Cattivo con sentimento
Quando verso la fine degli anni venti Walt Disney creò il suo regno magico fatto di animali parlanti e buoni sentimenti, decise di basare tutto su elementi fondanti come la rivisitazione rassicurante della tradizione favolistica e la creazione di un immaginario eroico senza colpa e senza macchia. Una struttura che, sostenuta soprattutto dal fascino di principesse pure ed eteree in eterna attesa del principe azzurro, ha avuto la capacità di resistere per oltre cinquant'anni e di arrendersi solo di fronte all'evidente cambiamento sociale e culturale vissuto dalle nuove generazioni di spettatori. A farsi portavoce di questa mutazione è stata soprattutto la genialità del team Pixar che, attraverso le innovazioni tecniche e una maggiore attenzione alla realizzazione della sceneggiatura, è stato capace di portare quello che veniva definito cartone animato verso la qualifica più degna di film d'animazione. Alla ricerca di Nemo, Toy Story, Monsters & Co., Up e l'ultimo Ribelle - The Brave rappresentano l'esempio più lampante di una rivoluzione formale e sostanziale che gli Studios hanno accettato di portare avanti consapevolmente pur di non rischiare la chiusura del loro mondo fatato. Dunque, considerata questa ricerca della modernizzazione, non stupisce che a "contaminare" l'ultimo nato di casa Disney sia un animatore cresciuto nell'irriverente mondo de I Simpson e a contatto con la fantascienza poco eroica degli "argonauti" di Futurama. Così, scelto dallo stesso John Lasseter, il regista Rich Moore ha però deciso produrre una nuova avventura in cui il gusto personale si fonde con il percorso artistico del marchio Disney grazie ad un protagonista con il physique du role da cattivo ma il cuore tenero di un eroe romantico.
Certo, a mettere al centro della narrazione un villain vero e proprio ci aveva già pensato la "contendente" Dreamworks con Megamind, ma l'operazione portata avanti da Moore si introduce in una tradizione ben consolidata che il regista ha modernizzato e innovato rispettosamente senza dimenticare di far valere la propria presenza. Dunque, da quello che possiamo considerare uno degli incontri culturali più bizzarri degli ultimi anni, è nata l'avventura di Ralph Spaccatutto, personaggio dal corpo granitico destinato, suo malgrado, a distruggere quotidianamente le palazzine di una micro cittadina. In realtà, questo gigante buono è costretto a rivestire il ruolo di antieroe, che non gli appartiene fino in fondo, del videogioco Felix Aggiustatutto. A rendere le sue giornate insopportabili è proprio il perfetto Felix che, con un martello miracoloso, è destinato a ricostruire sulle sue macerie e a diventare l'idolo di tutti gli abitanti. Così, dopo aver partecipato ad un inutile gruppo di sostegno accanto ad altri cattivi storici dei videogame come Browser di Super Mario Bros, Dott Eggman da Sonic The Hedgehog, Kano da Kombat e i quattro fantasmi di Pac-Man, Ralph decide di darsi alla fuga verso altri giochi come Hero's Duty e Sugar Rush per dimostrare il suo vero valore. Dato per scontato che sarebbe stato impossibile e del tutto inutile tentare di tradurre l'ironia caustica e attuale dei Simpson per il mondo Disney, Moore ha deciso di lasciare un segno tangibile del suo passaggio proprio attraverso la struttura dei personaggi e la tematica dei videogiochi. Nella sua passione per lo storico Donkey Kong e Super Mario Kart, che ispirano gran parte del mondo attraversato dal goffo Ralph, il regista si concede il piacere di alimentare un personale sogno infantile e di strutturare un protagonista modernamente in conflitto con la propria esteriorità. Per la prima volta, il tema dell'accettazione personale e del giudizio esterno entra senza alcun filtro rassicurante in una narrazione che, erroneamente, è stata considerata per troppo tempo ad esclusivo consumo dei più giovani. In questo modo, seguendo i passi sempre scomposti di un gigante alle prese con la propria incompletezza, la Disney fa un passo avanti anche nella struttura del messaggio morale immancabilmente al centro dei suoi racconti. Imperfetto e spesso inappropriato come un Homer più umano e meno egoista, Ralph deve la propria crescita al confronto con Vanellope, vivace e saputella nonostante le sue imperfezioni di programmazione che le impediscono di correre nelle gare di kart in Sugar Rush. Entrambi, nell'osservazione delle mancanze dell'altro, riescono a scorgere non la bellezza dietro l'imperfezione, ma il valore delle proprie caratteristiche che, alla fine di questa avventura, rimarranno esattamente invariate. Perché, a dispetto di una tradizione che tutto risolveva con un colpo di bacchetta magica, Moore elimina qualsiasi incantesimo in grado di trasformare il suo personale "ranocchio" in principe azzurro. Anzi, assolutamente cosciente che la realtà spesso non ammette risoluzioni miracolose o pienamente soddisfacenti, lascia i suoi protagonisti a confrontarsi con la comprensione e il valore della propria natura. Perché, almeno in questo caso, il vero happy end è rappresentato dall'aver preso coscienza di sé stessi e del proprio ruolo nel mondo, anche se si tratta di quello microscopico e ripetitivo di un video gioco datato.
Movieplayer.it
4.0/5