Uwe Boll, un tedesco contro Hollywood

Il discusso regista Uwe Boll, in visita lampo nella capitale, ne ha approfittato per sparare a zero sull'uso ipocrita della censura e sui colossi del cinema americano.

Più che assomigliare alla solita conferenza stampa, l'incontro con Uwe Boll alla Casa del Cinema si è rivelato una specie di "raid", sorprendente per la rapidità con cui si è consumato il tutto. Alla notizia che il regista tedesco, invitato per la presentazione di Postal, si sarebbe trattenuto con i giornalisti per circa dieci minuti, i più maliziosi sono arrivati a sospettare che gli organizzatori avessero calcolato in qualche modo il tempo necessario per dare un'idea del personaggio, evitando al contempo di far scoppiare una rissa. In effetti, colui che una parte consistente di pubblico e critica considera il peggior regista di horror attualmente in circolazione è giunto a Roma preceduto da una fama piuttosto singolare: tra le varie intemperanze a lui attribuite, si dice persino che abbia sfidato su un ring pugilistico i critici maggiormente avversi alle sue pellicole!

Ma così come la sua ultima creatura, Postal, ha sorpreso piacevolmente per quella vena demenziale in grado di strappare risate a ripetizione, lo stesso Boll ha manifestato un insospettabile aplomb, reagendo in maniera compassata alle domande e alle critiche, che in verità non sono state molte; se ciò si deve anche alla scarsa partecipazione della stampa, trasferitasi in massa a Venezia per l'inizio della Mostra del Cinema, qualche spunto degno del personaggio è ugualmente emerso, da quel secco botta e risposta con gli addetti ai lavori. La meteora Uwe Boll è comparsa qualche minuto prima che iniziasse il film, invitando i presenti a porgli domande in libertà, non solo sugli sviluppi recenti ma anche sulle tanto discusse derive horror della sua filmografia. Contrariamente a quanto previsto, il regista è rimasto in sala a gustarsi la versione italiana della sua opera, sicché al termine della proiezione è stato possibile scambiare ancora qualche opinione con lui.

Mister Boll, perché lavorare negli Stati Uniti, ma fuori dal sistema degli studios?

Uwe Boll: Quando nel 1996 ho avuto occasione di collaborare con una major americana per la co-produzione di The First Semester, commedia studentesca che figura tra i primi film da me realizzati in Germania, mi sono trovato in grosse difficoltà. Il risultato finale è stato assai deludente, visto che personalmente non mi sento a mio agio avendo a che fare con determinate imposizioni. Loro pretendevano di cambiare un sacco di cose, inserendo anche un happy end forzato, così da allora ho cercato di realizzare i miei film in una cornice differente; proprio in America, perché non mi ritrovo un granché con gli attori tedeschi, ma scegliendo di fare un cinema il più possibile indipendente.

E che impressione ha ricavato di Hollywood?

Tutti rincorrono Hollywood, perché sono convinti che per fare carriera nel mondo dello spettacolo sia obbligatorio passare da lì. Il risultato è che quel piccolo centro si popola di aspiranti attori, registi, sceneggiatori, tutta gente che sborsa un sacco di soldi per mantenersi in alberghi costosi, per procurarsi un agente, per mille altre cose che fanno perdere loro denaro, a beneficio di chi specula su queste situazioni.
Ho trascorso solo pochi mesi a Hollywood, ma mi sono bastati per capire che forse i finanziamenti per fare film era meglio cercarli altrove, un po' in Germania, un po' in America ma presso altri canali, così da potermi muovere più liberamente. E sono andato avanti così.

Si è letto in giro che lei avrebbe addirittura sfidato alcuni critici, poco benevoli nei suoi confronti, a fronteggiarlo sul ring. Dobbiamo cominciare a preoccuparci?

Beh, in realtà riconosco di non essere molto ben visto, specialmente dalla critica. Una ragione è che ho diretto diversi film ispirati ai videogames, cosa che a molti non va giù. L'altro motivo è che non faccio parte del sistema, avendo continuato a produrre le mie cose fuori dalle grandi famiglie della Fox, della Universal, eccetera. E questo non riescono proprio a perdonarmelo. Così dopo BloodRayne ero così esasperato, così stanco di leggere su internet e altrove una miriade di recensioni particolarmente aggressive e di commenti diffamatori, che ho pensato bene di convogliare questi impulsi violenti in un match pugilistico, chiamando a raccolta i più implacabili tra i miei denigratori. L'incontro ha avuto luogo realmente, ed ha destato anche una certa curiosità!

Cosa pensa della definizione di peggior regista vivente che le hanno dato, equiparandola in pratica a un Ed Wood dei giorni nostri?

