Recensione Un sapore di ruggine e ossa (2012)

Da sempre Audiard si è dimostrato innanzitutto uno straordinario regista di attori, ed è anche grazie alla sua direzione che due interpretazioni così diverse riescono a coesistere in perfetto equilibrio passando da scene di grande tenerezza ed emozione ad esplosioni di grandi fisicità, di sensualità e violenza.

Ferite da rimarginare

Chi conosce il cinema e soprattutto l'ambiente dei festival cinematografici sa bene che non c'è nulla di più difficile per un cineasta che confermare il proprio talento dopo un successo universale quale Il profeta. In realtà è ormai più di un decennio che Jacques Audiard non sbaglia un film, eppure mai una sua nuova pellicola aveva suscitato tanta attesa quanto questo Un sapore di ruggine e ossa (De rouille et d'os), in concorso al sessantacinquesimo Festival di Cannes e da subito tra i favoriti per la Palma d'oro.


Fin dalle prime sequenze del film il regista francese mantiene le promesse e realizza con uno stile personale, a tratti anche molto coraggioso, una storia d'amore mai banale tra due persone che dalla vita hanno ricevuto solo dolore e delusione, due persone incapaci di rialzarsi ma che si fanno, anche in modo inconscio, forza l'uno con l'altro e cercano così di rimarginare le proprie ferite. Un punto di partenza certamente non originalissimo, ma la sceneggiatura di Audiard e Thomas Bidegain, vagamente ispirata alla raccolta di racconti di Craig Davidson da cui il film prende il nome, ha il grande merito di non scegliere mai la strada più facile e soprattutto di tratteggiare due personaggi multisfaccettati resi ancora più naturali da due grandi performance attoriali.

Marion Cotillard è semplicemente perfetta nell'impersonare una bella addestratrice di orche assassine che lavora in un parco acquatico della Costa Azzurra e che in seguito ad un tragico incidente perde entrambe le gambe. E insieme al lavoro e alla passione di una vita, è convinta di aver perso anche l'amore, la fiducia in se stessa, persino la sua bellezza e il suo fascino. La performance della Cotillard è estremamente naturale anche grazie ad un ottimo lavoro di tutto il reparto tecnico (fotografia, trucco, CGI) nel rendere credibile la sua menomazione fisica, ma i veri "effetti speciali" sono quelli di un'attrice che si spoglia dei vestiti, del make-up, del glamour e ci regala un personaggio complesso e difficile, interpretandolo con grazia e delicatezza.
L'altro protagonista del film è l'Ali di Matthias Schoenaerts (talento belga già rivelatosi in Bullhead, candidato ai passati Oscar come film straniero), un ex pugile squattrinato che si ritrova ad accudire un figlio di cinque anni che conosce appena, mentre colleziona partner sessuali e lavori in modo saltuario. Proprio il casuale incontro con Stephanie risveglia in lui una voglia di riscatto che credeva sparita per sempre, ed è così che si avvicina al mondo della lotta clandestina e di alcuni lavoretti non proprio legali. Da sempre Audiard si è dimostrato innanzitutto uno straordinario regista di attori, ed è anche grazie alla sua direzione che due interpretazioni così diverse riescono a coesistere in perfetto equilibrio passando da scene di grande tenerezza ed emozione ad esplosioni di grandi fisicità, di sensualità e violenza.

Ma non bisogna pensare a questo Un sapore di ruggine e ossa come ad un film fatto di sole interpretazioni, perché Audiard reinventa il melò grazie ad uno stile fatto di contrasti, non solo visivi ma anche musicali come per esempio l'associare una delle scena più intense e commoventi della sua protagonista ad una hit pop quale Fireworks di Katy Perry. Anche la narrazione è spesso frammentata, con dei veri e proprio "salti" che costringono lo spettatore ad una maggiore immedesimazione e permettono al film di superare indenne i momenti più melensi e banali, come per esempio tutta la riabilitazione di Stephanie. E con il chiudersi del film diventa evidente anche il significato universale dei due termini a cui il titolo fa riferimento: la ruggine è quella che col tempo e con fatica bisogna scrostarsi dal proprio cuore, le osse quelle di alcune fratture che probabilmente mai si rimargineranno, ma che non per questo devono impedirci di lottare.

Movieplayer.it

4.0/5