Un mondo, tanti vini
La globalizzazione, quella "cattiva", quella che sfrutta e riduce le complessità e le diversità culturali, che omogeneizza, che appiattisce, spesso identificata nel colosso del fast food McDonalds, non riguarda solo panini con l'hamburger e cola, ma anche bevande ben più nobili, complesse e raffinate come il vino. È questo che il regista Jonathan Nossiter vuole raccontare in Mondovino: la globalizzazione economico-industriale e più propriamente enologica che colpisce il nettare degli dei ma anche (e forse soprattutto) il problema dell'appiattimento e dell'omologazione del gusto, che esso riguardi il vino, il cibo ma anche l'abbigliamento e il cinema.
Mondovino è molto di più di una puntata estesa di Linea Verde, come qualche autorevole critico ha scritto con molta ironia. È un documentario che nelle sue oltre due ore di narrazione conquista e avvince lo spettatore, che sia bevitore o meno, enologo o astemio, proprio in virtù del suo occuparsi in profondità di una questione (quella del vino, appunto) ma di farne al tempo stesso metafora di qualcosa di più ampio e complesso. Mondovino è un film politico, a volte troppo, e questo è al tempo stesso il suo maggior pregio e il suo maggior difetto.
Viaggiando dagli Stati Uniti alla Francia, passando per l'Italia, il Brasile e l'Argentina, Nossiter parte da una singola questione per affrontare un versante molto ampio di discussione. La questione è la lotta che ha visto protagonista un piccolo paesino della Borgogna, Aniane, lotta tra i produttori locali e la famiglia Mondavi. I Mondavi, di origine italiana, hanno creato nella Napa Valley californiana un vero e proprio impero del vino, che dagli USA si è allargato in tutto il mondo. Tanto per fare un esempio i Mondavi sono direttamente o indirettamente proprietari di alcuni dei più prestigiosi marchi del vino Toscano attraverso le loro alleanza con la famiglia Antinori prima e Frescobaldi poi. I Mondavi producono vini di grandissimo pregio, esaltati dal critico numero uno del mondo, Robert Parker e supportati da un enologo-superstar come Michel Rolland. Qual è il problema allora? È che secondo alcuni, tra cui Nossiter e molti dei produttori di vino di Aniane e non solo, la perversa e non ufficiale alleanza tra i Mondavi, Rolland e Parker fa sì che il vino prodotto da questa vera e propria multinazionale sia tutto se non uguale, molto simile, indipendentemente che venga prodotto in Francia, in California, in Italia o in Argentina. Non c'è legame con quello che nel mondo del vino si chiama "terroir", ovvero quell'insieme di fattori geologici (il terreno appunto), geografici (la posizione delle vigne), climatici e via dicendo che fa sì che il vino derivante dalla vendemmia di quella specifica vigna posta in quello specifico sito sia diverso da qualunque altro. È per questo che gli abitanti di Aniane si sono opposti ai mondavi, che i tradizionalisti del vino vedono loro e Rolland di cattivo occhio: i loro vini stanno omogeneizzando il gusto mondiale, con vini simili tra loro e semplificati, addomesticati nel gusto in modo da incontrare i favori della maggior fetta possibile di consumatori. Insomma, Nossiter in Mondovino mostra come la globalizzazione non risparmi nessuno, né dal punto di vista del cinismo affaristico né da quello dell'appiattimento delle differenze e delle complessità locali.
Una posizione indubbiamente politica, che come detto potrebbe essere metaforicamente applicata a molti dei prodotti di consumo che ci circondano, il cinema in primo piano. Un cinema sempre più deciso a tavolino, sempre più affannato nella necessità di spettacolarizzare/semplificare, sempre più uguale in tutto il mondo.
Pur condividendo le posizioni di Nossiter sia a livello enologico che ad uno più ampio, dobbiamo però ammettere di aver trovato del tutto fuori contesto i momenti in cui il regista ha calcato pesantemente la mano sul versante più propriamente e letteralmente politico, come nei momenti in cui si sono volute indagare/esaltare veri o presunti collaborazionismi di alcuni produttori francesi con i nazisti o tra le famiglie Antinori e Frescobaldi col fascismo. Questioni di sicuro interesse, ma del tutto fuori contesto nel quadro di un'opera che parla di tutt'altro.
Lievi scivoloni di gusto a parte, Mondovino è un altro documentario necessario nella sua franchezza e nel suo grido di allarme, che interesserà chi il vino lo ama e lo consce, anche nei suoi processi produttivi, ma anche chi s'interroga sul come e dove stia andando questo mondo, mondo/vino.