Bruce Willis aveva trovato modi creativi per lavorare nonostante la malattia, svela la moglie in un libro

La moglie di Bruce Willis ha raccontato come il marito abbia trovato un modo per continuare a lavorare e ad apparire sullo schermo nonostante l'inizio della sua malattia degenerativa.

Una scena con Bruce Willis

Nel suo libro The Unexpected Journey, in uscita a settembre, Emma Heming Willis racconta come Bruce Willis sia riuscito a lavorare anche durante le prime fasi della sua demenza frontotemporale. Grazie a trucchi discreti sul set e all'aiuto di amici fidati, l'attore ha proseguito la carriera, mostrando una determinazione silenziosa ma tenace.

Bruce Willis, un eroe dietro le quinte

Bruce Willis, l'icona d'azione di Die Hard, ha combattuto una delle battaglie più intime e difficili della sua vita lontano dai riflettori: quella contro la demenza frontotemporale. Ma, come racconta la moglie Emma Heming Willis nel libro The Unexpected Journey, in uscita a settembre, l'attore ha trovato modi ingegnosi per rimanere sul set anche quando la malattia cominciava a farsi sentire. Secondo quanto riportato da news.com.au, la strategia includeva una drastica riduzione dei dialoghi e l'uso di un auricolare attraverso cui un amico fidato gli suggeriva le battute in tempo reale. Trucchetti invisibili agli occhi del pubblico, ma vitali per permettergli di restare agganciato a una passione che ha definito la sua vita. "Il film Assassin (2023) e la saga Detective Knight (2022-2023) sono esempi concreti di questa resistenza creativa", rivela il sito australiano.

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Bruce Willis sul set di Assassin

L'abilità di Willis nel nascondere la progressione della malattia è stata anche parzialmente mascherata dal suo stile recitativo: quella lentezza nel parlato, da sempre parte del suo personaggio, era in realtà il retaggio di una balbuzie infantile. "È così che ho sviluppato il mio senso dell'umorismo", raccontava una volta a Michael Parkinson, "perché mi sono reso conto che, sì, balbettavo, ma riuscivo a far ridere le persone facendo lo scemo".

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Un'ironia che oggi assume contorni quasi eroici. Emma Heming, che definisce il suo libro "non un memoir, ma una guida di auto-aiuto", ha spiegato di averlo scritto per chi si ritrova spaesato dopo una diagnosi: "Avrei voluto che qualcuno me lo avesse dato il giorno in cui abbiamo ricevuto la notizia, senza speranza, senza una direzione... niente. Oggi la nostra vita è diversa perché ho potuto mettere in campo il giusto supporto". La sua voce è quella di chi non ha scelto la malattia, ma ha deciso comunque di affrontarla insieme.