Yaksha, la recensione: Netflix e lo spy thriller coreano

La recensione di Yaksha, variazione sul tema della spy story coreana disponibile in esclusiva streaming su Netflix.

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Yaksha: una scena del film

Con la recensione di Yaksha, disponibile in esclusiva su Netflix, torniamo in quel terreno fertile che è il catalogo coreano del gigante dello streaming, con un elemento in particolare che risulterà appetibile per gli abbonati della piattaforma: uno dei due attori protagonisti del lungometraggio di Na Hyeon è infatti Park Hae-soo, rivelato qualche mese fa dalla serie di successo Squid Game, uno dei grandi fenomeni streaming del 2021 (è anche apparso nel film Time to Hunt, anch'esso parte dell'offerta di Netflix, e lo vedremo prossimamente nei panni di Berlino nel remake coreano de La casa di carta). Una vera e propria nuova star internazionale, qui al servizio di un intreccio di genere che è una delle maggiori cifre stilistiche della cinematografia nazionale, da diversi anni apprezzata presenza nei festival proprio con racconti intrisi di action e intrighi (in particolare a Cannes, dove il cinema coreano solitamente ha diritto ad almeno uno slot nella sezione dei film di mezzanotte).

Una strana squadra

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Yaksha: un momento del film

Yaksha parla di una squadra investigativa messa in piedi dal NIS, agenzia di spionaggio sudcoreana che in questo caso specifico è attiva sul campo nella città di Shenyang, in Cina. A capo del gruppo c'è Ji Kang-in (Sol Kyung-gu), che si ritrova a doversi occupare di una nuova recluta che con quel mondo non ha nulla a che fare: Han Ji-hoon (Park Hae-soo), ex-pubblico ministero che è stato declassato in seguito a un episodio dove la sua scrupolosa aderenza alle regole ha avuto conseguenze non propriamente positive. I due devono capire come andare d'accordo e lavorare insieme nel migliore dei modi, proprio nel momento in cui attorno a loro comincia a crearsi una rete di intrighi che coinvolgono più zone del Nord-Est asiatico, in particolare il Giappone, le cui attività spionistiche sembrano essere agevolate dalla presenza di infiltrati in altri paesi...

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Un film, due anime

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Yaksha: una scena

C'è un che di frustrante nell'approccio bipartito scelto da Na Hyeon e i suoi collaboratori per quello che, inizialmente, si presenta come un racconto molto sui generis: una variazione sul tema della spy story che esplora quell'universo adottando il punto di vista di una persona gettata a capofitto in un mondo che non conosce, con annessa indagine sulla componente etica dell'attività delle intelligence agencies tramite la professione del protagonista. Una scelta intelligente, che dà all'operazione un'anima coinvolgente e originale, per quanto calata in un contesto riconoscibile (non mancano considerazioni sulle tensioni con l'altra metà della penisola coreana, così come non manca l'inevitabile uso della pioggia come agente atmosferico di riferimento dalle tinte noir in questo genere di produzioni nel Nord-Est dell'Asia).

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Yaksha: una scena action del film

Poi scatta la seconda ora, e con essa il sui generis viene gettato alle ortiche, cedendo il posto a un intreccio più scontato e al contempo inutilmente contorto, come se il genere fosse costretto a tornare per forza alle vecchie abitudini per assicurare la giusta visibilità al titolo nel catalogo di Netflix, dove il famigerato algoritmo premia la prevedibilità e l'abitudine, basandosi sui - presunti - gusti esistenti dell'abbonato e non sulla curiosità di scoprire elementi nuovi e allargare i propri orizzonti. Non che la sala (per la quale il film era inizialmente destinato almeno in patria, prima di essere acquistato dal colosso americano) ragioni in modo molto diverso oggigiorno: anche lì vige un ragionamento quasi algoritmico, con il pubblico che si fidelizza intorno a pochi punti di riferimento (supereroi e affini, in sostanza), lasciando al loro destino la stragrande maggioranza delle proposte alternative. In entrambi i casi, dunque, questo è un prodotto con l'aura del titolo studiato a tavolino, in apparenza diverso dai canoni di genere ma in realtà pronto ad abbracciare, a volte in maniera confusa, tutti i cliché al fine di non alienare il pubblico generalista. Tenta di accontentare tutti, ma rischia di non soddisfare pienamente nessuno, cosa che ormai è una categoria a sé sulle piattaforme.

Conclusioni

In chiusura di questa nostra recensione di Yaksha, riepiloghiamo come il thriller spionistico coreano si perda un po' nella seconda metà, dopo un inizio molto promettente.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
4.0/5

Perché ci piace

  • Gli attori funzionano per il lavoro di squadra.
  • La prima metà del film contiene spunti narrativi molto interessanti.
  • Le scene d'azione sono ben confezionate.

Cosa non va

  • La seconda parte scivola un po' troppo in territorio cliché.