Gli extraterrestri stanno arrivando a salvare la Terra? Noi lo speriamo vivamente, ma per il momento pare che gli alieni siano atterrati solo in un luogo non meglio precisato (in realtà si tratta della provincia di Pisa) dove è ambientata l'opera prima di Gianni Pacinotti, in arte Gipi, disegnatore prestato al cinema che esordisce nella piazza più difficile e prestigiosa, quella del concorso veneziano. L'ultimo terrestre, che domani arriverà nei cinema in 50 copie distribuito dalla Fandango di Domenico Procacci, è un esordio fresco e divertente che contiene, in realtà, un sottotesto polemico e un tantino disperato nei confronti dell'Italia di oggi i cui abitanti, alieni più dei veri extraterrestri, sono pervasi da sentimenti negativi. Il neoregista toscano presenta di fronte alla stampa il suo film, che chiude la terzina italiana del concorso ufficiale, insieme al bravissimo Roberto Herlitzka e ai giovani Gabriele Spinelli, Luca Marinelli e Anna Bellato.
La tua opera d'esordio è tratta da un fumetto di un altro autore di nome Giacomo Monti, pubblicato da una casa editrice underground. Hai pensato questo primo film possa essere importante per sdoganare il fumetto in Italia?
Gianni Pacinotti: No, non ci ho pensato minimamente. Volevo bene all'autore e agli editori, ma questo è secondario. In realtà dopo aver letto il libro ho subito pensato che era una buona storia da portare al cinema.
Gabriele Spinelli: In realtà io abito vicino a Gipi e mi piacciono molto le cose che fa così ho provato a parteciparvi anche io. Ci siamo trovati bene e abbiamo cominciato a fare piccole cose in maniera casalinga. Abbiamo realizzato vari corti e due lungometraggi che sono stati distrutti. Tempo fa mi ha chiamato per chiedermi se volevo aiutarlo a fare un film con Fandango. All'inizio pensavo di fare l'operatore o il montatore e invece lui mi ha chiesto di mettermi davanti alla macchina da presa e dopo un po' di provini mi ha offerto il ruolo di protagonista.
Gianni Pacinotti: Tutto ciò è condensabile in "Avevo bisogno di soldi".
E come ti sei preparato per il ruolo?
Gabriele Spinelli: Il mio è un personaggio psicologico e ho cercato di interpretarlo tentando di fare meno danni possibile davanti alla macchina da presa.
Ieri il film della Comencini presentato in concorso è stato accolto da fischi. Tu temi il confronto con la stampa?
Gianni Pacinotti: I nostri sono due film completamente diversi quindi non si possono fare confronti. Ma devo avere pausa della stampa perché menano?
L'ultimo terrestre è una commedia con un finale drammatico. Come mai a un certo punto hai deciso di virare verso il dramma?
Gianni Pacinotti: Il mio è un finale pessimista perché quando aspetti un aiuto dal cielo non sei messo molto bene, ma comunque è anche positivo perché esiste la speranza di un cambiamento. Durante le riprese abbiamo girato due finali. L'altro è quello brutto.
Gianni Pacinotti: Mi diverto un sacco a dar vita a personaggi negativi. Quelli del film sono molto brutti, anche sbagliati se vogliamo perché li ho resi macchiette terribili. Però se guardo alla classe politica italiana di macchiette di questo tipo ce ne sono parecchie. Truffaut diceva che occorre rispettare sempre i personaggi mantenendo anche i loro lati umani, ma lui non era mai stato nell'Italia del 2011.
Pensi di realizzare un fumetto da questo film?
Gianni Pacinotti: Durante la preparazione abbiamo realizzato degli storyboard molto abbozzati, ma questo lavoro è chiuso e non penso che avrà un seguito. Forse tra dieci anni scriverò qualcosa sull'esperienza sul set, ma non riesco a parlare di cose che mi sono accadute in tempi recenti.
Domenico, cosa ti ha convinto a produrre questo film?
Domenico Procacci: L'incontro con Gipi nasce dal suo lavoro di autore di fumetti, ma anche dai suoi corti. Io e lui ci siamo incontrati a Lucca Comics e abbiamo iniziato a parlare di questo progetto. Pensavo che avrebbe adattato un suo fumetto e invece mi ha sorpreso scegliendo un altro autore.
Gianni Pacinotti: Non saprei rispondere. Nel film ho portato avanti una mia idea mistica, la scoperta della compassione da parte del protagonista.
Luca, come è nato il tuo personaggio?
Luca Marinelli: Quando mi hanno proposto il ruolo del trans mi sono innamorato del personaggio e ho deciso di fare un provino. All'inizio c'è stato un po' di imbarazzo perché sono arrivato alla Fandango truccato e con le unghie finte, ma poi tutto è andato bene.
Domenico, quest'anno la Fandango punta più sulla distribuzione rispetto al passato. Quali sono le aspettative sull'uscita del film di Gipi?