Penso che una certa opinione sia nata quando ho diretto film come Alone in the Dark e House of the Dead. Del resto sono partito facendo cinema di genere, in Germania, ed anche in America ho tentato di proseguire su questa strada, scontrandomi però con sceneggiature nelle quali non credevo fino in fondo. Così negli ultimi tempi sono tornato a fare come agli esordi, quando i film me li scrivevo da solo. Dal momento in cui mi sono seduto alla scrivania e ho ricominciato a scrivere, la rabbia accumulata ha fatto sì che uscissero fuori film come Postal o come il precedente, Seed. Specialmente in Seed è emerso tutto l'odio, un film davvero duro, feroce, nel mettere in scena un certo tipo di violenza sugli uomini e gli animali.

Postal, d'altro canto, non è certo un film ottimista, anche se il nichilismo di fondo è sublimato da sprazzi di ironia: pensate che io vi compaio nella parte di un nazista, il che in fin dei conti è ciò che gli americani si aspettano da ogni tedesco.

A cosa si deve questa svolta ironica?

Forse è il desiderio di omaggiare film come The Blues Brothers o come quelli dei Monty Python, cose che oggi non esistono più. Nel senso che si continuano a realizzare prodotti comici o con qualche intenzione satirica, ovviamente, ma devono sottostare a determinate regole di mercato per quanto riguarda l'happy end, la morale di fondo, e tanti altri aspetti. Io ho voluto rompere con queste convenzioni, anche per quanto riguarda l'uso della violenza. Vi è una concezione ipocrita, per cui le violenze sugli animali o le immagini di donne nude creano grossi problemi con la censura, facendo sì che certe opere vengano catalogate come X-rated, mentre a volte è possibile mostrare un uomo che viene fatto a pezzi senza tante difficoltà. Negli ultimi film ho cercato di rompere anche con questi schemi.
A questo punto godetevi il film!

(Il discorso riprende dopo la proiezione)

Uwe Boll: Come avete visto il mio è un film molto sporco. (dice ridendo)
Ma questo è esattamente ciò che avevo in mente. Ora avete altre domande?

Come è stato accolto il film negli Stati Uniti e in altri paesi? Ci sono stati problemi con la censura?

Sì, senza dubbio far circolare il film non è impresa facile. In America non ci sono state molte proiezioni, perché viene percepito come anti-americano. A dire il vero l'intenzione era soprattutto quella di evidenziare, a modo mio, le tendenze più pericolose degli ultimi anni, compresa quella a risolvere i problemi con la forza, di cui le grandi potenze stanno dando ampia dimostrazione.
Per il resto Postal va incontro in ogni paese a complicazioni di natura diversa. In Germania, per esempio, si teme per la reazione delle comunità turche. In Francia perché si parla in un certo modo di Maometto. Molte riviste, poi, continuano a denigrarlo semplicemente per via dei contenuti sessuali e di altre situazioni ritenute squallide.

Quali sono i riferimenti più stretti al videogame?

Il link più diretto riguarda l'ambientazione, che è sempre Paradise. Tornano anche alcuni personaggi, ma la storia è completamente nuova. Ho deciso di procedere in questo modo, parlandone anche coi responsabili del videogame, perché il gioco di per sé è ridicolo, interpretarlo seriamente sarebbe stato controproducente. Il mio obiettivo era sin dall'inizio quello di trasformarlo in una specie di horror-comedy.
Inoltre sono felice che il film esca anche in Italia, oggi è stato divertente ascoltare il doppiaggio e anche se non conosco la lingua ho avuto l'impressione, ripensando alle singole battute, che nel complesso funzioni. Riguardo agli interpreti, vorrei sottolineare che quando abbiamo fatto il casting si sono presentati in tanti, anche perché si era sparsa la voce che sarebbe stato un film anti-Bush e con uno sfondo pacifista. Potete notare, tra gli attori che hanno accettato di fare una particina, personaggi come Seymour Cassel.

Per quanto riguarda invece Seed, che in Italia non è stato ancora distribuito, il pubblico di festival come il Ravenna Nightmare ha potuto apprezzare o indignarsi di fronte a scene particolarmente crude. Possiamo magari condividere la radicalità di certe soluzioni. Ma con la censura qualche problemino c'è stato ugualmente?

Ah, in effetti l'idea era proprio quella, realizzare qualcosa di molto duro, che non facesse sentire tutti gli spettatori a loro agio. Se qualcuno di voi ricorda la lunghissima scena del martello, in cui il serial killer fa fuori a martellate una signora legata sulla sedia, posso dire che situazioni così disturbanti sono andate incontro in alcuni paesi a tagli piuttosto brutali. Anche per Seed il rapporto con la censura non è stato sempre facile.