Da un festival all'altro, da Venezia a Roma. Ricordiamo benissimo il passaggio di successo alla Settimana della Critica di Zoran - il mio nipote scemo, anche se era il 2013 e sono passati dodici anni da allora. Lo ricordiamo perché è il film con cui avevamo imparato a conoscere l'esordiente Matteo Oleotto che abbiamo poi ritrovato anche in tv con una delle fiction più interessanti degli ultimi anni, Volevo fare la rockstar.

E ad anni di distanza da quel debutto e quel successo, siamo felici di ritrovarlo in un altro festival italiano, ad Alice nella Città, per un secondo lavoro per il cinema che conferma quanto di buono avevamo intuito nel 2013: siamo di fronte a un autore vero, con una propria idea di cinema e la capacità di portare su schermo una libertà e freschezza narrativa che è ormai merce rara. L'ultimo schiaffo è un secondo film riuscito a cui non può che far bene iniziare il cammino con largo anticipo rispetto all'uscita, per far parlare di sé e trovare quel pubblico che meriterà di avere quando arriverà in sala distribuito da Tucker.
Una storia natalizia... più o meno

Siamo quasi a Natale nella provincia del Friuli Venezia Giulia in cui la storia è ambientata (il film è stato girato a Cave nel Predil grazie alla Film Commission locale), ma per Petra e Jure le festività non sono quel momento di pace, serenità e calore familiare che tanti amano vivere. La vita dei due fratelli è una esistenza passata sottozero, in uno splendido contrasto col periodo in cui ci muoviamo, e per quanto ci siano abituati sulla lunga distanza il gelo invernale della regione rappresenta un problema per loro e per gli altri pochi abitanti della zona.
C'è una via d'uscita dalla loro situazione? C'è modo per dare una svolta alla propria esistenza per guadagnarsi un futuro migliore? In quanto tuttofare di montagna, i soldi di cui hanno bisogno scarseggiano, ma la scomparsa del cane Marlowe sembra quella speranza che aspettavano, grazie alla lauta ricompensa promessa per il ritrovamento.
Gli adorabili perdenti di Ultimo schiaffo
Matteo Oleotto si affida a una coppia di giovani interpreti per portare su schermo i due fratelli Petra e Jure, ovvero Adalgisa Manfrina e Massimiliano Motta, che rendono con energia e personalità le spente esistenze dei rispettivi personaggi, individui che lottano giorno dopo giorno contro le difficoltà della vita per rimanere a galla, per fare un altro difficile passo lungo il cammino della loro esistenza. Persone che da una parte vorrebbero qualcosa di più dalle loro vite, ma allo stesso tempo subiscono quel senso di inadeguatezza che rende così difficile crederci a sufficienza per cambiare le cose.

Funziona, quindi, la bizzarra coppia di protagonisti di Ultimo schiaffo, ma accanto a loro c'è comunque un pittoresco insieme di personaggi, oltre a un volto noto e carismatico come Giuseppe Battiston che diventa a suo modo una guida spirituale per un cast funzionale al progetto di Oleotto. D'altra parte questa è una storia costruita sui personaggi, sulle loro anime e storie, e il lavoro di casting è fondamentale per la sua riuscita.
Un autore con una sua idea di cinema
Se però tutto funziona, se l'alchimia riesce, è perché Matteo Oleotto conferma una propria personale visione, ma soprattutto la passione e divertita leggerezza con cui affronta le sue storie e i suoi personaggi. Una certa libertà narrativa che gli permette di annullare le distanze tra lui e noi spettatori, accogliendoci nel suo mondo, che è fatto di contrasti e scorrettezze, di una anarchia che diventa freschezza. Un secondo passo per il grande schermo dopo le comunque interessanti esperienze televisive e streaming in cui la sua mano è chiara e visibile, da perfetto direttore d'orchestra che conduce tutto con coerenza, dal montaggio alla musica, dal cast alla selezione delle location e dei luoghi che diventano dei personaggi a loro volta.

Una libertà espressiva che rende difficile una definizione. Un Black Comedy o commedia scorretta? Una storia natalizia sui generis? Poco importa, perché è forse proprio nell'inseguire generi e i recinti rigidi dei generi che stiamo perdendo, e stancando, il pubblico. Ben venga chi segue il proprio istinto e la propria passione per raccontarci una storia che non segue necessariamente un binario ben definito. Peccato solo che il film arrivi nelle sale soltanto a inizio 2026, perché sarebbe stata l'alternativa valida per chi cerca rifugio dall'eccesso di buonismo del periodo delle Feste.
Conclusioni
Bentornato sul grande schermo Matteo Oleotto! Dopo Zoran, Ultimo schiaffo conferma un autore che ha una propria voce e che racconta una storia con una sua libertà espressiva e senza inseguire rigidamente l'idea di un genere. Possiamo dire che il film sia una Black Comedy, ma è essenzialmente la storia di due adorabili e scorretti perdenti ben interpretati da Adalgisa Manfrina e Massimiliano Motta. Nel cast anche il solito bravo Giuseppe Battiston, per una storia di Natale sui generis che non cerca necessariamente di scaldare il cuore. Non in modo tradizionale, almeno.
Perché ci piace
- La conferma di Matteo Oleotto dopo il successo di Zoran nel 2013.
- Il cast, non solo nei nomi noti come Battiston, ma soprattutto per i due protagonisti Adalgisa Manfrina e Massimiliano Motta.
- La libertà narrativa che non cerca necessariamente di incasellarsi in un genere.
- I luoghi del Friuli Venezia Giulia che fanno da sfondo al racconto.
Cosa non va
- Non è un film per ogni tipo di pubblico, ma consigliamo di dargli comunque una possibilità.