Un ringraziamento da ricordare
April Burns ha ventuno anni, tanti piercing e tatuaggi, un fidanzato che la ama, una storia di ribellione giovanile, vandalismo e droga alle spalle, e una madre che sta morendo di cancro. L'ultima possibilità che April ha di ricucire il rapporto con la madre, e, di conseguenza, con il resto della famiglia, è invitare tutti nel suo misero appartamento di New York per il Giorno del Ringraziamento e cucinare un ottimo pranzo con tanto di tacchino ripieno; solo così potrà dimostrare di non essere la cattiva ragazza che non ha mai combinato niente di buono nella vita. Ma le cose non vanno come previsto: poche ore prima dell'arrivo dei genitori il forno si rompe, costringendo April a chiedere l'aiuto degli eccentrici vicini di casa e ad affrontare ogni sorta di contrattempi per portare a termine la cottura del tanto sospirato tacchino.
Peter Hedges, già sceneggiatore di successo (suoi sono gli script di Buon Compleanno Mr. Grape e About a boy - Un ragazzo), sceglie di esordire nella regia con una commedia dolceamara presentata in concorso al Sundance Film Festival 2003. Il film, realizzato con un budget bassissimo di solo 300 mila dollari ("Il budget del solo catering delle produzioni hollywoodiane"), è stato girato in perfetto stile Dogma, completamente in digitale con macchina a mano e luce naturale. Il risultato ottenuto penalizza, ovviamente, la qualità dell'immagine, le riprese risultano piuttosto sciatte e traballanti, ma quello che è, in apparenza, un difetto del film, viene trasformato con intelligenza in un punto di forza: l'effetto pellicola amatoriale pone, infatti, l'accento sull'aspetto emozionale e personale della vicenda, donandogli un tono più intimo e confidenziale, effetto ulteriormente accentuato dall'uso di stopframe che mimano le fotografie scattate dal fratello di April durante la riunione di famiglia che conclude il film. La storia si concentra tutta in una manciata di ore, dal mattino presto all'ora di pranzo, e Hedges si mostra abile nel costruire una struttura rigorosa scandita dall'alternanza tra i due blocchi narrativi principali: le peripezie di April, alle prese con il pranzo ed il vicinato, ed il viaggio della famiglia Burns dalla Pennsylvania ai sobborghi del Lower East Side. Unica concessione a quest'alternanza, le brevi divagazioni nel mostrare il fidanzato di April, Bobby, che cerca di prepararsi al meglio per l'incontro con la famiglia di lei.
La vicenda, parzialmente autobiografica (Schegge di April è stato scritto da Peter Hedges poco tempo dopo la morte della madre malata di cancro), affronta temi drammatici: il conflitto tra genitori e figli, la malattia, il perdono, l'impossibilità di comunicare, lo scorrere implacabile del tempo, ma il tono della pellicola è tutt'altro che melodrammatico. Il regista riesce, grazie anche ad un ottimo cast, a tratteggiare con ironia e leggerezza situazioni difficili e delicate, che sfociano, talvolta, in veri e propri siparietti comici: irresistibile è la galleria multietnica dei vicini a cui April si rivolge per poter cuocere il suo tacchino, tra afroamericani prodighi di consigli, vegane turbate dall'idea di cuocere "qualcosa che una volta aveva sentimenti" e cinesi ignari di cosa sia il Giorno del Ringraziamento, si distingue lo piscotico Wayne (un grande Sean Hayes), ossessionato dal proprio cane, dalle buone maniere e dal forno appena acquistato. All'interno del nucleo familiare di April spicca, invece, una meravigliosa Patricia Clarkson nei panni di Joy, madre sofferente consumata nel fisico dal cancro, ma dotata di grande forza di volontà e di feroce ironia, un groviglio di rimpianti, rabbia e paure, che cerca disperatamente di guadagnarsi l'unico ricordo gioioso della figlia prima di andarsene per sempre. Un'interpretazione che ha ottenuto una meritata nomination all'Oscar come miglior attrice non protagonista. Accanto a lei Oliver Platt nei panni del marito amorevole e accomodante, una figlia modello impegnata a combattere lo spettro della sorella maggiore April, un figlio con l'hobby della fotografia, e l'anziana madre che vive in una casa di cura e neanche ricorda i nomi dei nipoti. Alla fine Schegge di April si rivela una piccola commedia umana senza molte pretese, ma capace di suscitare sentimenti veri. Di fronte a tanto cinema maestoso ed artefatto, l'ottimo script e la realizzazione tecnica sotto tono della pellicola lasciano il segno nello spettatore, soprattutto nel finale, là dove ogni dialogo cessa per lasciar parlare unicamente le immagini, o meglio, le fotografie che immortalano definitivamente quei frammenti di ricordi di cui tutti hanno bisogno per guardare avanti.
Movieplayer.it
3.0/5