Era il 2016 quando Venice VR fu realizzata, una sorta di edizione pilota con il VR Theater all'interno del Palazzo del Casinò. Ricordiamo la curiosità, il tempo dedicato e la speranza che potesse diventare qualcosa di più. Qualcosa che effettivamente è diventata la sezione di anno in anno, superando agilmente la pandemia e diventando l'attuale Venice Immersive che occupa la splendida cornice dell'Isola del Lazzaretto, un piccolo mondo all'interno della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia. A otto anni di distanza da quell'esordio, Liz Rosenthal e Michel Reilhac sono ancora i consulenti di quello spazio, sempre più coinvolti da un mondo in continua evoluzione che inizia a superare la fase della sperimentazione puramente tecnica: c'è sicurezza, consapevolezza, capacità di veicolare emozione nella contemporaneità del mondo della virtual reality. E ci siamo fatti raccontare da loro cosa aspettarci nella nuova edizione che andremo a scoprire al Lido di Venezia.
L'evento più grande in ambito VR
"Dobbiamo essere grati alla Biennale per il suo impegno riguardo questa nuova forma d'arte sin dall'inizio" ha ricordato Michel Reilhac parlando di quella prima edizione pilota a cui abbiamo accennato, "era stato un test e sulla base di quella la Biennale ha capito che c'era un enorme potenziale, che si poteva correre quel rischio di vedere dove avrebbe portato questa nuova forma artistica, se sarebbe fiorita come speravamo. Se non avesse corso quel rischio otto anni fa, non saremmo qui oggi." Un cammino che si è andato espandendo così come la forma d'arte che intende raccontare, per una crescita reciproca e costante.
"È interessante guardare a questa evoluzione dal 2016 e dal 2017, l'anno in cui è stato inaugurato il concorso di Venice VR" ha detto infatti Liz Rosenthal ricordando l'anno in cui ci si è spostati sull'Isola del Lazzaretto lanciando una vera e proprio competizione, andando a rappresentare il settore a 360 gradi, mostrando non solo le tendenze e le tecniche, ma anche cose immaginate al di fuori del visore, progettati "per giocare con gli spazi" anche fisici. Un cammino che ha superato gli anni del COVID, che anzi li ha sfruttati per la sua capacità di vivere nel virtuale e di creare mondi. Sempre lì, osservando l'andamento di un mercato in via di sviluppo e una "tecnologia che sta evolvendo in modo rapido" e che Venice Immersive mostra e rappresenta con la sua natura di "più grande mostra di arti Immersive al mondo", diventando punto di riferimento incontrastato del settore.
Costruire Venice Immersive 2024
E per questa sua natura non può che presentarci "l'eccellenza creativa in tutte i formati immersivi" ha tenuto a sottolineare Liz Rosenthal nello spiegarci cosa li abbia guidati nella selezione di questa edizione, "abbiamo 63 titoli che selezioniamo al Lido, a giugno, passando in esame progetti individuati nel corso di tutto l'anno, alcuni dei quali abbiamo seguito nel corso del loro sviluppo anche nel periodo precedente. L'idea è di costruire un quadro completo di questo mondo, da quelli che si rivolgono a singoli spettatori, con una interazione limitata, fino a quelli sul fronte opposto, che si rivolgono a un gruppo nutrito di spettatori in contemporanea, con installazioni complesse o che miscelano realtà virtuale e mondo concreto." Un mondo ricco, complesso, articolato, che la Rosenthal e Reilhac mirano a rappresentare nella sua interezza.
"Siamo in una posizione privilegiata" ci ha spiegato Michel Reilhac, "perché siamo ormai riconosciuti da tanti artisti come un punto di riferimento del settore." E questo fa sì che tutto il mondo interessato ai lavori immersivi si rechi a Venezia per tastare il polso del settore. "È una interessante contraddizione: lavoriamo su un medium virtuale, ma per essere aggiornati è necessario venire fisicamente a Venezia." Perché per la natura di punto di riferimento di Venice Immersive "se hai qualcosa da mostrare, devi venire a Venezia, perché la community viene qui per i dieci giorni dell'evento, l'industria viene qui, ed è il posto migliore per lanciare una nuova produzione."
Le installazioni da non perdere del 2024
Per questo c'è evidente difficoltà in Liz Rosenthal e Michel Reilhac quando chiediamo loro quali sono gli highlights di questa edizione, le opere che non dobbiamo perdere una volta al Lido e tra i suggestivi corridoi del Lazzaretto. 63 opere non sono poche e molte di queste hanno una costruzione anche scenografica degna di nota, che le rende subito visibili una volta sul posto e che rende entusiasmante "il modo in cui si interagisce con esse fisicamente". Ci sono diversi nuovi tipi di progetto che la Rosenthal ritiene molto interessanti: "un progetto che non si limita all'headset è Ceci est mon coeur (Here is My Heart), molto bello, molto toccante, che usa indumenti aptici splendidamente progettati con cui interagire con le proiezioni che circondano l'utente. È la storia di come i nostri corpi possono essere traumatizzati in gioventù, di come si recuperi da ciò e di come questo ci influenzi."
