Il motore si accende, scalpita, fa girare tutti i suoi cavalli riempendo lo spazio circostante di ruggiti roboanti. La pista si apre come un abbraccio, nell'attesa di essere riscaldata da gomme che girano all'impazzata, deteriorandosi a ogni giro e sfrecciando sull'asfalto caldo. Taglio e salto temporale in avanti; o per meglio dire, all'indietro. Le macchine che sfrecciano veloci si sostituiscono adesso a carrozze che camminano lente. I giri dei motori lasciano spazio ai nitriti dei cavalli, e le chicane di un circuito automobilistico vengono soppiantate dalle piazze e i colonnati di una Torino ottocentesca.
Cosa hanno in comune un film come Veloce come il vento, e una serie come La legge di Lidia Poët? Stando alle descrizioni poco sopra, apparentemente nulla. Eppure, sono molti i nodi di congiunzione tra due universi così agli antipodi, dove la mano cambia marcia, tutto scorre veloce, mentre lo sguardo indaga e la mente elabora. Non solo e soltanto la fantasia di Matteo Rovere e quel suo comparto immaginifico-autoriale capace di tradurre in racconti visivi due esistenze tanto lontane nel tempo e nello spazio, quanto vicine nella loro essenza rivoluzionaria. Già, perché sia Loris e Giulia (Veloce come il vento) e Lidia ed Enrico (La legge di Lidia Poët) sono due coppie di fratelli che hanno bisogno l'uno dell'altra per superare i propri limiti, accendere la miccia della propria rivalsa, sentire quella spinta che li lasci vagare nel buio del baratro per sentire così il caldo sapore del successo. Ma a segnare un trait-d'union tra la pellicola del 2016 e la serie firmata Netflix è soprattutto il nome di Matilda De Angelis.
Non più e non soltanto co-protagonista di un mondo dominato dall'egemonia maschile, l'attrice ha saputo incarnare due giovani donne capaci di farsi largo in uno spazio infestato dal tanfo di testosterone, e così sfidare i canoni, i pregiudizi, i pensieri arretrati che vogliono certe professioni poco adatte all'universo femminile. L'avvocatura e l'automobilismo diventano pertanto parti di un sistema da ribaltare, porte da sfondare e campi liberi dove gli stereotipi si sfaldano per lasciare libere anche le donne di accedere ai propri sogni, alle proprie ambizioni, alle proprie carriere. Due universi che in opere così divergenti, eppure simili, trovano il volto di Matilde De Angelis a unirli.
Il talento roboante
Matilda De Angelis era una semplice studentessa di Bologna quando Matteo Rovere incrociò il proprio sguardo con il suo. Pochi secondi, e il regista aveva trovato in quella giovane adolescente la perfetta interprete per la pilota Giulia De Martino nel suo film Veloce come il vento. Quello sguardo Rovere lo ha voluto di nuovo immortalare sette anni dopo nella sua libera trasposizione della vita di Lidia Poët, prima donna a essere iscritta nell'albo degli avvocati d'Italia. In quello sguardo c'è tutta una mappa di emozioni e sentimenti che Matilda De Angelis ha saputo gestire, assimilare e restituire con estrema credibilità e profonda naturalezza.
Poli opposti di un corpo in continuo cambiamento, nel mezzo di questa evoluzione la giovane attrice classe 1995 ha canalizzato sfumature diverse dell'essere donna. È stata la femme fatale e oggetto del desiderio nella serie internazionale The Undoing - Le verità non dette; la metà di una mente sognatrice e rivoluzionaria ne L'incredibile storia dell'Isola delle Rose e in Rapiniamo il Duce; una sopravvissuta all'attentato terroristico di Marrakesh del 2011 in Atlas. Una galleria in continua evoluzione, la sua, fatta di donne che amano, soffrono, cadono e si rialzano. Una giostra di caratteri che ritrova ai suoi margini due personaggi così apparentemente lontani, eppure vicini: quelli di Giulia De Martino e Lidia Poët.
Veloce come il vento, una storia di riscatto sulle piste da rally
Una biografia di carattere universale
La macchina da corsa e quella da scrivere; un linguaggio sfumato da dialettalismi e parolacce che le rendono ancora più vere, reali, umane. Giulia De Martino e Lidia Poët sono molto più che due ruoli da segnare sul curriculum di Matilda De Angelis. La giovane pilota e l'avvocatessa sono silhouette scontornate e ricopiate da esistenze precedenti; una biografia presa, decostruita e ricomposta secondo i dettami della contemporaneità dei propri spettatori, in un momento storico in cui la lotta per la parità di genere è ancora in atto, e la voce del femminismo si eleva ancora alta. Sono onde che spazzano i luoghi comuni, per ricordare che anche le donne possono svolgere mansioni da uomini, come guidare una macchina a tutta velocità, sporcarsi di olio di motore, o difendere assassini delinquenti, al di là del genere di nascita, al di là dell'essere eleganti, o addirittura fragili per pregiudizi antiquati. Perché dietro la passione, l'ambizione, il talento, non esiste un sesso debole, o forte. Davanti alla legge, così come alla propria ambizione, siamo tutti uguali.
Perché La legge di Lidia Poët è davvero una serie al femminile
Lo sguardo dell'uguaglianza
Se Veloce come il vento navigava sulle acque della rivincita personale, seguendo le rotte imposte da un regista come Darren Aronofsky e il suo The Wrestler, La legge di Lidia Poët sfrutta le ombre del passato per farsi vessillo di un discorso quanto mai attuale. Di Enola Holmes ha solo quella brillantezza di sceneggiatura e la freschezza di una mente brillante come la sua protagonista; già, perché dietro ogni indagine compiuta dall'avvocato Poët si nascondo sprazzi di intelligenza tutte al femminile, di donne che riescono a farsi largo in corridoi intasati da uomini; di donne che chiedono, fanno domande per trovare una risposta.
È un processo narrativo che mai come negli ultimi anni ha visto finalmente un degno interesse di sviluppo, con mani che scrivono e altre che dirigono per tracciare una nuova via nel campo dell'uguaglianza di genere. Una strada battuta inizialmente da Il diritto di contare, e poi proseguita con il recente Anche io, e con il prossimo Lo strangolatore di Boston. Tutte storie di donne che solo perché tali devono combattere per far sentire la propria voce, farsi largo nel mondo dominato dagli uomini, con il peso di dimostrare sempre qualcosa di più rispetto ai colleghi maschi. Ed è qui che si ritrova il fulcro del femminismo: svestire anche un'esistenza come quella di Lidia Poët della sua biografia per investirla di una natura prettamente intrattenente e cinematografica pur di orientare l'attenzione mediatica verso piccole sottotrame fatte di sfruttamento, pregiudizi, tutte di carattere misogino.
Una lotta che ancora una volta, proprio come fu per Veloce come il vento, trova in queste variabili narrative, la presenza del volto e il talento di Matilda De Angelis come unica costante.