Domenico Procacci: Io ho sempre voluto distribuire i film che produciamo, come Ozpetek, ma finora non è mai stato possibile per via del funzionamento dell'industria italiana. Ora credo che ci sia la possibilità per distribuire prodotti che hanno bisogno di più attenzione e di maggior cura e noi tentiamo di fare proprio questo.
Gianni, perché hai deciso di firmare una storia non tua?
Gianni Pacinotti: Ho scelto una storia non mia perché avevo lavorato sempre su storie autobiografiche e negli ultimi tempi questo mettermi a nudo non mi aveva fatto bene. Non volevo darmi in pasto a un pubblico cinematografico. E poi pensavo che la storia di Giacomo Monti fosse bellissimo. La fantascienza non è un genere che mi interessa in sé e per sé, ma mi ha attratto come chiave di lettura del presente. Nel film volevo un alieno classico, dal look tradizionale.
L'Italia mostrata nel film è piuttosto spaventosa. Quanto del paese che hai rappresentato nel film è ispirato all'Italia di oggi? Gli alieni sono una sorta di giustizieri?
Gianni Pacinotti: Gli alieni hanno la capacità di distinguere il bene e il male, cosa che noi abbiamo perduto quasi completamente. Credo che l'Italia del mio film sia molto attuale e l'idea della speranza affidata a un evento mistico, se ci pensi, è terribile.
Luca, il tuo protagonista, assiste ad azioni terribili senza fare niente. Alla fine è peggio fare il male o assistervi senza intervenire?
Gianni Pacinotti: Ho lasciato il finale aperto. Luca è un inetto all'azione, ma ha le attenuanti. Non è passibile di giudizio. Tutte le volte che ho creato i miei protagonisti erano un paio di occhi che osservavano le cose. La scelta di licenziarsi dal bingo, per me, è già un gesto enorme.
Che difficoltà ci sono a produrre un film di genere, atipico da noi?
Domenico Procacci: Non ho avuto particolari difficoltà. Mi piaceva l'idea, l'ho proposta a Rai Cinema e loro hanno accettato. Il nostro ruolo è cercare anche una voce originale, dei personaggi originali e sostenerli.
Gianni Pacinotti: Io racconto storie avvenute dieci anni prima perciò dovrò attendere un po', ma per ora l'effetto è molto buono. Tutti sono gentili cone me, mi fanno i complimenti e mi chiedono il parere sulle cose.
Come ti sei trovato a passare dai cortometraggi casalinghi a una produzione così importante?
Gianni Pacinotti: Quando realizzato i miei corti avevo una telecamera da cento euro quindi la differenza con questa esperienza è enorme. Non si possono nemmero fare confronti.
Come sono state scelte le location?
Gianni Pacinotti: All'inizio avevo pensato di ambientare il film nella riviera romagnola che è il luogo dove vive Giacomo Monti, poi ho capito che io so parlare solo delle cose che conosco bene così mi sono spostato nel pisano. Il bingo è a 300 metri da casa mia e il mobilificio che apre il film è quello dove sono andato a cercare il divano per il mio salotto. Poi non l'ho trovato e l'ho preso all'Ikea, comunque quelli che appaiono nel film sono luoghi affettivi. Non volevo però che il luogo fosse caratterizzato in maniera precisa e non volevo che ci fosse un riferimento geografico. E' un vizio che ho da quanto scrivo, mi piace inserire le mie storie dappertutto.
Roberto, come hai dato vita al personaggio del padre di Luca?
Roberto Herlitzka: Il mio personaggio è un esempio della fragilità umana e siccome io non sono proprio così mi sono divertito a dar vita a un personaggio molto diverso da me.
Gabriele Spinelli: Le cose più difficili sono state piangere. Ho dovuto trattenere le lacrime per diversi mesi per poi piangere a comando ed è stata dura. E' stato molto difficile girare il finale, perché non avevo calcolato la tensione, ed è stato molto difficile sorridere.
Gianni, hai dei riferimenti visivi o dei modelli per la tua attività di regista?
Gianni Pacinotti: Io sono cresciuto con tanto cinema, ma non sono un cinefilo vero e proprio. Non ho mai pensato a modelli visivi. Se mi mettessi a fare una lista finiremmo stasera, ma non ho riferimenti precisi. Però se qualcuno paragonasse l'inizio del film a David Lynch ne sarei felice perchè ho amato moltissimo i suoi primi lavori.
A quale pubblico pensi che sia rivolto il tuo film?
Gianni Pacinotti: Oggi mi hanno fatto un complimento molto bello dicendomi che questo è un film che potrebbero apprezzare anche i ragazzini. Quello che non vorrei è che il pubblico fosse fatto solo di persone che mi somigliano, che hanno le mie stesse idee e i miei interessi culturali. Vorrei che andasse anche in altri cervelli.