Ugualmente intenso è Mammary Mountain, anche questo con realtà virtuale e indumenti aptici a supporto: "è un'esperienza legata al cancro al seno, che testimonia persone che hanno affrontato la malattia. È molto potente e in questo caso gli indumenti aptici sono parte fondamentale dell'esperienza." Accanto a queste esperienze potenti emotivamente, la Rosenthal ci ha indicato una tendenza importante che si sta imponendo: quella relativa alla mixed reality: "molti progetti forti sono in questa tecnologia, perché i nuovi visori sono tutti progettati per supportarla, quindi fondere il mondo reale con un ambiente virtuale sta diventando più accessibile." E quest'anno ci sono diversi progetti di questa natura che meritano interesse, come Fragile Home che parla della fragilità delle nostre case sullo sfondo della guerra in Ucraina o Impulse: Playing with Reality che propone "un uso creativo incredibile della mixed reality" per raccontare una storia interattiva sulla realtà dell'ADHD con il supporto di Tilda Swinton come voce narrante.
Costruire mondi... e viverli
Michel Reilhac ci tiene però a sottolineare il loro impegno nel campo del World Building, "qualcosa di unico che percepiamo come una nuova frontiera nel campo dei contenuti creativi immersivi, in cui individui che non si considerano artisti passano il tempo libero a costruire mondi che possono essere sulla falsariga di giochi o semplici luoghi virtuali in cui intrattenersi. Di anno in anno è incredibile vedere la crescita di qualità di questo campo, quanto stiano diventando sempre più sofisticati e ricchi. È incredibile vedere la diversità e la varietà di questi ambienti." Ed è un settore presente nella selezione di quest'anno: "presentiamo venti di questi mondi fuori concorso e tre o quattro nella selezione competitiva. Quindi possiamo dire che è qualcosa sempre più presente e importante, che va a intaccare l'idea preconcetta del virtuale come luogo d'isolamento, che disconnette dal mondo: non è più vero, perché sempre più esperienze possono essere praticate insieme ad altri e le piattaforme social in virtual reality sono sempre più popolate."
Fuori dal Lazzaretto: Free Ur Head
C'è però un baluardo di Venice Immersive 2024 anche fuori dall'Isola del Lazzaretto e risponde al nome di Free Ur Head. Una scelta che da una parte porta il mondo immersivo tra la gente, e può rappresentare un modo per far notare la sezione anche a chi ancora non conosce questo mondo, ma dall'altra è legata alla natura stessa dell'installazione: "è un lavoro molto particolare, in cui si hanno 32 spettatori seduti su quattro file di sedie. Tutti indossano il visore, ma tutto ciò che vedono è un puntino luminoso che si muovo e gli viene chiesto di seguire. Si tratta di una coreografia, perché se lo si guarda dall'esterno, si vede un insieme di teste che fanno lo stesso movimento, guidate da un ballerino di fronte a loro che sembra condurli." Insomma il visore è solo un modo per guidare questa coreografia e il vero spettacolo è fuori dal visore, per chi guarda dall'esterno. "Per questo doveva trovarsi in un luogo di passaggio, dove chi si trova per caso può fermarsi a guardare" andando o tornando dal tappeto rosso o semplicemente andando a prendere un gelato.
Una forma d'arte in evoluzione, ma con tante certezze
Tutta l'arte che ruota attorno al VR e le diverse declinazioni è una "forma d'arte in evoluzione", come sottolinea la Rosenthal, specificando però che "siamo oltre le sperimentazioni". Ed è qualcosa che di anno in anno notiamo frequentando Venice Immersive e le sue opere, perché quella ricerca di una grammatica, necessaria e ovvia, ha ormai delle sicurezze e approcci consolidati nel veicolare l'emotività necessaria. "C'è tanta ricerca, tanto lavoro, anche a livello universitario con programmi creativi, ma ci sono anche artisti consolidati, che hanno già realizzato sei o sette opere e sono diventati incredibili narratori. Penso a Keisuke Itoh, che cresce di anno in anno ed è un esempio eccezionale, perché usa un formato diverso all'interno dello spazio immerso. Quest'anno ha portato a Venice Immersive Pudica, realizzata in realtà mista." E si torna a parlare di World Building, perché altri nomi che Liz Rosenthal cita sono Stephen Butchko e Rick Treweek, che quest'anno presentano Uncanny Alley: A New Day: "la costruzione del mondo è incredibile, le interpretazioni sono fantastiche, è veramente un'opera straordinaria."
È un mondo che si muove rapidissimo, sia nel contesto del World Building che in generale, in cui non va sottovalutata la componente tecnica, hardware e software in continua evoluzione, "ma sono ormai integrati nella pratica degli artisti che usano l'immersività" ha spiegato Michel Reilhac. "Quello che colpisce, soprattutto nella selezione di questa edizione, è il vedere così tanti artisti in grado di suscitare incredibili emozioni mediante le esperienze immersive. Non si tratta più di giocare con il mezzo e prendere confidenza con la tecnologia, ma di artisti in grado di raccontare storie che catturato e che coinvolgono emotivamente, che ti fanno sentire così vicini al punto di vista dell'autore." Non si tratta più di affidarsi a virtuosismi tecnologici, ma "usare il mezzo per produrre emozioni." Che è il fine ultimo dell'arte e conferma quanto questo mondo lo sia diventato a tutti gli effetti.