 2012, sono passati quattro anni dal delitto di Dina Dore quando Stefano Lai si rivolge agli inquirenti dicendo di aver raccolto la confessione del killer. Pierpaolo Contu, che all'epoca dei fatti aveva diciassette anni, gli aveva detto di aver ucciso la povera Dina in cambio di 250mila euro o di una casa, e a commissionargli il delitto era stato il marito Francesca Rocca.

L'interrogatorio e il falso alibi di Pierpaolo Contu

Pierpaolo Contu venne arrestato pochi giorni dopo, la polizia lo trovò in un bar del paese. Durante l'interrogatorio a Pierpaolo fu chiesto quale fosse il suo rapporto con Francesco Rocca, e il ragazzo chiamò la madre chiedendole aiuto "vieni qui mi stanno interrogando su delle cose pazze". Pierpaolo Contu raccontò agli inquirenti di avere un alibi, disse che al momento dell'omicidio si trovava al bar in compagnia del fratello di Dina, Giuseppe Dore, e il cognato, Rino Zurru. I due, interrogati dal giudice smentirono Pierpaolo.

Il movente

Secondo gli inquirenti Francesco Rocca aveva una relazione con Anna Guiso, la sua assistente di poltrona nello studio dentistico. Il medico temeva che una separazione dalla moglie avrebbe intaccato il suo patrimonio, su cui sembra che gravassero pesanti debiti. Francesco, intercettato dalla polizia, disse all'amante: "Ha avuto la fine che meritava - riferendosi alla moglie - è terribile e macabro che io lo dica, ma peggio per lei - aggiungendo - un giorno capirai cosa ho fatto per te".

La lettera anonima

Lettera Anonima
La lettera anonima ricevuta dalla sorella di Dina Dore

In quegli stessi giorni la sorella di Dina Dore trovò sul parabrezza della macchina una lettera anonima nella quale Francesco Rocca e Pierpaolo Contu erano indicati come i colpevoli della morte della sorella. La lettera fu ammessa agli atti processuali, in essa si legge che "molte persone sono a conoscenza dei fatti". Gli autori della stessa, mai identificati, scrissero che il killer sarebbe arrivato nel garage nascosto nel cofano della macchina di Francesco. Il piano originale era di rapire la donna e portarla in un casolare sul Lago di Gusana.

La prova del DNA

Dal nastro adesivo che avvolgeva il cadavere di Dina Dore, la scientifica aveva estratto un frammento di DNA e secondo il test apparterebbe proprio a Contu. La prova è stata sempre contestata dalla difesa che ha portato una controperizia per cui il DNA sarebbe compatibile fra il 95 e il 98% a un consanguineo di Antonio Lai, padre del supertestimone Stefano.

Il primo processo e la testimonianza dell'amante Anna Guiso

Anna Guiso, ormai ex amante di Francesco Rocca, testimoniò durante il primo processo e rispondendo alle domande degli avvocati ripeté le parole dell'amante: "Io ti amo da sempre. Di mia moglie non mi è mai fregato niente, meritava la fine che ha fatto". La Guiso testimoniò che la loro storia era andata avanti per un altro anno poi "mi sentivo oppressa - disse ai giudici - "e ad agosto 2009 mi sono licenziata. Da allora mi ritrovavo Francesco ovunque. Mi pedinava, mi mandava sms e bigliettini minacciosi. Quando mi vedeva sputava e mi faceva il gesto del dito in gola, qualche volta mi ha minacciato con la pistola. Avevo paura che mi uccidesse".

La sentenza

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Una foto di Francesco Rocca

Francesco Rocca è stato condannato in tutti e tre gradi di giudizio come mandante del delitto. Per lui la Corte ha deciso l'ergastolo, il fine pena mai. La condanna definitiva della Corte di Cassazione è arrivata a dieci anni dalla morte di Dina Dore. Pierpaolo Contu, l'esecutore materiale del delitto e minorenne all'epoca dei fatti, è stato condannato a 16 anni di reclusione come autore materiale dell'omicidio, attualmente è inserito in un percorso che potrebbe portarlo al regime di semilibertà.