Un'ombra sulla verità, la recensione: negazionismo e ossessioni in un thriller moderno

La recensione di Un'Ombra sulla Verita: una cantina oscura, la società borghese, il patogeno del negazionismo antisemita. Il film di Philippe Le Guy? Come il senso del suo racconto è diviso tra luci e ombre. Al cinema dal 31 agosto grazie a BiM.

Un Ombra Sulla Verita Photo Credits Caroline Bottaro 3
Un'ombra sulla verità: un'immagine del film

Certezze che crollano, serpeggianti paure, una Francia (e dunque un'Europa) spaccata a metà. Riprendendo in parte la cornice che ha mosso uno dei suoi precedenti film (Le Donne del 6° Piano), Philippe Le Guy mette in scena un thriller drammatico suddiviso in più livelli che, volutamente, partono dal basso. Per essere più precisi, da una cantina. Per questo, Un'Ombra sulla Verità, viene strutturato in maniera verticale, in modo tale che la verità del titolo venga fuori poco a poco, e soprattutto dopo aver distrutto qualsiasi convinzione, tanto sociale quanto privata. Il tutto, rinchiuso e racchiuso in un condominio della Parigi borghese, quella lontana dalle Banlieue e politicamente repubblicana e confortante. Eppure, come vogliamo sottolineare nella nostra recensione di Un'Ombra sulla Verità (titolo originale, L'Homme de la cave, ossia l'emblematico L'Uomo della Cantina), il male - perché di questo si tratta - potrebbe trasformarsi e tramutarsi in qualcosa che, all'apparenza, sembra innocuo, affabile, addirittura incompreso. Allora, con il pretesto orrorifico di una cantina oscura e umida, Le Guy (che ha firmato la sceneggiatura insieme a Gilles Taurand e Marc Weitzmann) finisce per parlare di una delle piaghe moderne, accentuate ed esasperate da internet: il negazionismo.

Verità e menzogna

Un Ombra Sulla Verita Photo Credits Caroline Bottaro 5
Un'ombra sulla verità: una scena

Per farlo, Le Guy ci porta nella vita di Simon (Jérémie Renier) e di Hélèen Sandberg (Bérénice Bejo). Lui architetto, lei medico. Una vita normale, una bella casa lasciata in eredità, una figlia, Justine (Victoria Eber), con i soliti problemi di un'adolescente. Insomma, il quadretto tipico di una famiglia benestante parigina. Un climax che viene scombussolato dall'arrivo di Jacques Fonzic (Francois Cluzet), intenzionato a comprare la loro cantina. Simon, ebreo e dallo spirito generoso (fin troppo, lo rimprovera la moglie), gli fa un buon prezzo e, anzi, impietosito dalla storia dell'uomo, gli permette di dormirci in attesa che trovi un appartamento.

Un Ombra Sulla Verita Photo Credits Caroline Bottaro 4
Un'ombra sulla verità: una scena del film

Eppure qualcosa non quadra nella storia di Jacques, e così Simon inizia ad indagare scoprendo che l'uomo altro non è che un attivo e influente negazionista antisemita. Sembra impossibile annullare la vendita già avviata - ai fini realistici questo è alquanto improbabile - e, dall'altra parte, sembra che Jacques sia sostenuto da una parte degli inquilini del palazzo, niente affatto disturbati da una presenza cordiale e gentile. Anzi, finiscono per gettare discredito su Simon. Gli avvocati, ingaggiati dai Sandberg, hanno le mani legate (un'altra forzatura poco credibile). Ma c'è di più, Fonzic metterà perfino in discussione la veridicità riguardante la storia di uno zio di Simon, morto in un campo di concentramento, nonché provando ad influenzare sia Hélène che Justine, trascinandole nel suo ingarbugliato vortice di malsana verità.

Una piramide sociale. Che scricchiola

Un Ombra Sulla Verita Photo Credits Caroline Bottaro 1
Un'ombra sulla verità: una foto del film

Già perché la forza di Un'ombra sulla verità è proprio quella di scatenare dei fortissimi dubbi nello spettatore, che pur non condivide (speriamo!) le teorie complottistiche dell'uomo rifugiatosi sottoterra. In un primo momento comprendiamo che Fonzic nasconda dei segreti, ma finiamo per scontrarci poi con la reazione rabbiosa di Simon che, ossessionato dall'ambigua presenza, finirà per perdere il lume della ragione, offuscando (almeno in parte) quella palese verità che verrà poi a galla. Su la stessa scia, Un'Ombra sulla Verità è un film di scrittura e di spaccature, mostrandoci l'insinuazione silenziosa di un uomo oscuro nelle dinamiche private e pubbliche di una coppia. In questo senso gioca un ruolo fondamentale la location: la cantina buia di Fonzic e l'appartamento irradiato di Simon ed Hélène. Una sorta di piramide sociale che non aiuta, però, a prendere le giuste distanze tra la verità e la menzogna, anche se è comprensibile la rappresentazione del contrasto tra i due elementi portati del film. Le teorie assurde di Fonzic, dunque, nascono nell'ombra, e finiscono per infettare (letteralmente) quella parte di civiltà comunque non esente dalle colpe. Colpe sapientemente nascoste sotto il tappeto.

Un protagonista (quasi) mai protagonista

Curioso, infatti, che l'ambiguità di Fonzic, sovraccaricato da un ottimo Francois Cluzet, faccia da collante alla storia, pur non venendo mai palesemente resa protagonista. Questo è un peccato, perché Philippe Le Guy prova a scagliarsi verso l'ingessatura di una società borghese latentemente menefreghista, in parallelo alla raffigurazione di un mellifluo negazionista che vorrebbe passare per vittima di una realtà che rifiuta il confronto.

Un Ombra Sulla Verita Photo Credits Caroline Bottaro 2
Un'ombra sulla verità: una sequenza

Del resto, la tensione, che accompagna le due ore di film (forse un tantino troppe), viene supportata dall'ansia generata da un uomo misterioso che finisce per conquistare la fiducia dei condomini, aprendosi un varco verso gli affetti più cari di Simon. Uno squarcio che non verrà del tutto richiuso, e che mostra quanto il revisionismo storico, che viaggia attraverso assurde cospirazioni on-line, si muova come un serpente silenzioso pronto a mordere, iniettando un veleno da cui è quasi impossibile salvarsi.

Conclusioni

Riassumendo la nostra recensione di Un'Ombra sulla Verità, torniamo a dire quanto il cast (in particolar modo François Cluzet) sia tutto perfettamente in parte, e torniamo a dire quanto sia riuscita contrapposizione visiva tra verità e menzogna. L'approccio da thriller aiuta, poi, il senso di un racconto decisamente attuale e incentrato sul germe del negazionismo. Dall'altra parte, la visione è accompagnata da alcune marcate forzature e, quello che dovrebbe essere il villain principale, non viene approfondito nel migliore dei modi.

Movieplayer.it
2.5/5
Voto medio
3.9/5

Perché ci piace

  • La contrapposizione visiva tra verità e menzogna.
  • Il tema, attualissimo, dei negazionisti antisemiti.
  • Il cast, tutti in parte.

Cosa non va

  • Il personaggio di Fonzic non viene mai approfondito a dovere.
  • Un contratto sulla parola ma non ancora firmato non può essere annullato. Una forzatura giuridica che non sta in piedi e che finisce per influenzare tutto il film.
  • La durata, dieci minuti in meno avrebbero aiutato.