Se il montaggio è ciò che differenzia il cinema da tutte le altre arti, allora è più che giusto, diremmo obbligatorio, che un'artista come Thelma Schoonmaker riceva un premio per la sua straordinaria carriera, un Leone d'Oro che vuol essere un tributo al lavoro certosino compiuto dietro le quinte per quasi cinquant'anni.
Classe 1940, ben tre Oscar conquistati per altrettanti film diretti dal suo "committente" principale, Martin Scorsese, (Toro scatenato, The Aviator e The Departed - Il bene e il male), la signora Shoonmaker si è presentata in sala stampa con l'umiltà dei giganti, rivelando ai giornalisti qualche dettaglio in puù di una vita lavorativa vissuta sempre lontano dai riflettori, eppure piena di soddisfazioni. La prima considerazione, a poche ore dalla premiazione, è stata per il suo lavoro, un mestiere arcano che la signora Schoonmaker considera il più bello del mondo.
"E' vero, quando si parla di cinema si comprendono di più le luci, la scenografia, i costumi, la recitazione - ha detto - il montaggio è un lavoro misterioso, tuttavia in questi ultimi anni è cresciuto il numero di appassionati. Forse perché facendo i montaggi a casa, ci si rende conto di quanto sia difficile. Il montatore lavora su una massa di materiale e la plasma, dobbiamo prendere migliaia di decisioni in pochi minuti. Per capire quanto sia meraviglioso tutto ciò dovreste sedere accanto a me e annoiarvi. Ma non c'è niente di più bello al mondo".
Il viaggio è cominciato tanti anni fa, nella vitale New York degli anni '60. Per Thelma, studentessa di scienze politiche, dichiaratamente di sinistra, le porte del cinema si spalancano in giovane età, guardando di nascosto i vecchi classici in televisione, cercando di eludere la sorveglianza della madre insegnante, poi conoscendo un universitario cinefilo, Martin Scorsese. "Ho cominciato un corso di montaggio di sei settimane all'NYU e lì ho incontrato per la prima volta Marty e mi ha cambiato la vita; qualcuno aveva tagliato male un suo negativo e a quanto pare ero l'unica persona in grado di aggiustarglielo. Non avevo idea di cosa mi sarebbe successo accettando di lavorare con l'uomo che mi ha insegnato tutto, facendo diventare una drogata di questo mestiere".
Io e Martin
Quando chiedono a Mrs. Schoonmaker per quale motivo abbia lavorato quasi esclusivamente per Scorsese, la risposta è chiara e inequivocabile. "E' il migliore di tutti e io voglio solo il meglio. Martin vive ogni progetto nuovo come una nuova sfida, non ama ripetersi, per questo i suoi cambiamenti sono credibili e amo il fatto di essere con lui in questo viaggio. Fino ad oggi sono riuscita a lavorare sempre con lui. Collaboriamo bene perché siamo un'unica mente. Non solo, ma è disposto a considerare diverse opzioni quando si accorge che qualcosa non funziona. Rielaboriamo insieme, parliamo di tutto. Il nostro è un mondo fantastico. E quando lavoriamo, teniamo il televisore acceso in silenzio su un canale che trasmette vecchi classici del cinema. E' il miglior corso sui film che si possa seguire". Una collaborazione, la loro, assolutamente inossidabile che ha dato vita ad alcuni capolavori assoluti della storia del cinema.
L'età dell'innocenza
"Il lavoro che abbiamo compiuto su L'età dell'innocenza è stato molto interessante - ha spiegato -, soprattutto per quanto concerne il ritmo dei tagli, che abbiamo dovuto rallentare rispetto ai film precedenti. Martin voleva rileggere la vita della New York del diciannovesimo secolo e soprattutto mettere alla berlina le violente regole sociali del tempo che avevano distrutto l'amore tra Daniel Day-Lewis e Michelle Pfeiffer. Quelle persone erano crudeli come la mafia, abbiamo aumentato quindi i dettagli dei sigari tagliati, ad esempio, per far sì che il pubblico comprendesse la spietatezza di quel mondo. E' stato un lavoro magnifico".
Toro Scatenato
"Martin adorava il lavoro di Michael Powell e Emeric Pressburger, così quando Michael (suo marito dal 1984, ndr) dimostrò interesse per il lavoro Scorsese, definendo Mean Streets come una capolavoro che avrebbe dovuto essere proiettato per le strade di New York fino al termine del secolo, Martin portò Michael a New York, sul set di Toro Scatenato e gli ha fatto vedere il teatro di posa e gli altri luoghi del set. E' stato Michael a dire che i guantoni rossi indossati da Robert De Niro non andavano bene, così Martin decise di girare in bianco e nero".
Scelta dalla Schoonmaker come sequenza simbolo del suo lavoro, e per questo proiettata nella cerimonia che si svolgerà stasera, quella della sconfitta di Jack La Motta contro Sugar Ray Robinson è per la montatrice il momento più alto del film. "Scorsese sapeva progettare i combattimenti con grande meticolosità, nel film ci sono degli spostamenti della macchina da presa meravigliosi. Nel caso di questa sequenza, avevamo una storyboard immensa e abbiamo deciso di seguirla passo dopo passo. Ad un certo punto, quando siamo arrivati al momento in cui la moglie di Jack, Vicky, rifiuta di vedere il marito, preso a pugni dall'avversario, ci siamo resi conto di essere davanti al cardine della scena e abbiamo puntato su questo".
Io e il documentario
Se il digitale ha notevolmente velocizzato il suo lavoro, consentendole di avere un accesso più rapido ai materiali, un elemento le ha permesso di affinare il suo occhio, il montaggio dei documentari. "E' stata una palestra importante perché mi ha consentito di tagliare improvvisando, cercando una linea, una struttura, che dessero rilievo alle persone. Pochi montatori amano questo approccio, a me invece piace molto perché si mantiene viva la magia della performance".