Una vita violenta, la recensione: Parabole della lotta armata

La recensione di Una vita violenta, secondo lungometraggio di Thierry de Peretti, un implacabile racconto sulla radicalizzazione del movimento nazionalista corso.

Una Vita Violenta 7
Una vita violenta: un momento del film diretto da Thierry de Peretti

Evocativo sin dal titolo, cronachistico nel suo essere disincantato racconto del reale, politico per la scelta dei contenuti. È necessario partire da questi presupposti per addentrarsi nella recensione di Una vita violenta di Thierry de Peretti, film in sala dal 23 maggio, presentato nel 2017 alla Semaine de la Critique di Cannes. Dopo l'esordio con Apache è il secondo lungometraggio del regista corso a essere ambientato in Corsica, la terra in cui è nato e cresciuto, un paese scosso da decenni di lotte armate, violenze, tensioni politiche e profonda confusione. Gli anni su cui si concentra la narrazione asciutta e rigorosa del film sono quelli compresi tra il 1990 e il 2001, quando il Fronte di Liberazione Nazionale della Corsica, nato sotto le spinte indipendentiste negli anni '70, si scinde in due: da una parte il Canale Ufficiale FLNC e dall'altra l'ala più radicale che apre le porte al crimine organizzato.

Thierry de Peretti riprende le diverse tappe evolutive del movimento, focalizzandosi sulla crescente spirale di violenza nella quale culminerà la lotta fratricida nata al suo interno: attentati, omicidi, esplosioni e brutali esecuzioni tanto nella Francia metropolitana quanto nella Corsica suburbana. Un affresco spietato che pone la giusta distanza tra narratore e fatti narrati, quanto basta per scattare una fotografia al calor bianco, che trascende dal semplice resoconto sociopolitico e sospende il giudizio.

Al centro della trama un lucido racconto del reale

Una Vita Violenta 9
Una vita violenta: una scena del film

"Non un'apologia della rivoluzione", precisa de Peretti, ma un'istantanea di un "periodo marginale e di passaggio, di una via di mezzo del nazionalismo". "Ho ritratto le persone che hanno creduto nel movimento, ho dato parola a chi difficilmente l'avrebbe avuta", spiega. La trama di Una vita violenta segue la parabola di antieroe di Stéphane (Jean Michelangeli), giovane combattente del fronte nazionalista, che dall'esilio forzato a Parigi decide di tornare in Corsica per partecipare al funerale del suo migliore amico e compagno d'armi, Christophe, ucciso brutalmente il giorno prima. Per Stéphane è l'occasione di ripercorrere gli eventi che dalle velleità rivoluzionarie di giovane studente di scienze politiche a Bastia, lo hanno portato alla radicalizzazione e alla clandestinità nella capitale francese. Il regista affida il compito di ricostruire le vicende passate del protagonista a lunghi flashback, introdotti da un agghiacciante piano sequenza nella campagna corsa dove si consuma un'esecuzione in piena regola tra spari e corpi carbonizzati: una manciata di minuti che scorre muta sullo schermo, fino a quando il silenzio incombente non verrà interrotto dall'esplosione dei colpi di pistola e dal sibilo delle fiamme che divampano da un auto.

Una Vita Violenta 4
Una vita violenta: un primo piano di uno dei protagonisti

Una sequenza di straordinaria potenza che diventa simulacro di un'epoca controversa, mentre l'occhio lucido di de Peretti guarda tutto da lontano. Prima di raccontare con lo stesso distacco e il medesimo implacabile sguardo il cammino di Stéphane: la vita da intellettuale borghese a Bastia, gli studi, la parentesi carceraria, la radicalizzazione, la passione rivoluzionaria, la militanza e la deriva violenta. La storia, che combina la dimensione più intima e interiore del singolo con quella epica della lotta armata, è anche il ritratto di una gioventù perduta, di ideali che finiscono per infrangersi sulla realtà a meno di soluzioni compromissorie che lo scontro armato non ammette.

Apache: tutti i cattivi ragazzi corsi di Thierry De Peretti

Il cast di attori tra realismo e regia creativa

Una Vita Violenta 5
Una vita violenta: una scena del film drammatico

Il titolo evoca l'omonimo romanzo di Pier Paolo Pasolini, anche se la storia non ha nulla in comune con quella narrata dall'opera pasoliniana del 1956. Ma lo scrittore rimane un riferimento importante per il regista e non solo per Una vita violenta: dentro per sua stessa ammissione c'è anche " 'Appunti per un' Orestiade africana', perché è il simbolo di un'opera aperta", proprio come questa, debitrice di quella che de Peretti definisce "una regia creativa costruita insieme agli attori scena dopo scena".

E non a caso sono proprio loro l'altra grande rivelazione del film: un cast di attori assolutamente credibili e verosimili a partire dall'esordiente Jean Michelangeli, crepuscolare e tragico personaggio antieroico, ispirato alla figura realmente esistita di Nicolas Montigny, un giovane militante nazionalista assassinato a Bastia nel 2001. Thierry de Peretti ha iniziato a lavorare con gli interpreti che avrebbero dovuto "impadronirsi" di personaggi complessi già un anno e mezzo prima delle riprese, sin dalla fase di scrittura. "La preparazione è diventata così pratica davanti alla macchina da presa", racconta. Il risultato è un impietoso realismo, che da un lato rincorre la ricostruzione filologica, dall'altro diventa pretesto per riflettere sul presente.

Conclusioni

Concludiamo la recensione di Una vita violenta con la certezza di aver trovato un autore che fa dell'autenticità il proprio punto di forza. Coraggioso e convinto cinema del reale, che da una lato rincorre la ricostruzione filologica e dall’altro diventa pretesto per riflettere sul presente e diventare militanza pura. Il merito di Thierry de Peretti è anche quello di rispolverare una storia poco nota e farla conoscere al pubblico meno informato. Il film si fa apprezzare nel suo rigore e nella semplicità di un racconto che non ha bisogno di enfasi o di atti eroici: basta la vita che qui si rivela nei suoi risvolti più viscerali e tragici.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
3.0/5

Perché ci piace

  • Il rigore, l'asciuttezza e l'autenticità con cui il regista fotografa un periodo storico di passaggio del movimento nazionalista corso, dando voce a chi non l'ha mai avuta.
  • Un cast di attori assolutamente in linea con il realismo dell'intero film: autentici e naturali. Non ci sarà un solo momento in cui non gli crederete.
  • L'abilità con cui Thierry de Peretti combina la dimensione più intima e tragica del singolo con quella più ampia e epica della lotta armata. Un equilibrato mix di ideologia, politica e spinte individualistiche.

Cosa non va

  • Qualche lungaggine di troppo, che potrebbe stancare lo spettatore meno paziente o avvezzo a un racconto del genere.