Vivere senza conseguenze
Secondo lungometraggio del regista partenopeo Paolo Sorrentino, questo Le conseguenze dell'amore conferma l'accoglienza positiva ottenuta all'ultimo Festival di Cannes, dove peraltro era l'unico italiano in concorso, e si dimostra come uno dei film di casa nostra più interessanti degli ultimi tempi miscelando con buoni risultati sentimenti e mistero, sensualità e ironia. Al centro del film Titta Di Girolamo, personaggio all'apparenza "normale" ma che in realtà cela aspetti tanto insospettabili quanto drammatici: da otto anni gli manca ogni stimolo, ogni speranza di un futuro migliore; è ormai prigioniero del proprio passato, costretto a vivere in un albergo di una piccola cittadina svizzera. Non gli resta altro che attendere la fine di questa triste e solitaria esistenza, marcata da gesti abitudinari e da una cronica mancanza di immaginazione. Dei piccoli grandi avvenimenti scuoteranno pian piano il suo quotidiano vivere, donandogli nuova linfa vitale e allo stesso tempo segnando inevitabilmente il suo tragico destino.
A rendere speciale questo film, a renderlo così profondamente diverso dal solito cinema italiano che ben conosciamo, quello che tanto più si fa impegnato e tanto più risulta banale e indigeribile, convergono molti fattori che in una sorta di alchimia quasi magica riescono a fondersi perfettamente e altrettanto magicamente rimangono sempre in perfetto equilibrio. Il più evidente è la magistrale interpretazione di Toni Servillo, volto forse poco noto sul grande schermo ma attore di grande esperienza teatrale, che con molti silenzi, sguardi eloquenti, gesti compassati e poche parole, mai sprecate, e declamate con un tono ed un ritmo, appunto, da opera teatrale riesce a rendere amabile e familiare un personaggio difficile come quello di Titta e allo stesso tempo ad affascinare lo spettatore con un'aura di mistero e indecifrabilità. I suoi duetti, quasi sempre silenziosi, con i colleghi Olivia Magnani, Adriano Giannini e con il resto del cast sono deliziosi e avvincenti; i suoi primipiani, le sue lunghe camminate, i suoi sguardi laconici il vero cuore del film.
Il tutto accompagnato da una colonna sonora anticonvenzionale che ben si adatta alle varie situazioni e da alcuni movimenti di macchina davvero molto ispirati in un riuscito mix tra cinema "classico" e "moderno".
Ma è la sceneggiatura dello stesso Sorrentino, ovviamente, a rendere possibile tutto ciò; una sceneggiatura solida, ben strutturata ed equilibrata, che sa avvincere e soprattutto nasconde al suo interno alcuni temi decisamente interessanti. Lo è, per esempio, quello solo accennato, ma fondamentale, del contrasto tra amicizia e amore, due sentimenti spesso coincidenti e vicini, ma in quest'opera opposti: se il ricordo di un vecchio amico riesce ad essere rassicurante anche nella peggiore delle situazioni, perchè "quando si è amici è per sempre", l'amore è un sentimento talmente potente da essere pericoloso, soprattutto quando arriva inaspettato, senza preavviso alcuno, quando ormai la vita sembra non avere più nulla in serbo. Titta ne è consapevole, tanto da appuntarsi su un memo di non sottovalutare le conseguenze dell'amore, e quando finalmente trova il coraggio di farsi avanti con Sofia ammette serenemente che "sedersi a quel bancone è la cosa più pericolosa che abbia mai fatto".
E i fatti dimostreranno che è assolutamente vero, perchè a quel semplice atto, per di più anch'esso scaturito da un altro evento inaspettato come l'arrivo del giovane e scapestrato fratello, corrisponderanno delle scelte e dei cambiamenti radicali che trasformeranno quella sua "non-vita", quel suo personalissimo limbo, in una vita vera, con obiettivi reali e prospettive concrete, la cui durata sarà breve e fuggevole, ma talmente intensa da renderla finalmente significativa e degna di essere vissuta, nonchè da regalare al film un posto speciale nel cuore dello spettatore.
Movieplayer.it
4.0/5