Dopo aver vinto il Premio del Pubblico a Toronto e inaugurato il Festival di Zurigo, è arrivato anche a Roma Green Book, il nuovo lungometraggio di Peter Farrelly basato su una storia vera: l'improbabile amicizia tra il musicista di colore Doc Shirley (Mahershala Ali) e il suo autista/assistente italoamericano Anthony Vallelonga, detto Tony Lip (Viggo Mortensen). Ed è stato proprio Mortensen, di ritorno alla Festa del Cinema 2018 dopo aver presentato Captain Fantastic nel 2016, ad accompagnare il suo nuovo film e parlare con i giornalisti in occasione della conferenza stampa ufficiale. Un incontro memorabile anche per via delle occasionali risposte in italiano, lingua che l'attore di origine danese padroneggia discretamente: "È più facile rispondere in inglese, ma farò del mio meglio."
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Primo incontro con Tony Lip, un personaggio italoamericano
Qual è stata la sua prima reazione quando gli è stato offerto il ruolo di Tony Lip? "Ho letto la sceneggiatura, una delle tante che mi sono arrivate negli anni, e forse è la migliore di tutte quelle che ho letto. È incredibile come Peter Farrelly e i co-sceneggiatori siano riusciti a trasformare questa storia vera in un copione che mi ha fatto ridere e piangere. Non credevo di essere la scelta giusta, perché non sono italoamericano, e ogni ruolo comporta delle responsabilità, non deve essere caricaturale. Mi ha aiutato molto la famiglia Vallelonga, ho mangiato con loro diverse volte, e sul set valutavo la mia performance osservando la reazione di Nick Vallelonga, il figlio di Tony che ha anche partecipato alla scrittura. Se dopo un ciak piangeva, sapevo di aver fatto un buon lavoro." Aggiunge, in italiano: "Secondo me questo film è un invito a fare un viaggio, a ridere, a piangere, e forse a riflettere sui limiti delle prime impressioni. È una lezione del passato per aiutarci a capire il presente. Queste storie sono molto importanti in questo momento." Torna all'inglese: "Sono storie che ci aiutano ad essere un po' meno ignoranti, per quanto riguarda noi stessi e gli altri. Adesso, nel mondo in generale, c'è molta ignoranza. La cosa spaventosa è quando le persone che dovrebbero fare di più, i leader, o sono ignoranti o fingono di esserlo per mantenere il potere, è difficile resistere. Ci si può anche chiedere che senso abbia. Quello che compone l'umanità ogni giorno sono i piccoli gesti. Non per forza film come Green Book, ma può essere utile perché non ti dice cosa pensare, ti invita a pensare. Un piccolo gesto è come quando sbatti contro qualcuno e gli fai cadere la spesa. In quel momento devi scegliere, o chiedi scusa o fai finta di niente. Non riavrai indietro quel momento, e sono quei piccoli gesti a comporre l'umanità. Posso capire il pessimismo generale, ma ci sono sempre persone pronte a fare la cosa giusta."
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Una preparazione 'di peso' al ruolo
Per la parte è ingrassato notevolmente. Quanti chili ha preso? "Circa 20. È stato un piacere, il più delle volte. Era più divertente mettere su peso che perderlo." Ha avuto un insegnante di dizione per i dialoghi in italiano? "No. Ho delle conoscenze dell'italiano, e lavorare a quei dialoghi è stato un po' come un puzzle, perché nella sceneggiatura c'era scritto solo che parlavano italiano. Ci siamo basati sulle famiglie dei personaggi, con un misto di dialetti provenienti da regioni diverse. Ci sono anche delle parole che sembrano italiane ma non lo sono, come un termine che loro usavano per descrivere le persone di colore. L'idea generale era di rendere l'idea che venissero dal Sud dell'Italia, e il mio punto di riferimento è stato la famiglia Vallelonga, che è di origine calabrese. La prima volta che ho mangiato con loro, al ristorante di famiglia nel New Jersey, non ero ancora ingrassato, il mio stomaco era ancora normale e dovevo costringermi a finire i piatti per non offenderli. Durò cinque ore, e alla fine non ero più nervoso, mi sentivo male e basta. Alcuni di loro appaiono anche nel film: mio padre è interpretato dal fratello di Tony, per esempio. Sul set è stato un po' caotico, perché dopo lo stop del regista continuavano a mangiare, e se parlavamo dei problemi di continuity loro rispondevano 'Continuity? No, cannelloni!'. Un'esperienza molto toccante, spesso eravamo tutti in lacrime sul set."
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L'Italia e la regia nel futuro di Viggo?
È stato annunciato il suo debutto alla regia. Ha imparato qualcosa da un regista in particolare? "Sono stato molto fortunato, ho avuto degli ottimi insegnanti. Sono stato in più di un film che diversi attori sarebbero felici di avere come singola menzione nel loro curriculum. Quelli che ammiro di più, come David Cronenberg, Matt Ross, che ha diretto Captain Fantastic, e Peter Farrelly, hanno una cosa in comune: credono nel lavoro di squadra. Farrelly sul set diceva apertamente di non pretendere di sapere tutto e di essere aperto ai suggerimenti di chiunque. Per me è come recitare, bisogna saper ascoltare." Vista la sua padronanza della nostra lingua, gli interesserebbe lavorare con un regista italiano? "Sarebbe grandioso. Una bella sfida, ma perché no? Una volta ho fatto un film in francese, e non parlavo benissimo la lingua. Perché no? Se posso recitare in elfico, posso recitare in italiano. Ho incontrato Giuseppe Tornatore, eravamo nello stesso ristorante qua a Roma, è stato interessante parlare con lui. Ma avete molti grandi registi, non posso sceglierne uno solo."