Valentina Lodovini, “Il cinema è il mio tutto”

Al festival di Lamezia Terme in Calabria, che le dedica una retrospettiva nella sezione Monoscopio, l'attrice incontra il pubblico e si racconta.

La consacrazione sarebbe arrivata nel 2007 con La giusta distanza di Carlo Mazzacurati, film in cui è alle prese con il suo primo ruolo da protagonista, ma è nel 2012 che conquista successo e notorietà presso il grande pubblico con il David di Donatello come miglior attrice non protagonista per il dirompente Benvenuti al Sud. Prima c'erano stati Paolo Sorrentino con L'amico di famiglia e Michele Placido agli esordi della sua carriera con Ovunque sei.

Valentina Lodovini e Marco Foschi in una scena del film Riprendimi
Valentina Lodovini e Marco Foschi in una scena del film Riprendimi

Ma lei questo mestiere lo insegue da sempre: "È il mio tutto, è stato il mio primo fidanzato" racconta Valentina Lodovini nell'incontro con il pubblico al Lamezia Film Festival che la ospita dedicandole una piccola retrospettiva. _ "Ho sempre sognato di fare l'attrice, con questa passione ci sono nata ma mi sono messa alla prova tardi, a 21 anni. Più che fare strategie e metterci la testa mi sono limitata a inseguirlo e il sogno è stato più grande di me. Mi sono stupita di come la realtà avesse superato la fantasia e uscita dal centro sperimentale ho incontrato Sorrentino. Mi ero follemente innamorata de L'uomo in più e della sua visione di regista, unica. Sono nata sotto buona stella"_.

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L'arte dell'attore, lo studio e il cinema italiano

Libero De Rienzo e Valentina Lodovini in una scena del film Fortapàsc
Libero De Rienzo e Valentina Lodovini in una scena del film Fortapàsc

La stessa buona stella che l'ha portata negli anni a essere versatile, eclettica e sempre pronta a sposare progetti molto diversi tra loro, come l'ultimo Si muore tutti democristiani (nella sale ad aprile e presentato all'ultima Festa del Cinema di Roma), esordio sul grande schermo del collettivo Il terzo segreto di satira: "Negli ultimi anni il cinema italiano mi ha sorpreso tantissimo e sta continuando a farlo, sono felice di questo e voglio essere ottimista, perché l'ottimismo ci contraddistingue e ci ha sempre salvato. Noto un grande fermento, ma manca il pubblico che è ancora troppo distante., spiega: Il problema è che non concepiamo il cinema come industria e non riusciamo a vendere all'estero, per questo è come se fuori non esistessimo, non ci conoscono".

Valentina Lodovini in una sequenza del film Generazione mille euro
Valentina Lodovini in una sequenza del film Generazione mille euro

Cuore e passione, ma il suo approccio ai personaggi è fatto invece di studio: "Distinguo tra film belli e brutti, buone o cattive sceneggiature, il resto viene dopo. Non vedo mai dei personaggi, ma degli esseri umani e per interpretarli parto dall'analisi del testo, perché la sceneggiatura per me è sacra e tendo a esserle fedele; non mi piace improvvisare, non sono quel tipo di attrice, ma voglio essere diretta e guidata anche se non è così semplice trovare sceneggiature ben scritte. Una delle mancanze del nostro cinema è la consapevolezza dei ruoli: il regista che dirige, lo sceneggiatore che scrive e l'attore che recita".
È convinta che il suo lavoro si basi "sulle emozioni perciò devi stare sempre all'erta anche quando non sei su un set. È un continuo leggere, studiare, avvicinarsi alle cose e alle persone con curiosità, io li chiamo sopralluoghi emotivi perché ti serviranno dopo quando starai sul palco. È un mestiere carico dell'essenza della vita, per cui non devi avere pregiudizi, ma è importante empatizzare e imparare a conoscere", l'attore "regala emozioni e punti di domanda, la gente ti ama e ti odia per questo, ma il compito di un artista è vigilare continuamente su ciò che accade".

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Tra cinema e teatro

Elio Germano e Valentina Lodovini in una scena del film Il passato è una terra straniera
Elio Germano e Valentina Lodovini in una scena del film Il passato è una terra straniera

Il cinema lo ama tutto, per la sua capacità di smuovere coscienze e produrre cambiamenti. "Può raccontare molte cose a tante persone diverse. I film possono far sognare, raccontare l'amore, l'odio, il pregiudizio, gli eventi, formare coscienze civiche e critiche. E se lo sguardo di chi scrive è puro e lucido allora avrai tra le mani una chiave potentissima per invitare lo spettatore alla riflessione e al cambiamento".
Si definisce una lottatrice e crede nel valore delle scelte come quella che di recente l'ha portata a teatro con Tutta casa, letto e chiesa, un testo sulla condizione femminile scritto da Franca Rame e Dario Fo nel 1977: "Sono passati esattamente 40 anni da quel testo, ma la condizione della donna oggi non è cambiata così tanto, anzi c'è stata un'involuzione e ti ritrovi a dover lottare. Come attrice è un onore dare voce a un testo del genere, ma c'è anche il dovere dell'artista; penso si debba agire e lottare, le parole contano poco. L'azione è fondamentale ed è importante scegliere di lottare; urliamo e continuiamo a urlare insieme, da sola non cambio nulla".