"Volevo che il film non fosse un semplice racconto: doveva svelarsi, essere disordinato. Mi piace pensare che questa non sia una biografia, ma un ritratto. Molti dettagli della vita di Nan non sono nel film perché mi interessava di più capire le motivazioni alla base del suo attivismo". Laura Poitras, vincitrice nel 2015 del premio Oscar con il film Citizenfour, torna a raccontare una storia che dal particolare punta all'universale. In Tutta la bellezza e il dolore - All the Beauty and the Bloodshed racconta la vita della fotografa Nan Goldin, che diventa presto una traghettatrice attraverso una società piena di contraddizioni e punti oscuri.
Premiato con il Leone d'Oro a Venezia 2022, Tutta la bellezza e il dolore - All the Beauty and the Bloodshed è stato distribuito in sala da I Wonder Pictures come uscita evento il 12, 13 e 14 febbraio, ma, visto il successo, i giorni di proiezione sono stati prolungati. Anche questo film ha ricevuto una nomination Oscar come miglior documentario. Attraverso l'obbiettivo di Poitras e la voce narrante di Goldin, vediamo come l'arte sia ciò che ha permesso a queste due donne di dar eun senso alle proprie vite.
Seguiamo l'artista nella sua battaglia contro la famiglia Sacks, proprietaria della società farmaceutica Purdue Pharma, che, pur sapendo della grande dipendenza causata dall'ossicodone (un antidolorifico oppioide), ha continuato a vendere farmaci nocivi per la salute dei pazienti, provocando una vera e propria "epidemia di oppiodi".
Quella contro i Sacks però è solo l'ultima di una serie di battaglie cominciate fin da giovanissima, come ci ha detto la stessa regista Laura Poitras: "Scoprendo la sua vita vediamo come Nan abbia sempre respinto la società: c'è una crudeltà alla base della società contro cui si è sempre battuta. Volevo mostrare anche questa parte: che viene dall'esperienza, dalla tragedia, dal dolore. Il film non è mai stato cronologico: non abbiamo mai pensato di cominciare a raccontarla da giovane e poi finire con il processo. Abbiamo sempre considerato la linea narrativa contemporanea a fare da filo conduttore e poi gli altri livelli. Questi si sono sviluppati mentre lavoravamo: i documentari funzionano così. Una volta che inizi non sai mai dove ti porteranno".
L'arte come specchio della società
Nan Goldin ha cominciato a combattere le ingiustizie fin da piccola, vedendo il trattamento riservato a sua sorella Barbara, rifiutata dai genitori perché amava le donne: "Per me il cuore del film è sua sorella Barbara" dice Poitras, continuando: "il senso del lavoro di Nan come artista è la celebrazione delle persone che vivono ai margini della società. Lei le mette al centro: ama la contro-cultura, chi non segue le regole".
All the Beauty and the Bloodshed, la recensione: l'arte della giustizia
Le sue foto degli amici che frequentava a Bowery, quartiere popolato soprattutto da persone gay e queer, tra la fine degli anni '70 e i primi '80 hanno raccontato un mondo rimasto fino ad allora nascosto, sotterraneo. Questi scatti sono diventati il suo lavoro più famoso, The Ballad of Sexual Dependency (1985). Ed è da queste foto che nasce il suo attivismo a favore dei diritti della comunità LGBTQ+ e delle donne.
In questo senso la fotografia è diventata la voce di Nan. Così come la macchina da presa è quella di Laura Poitras: "Spero che il film mostri anche il potere dell'arte: prima di trovare la propria voce come fotografa, Nan non parlava. Letteralmente. Era in uno stato catatonico. La macchina fotografica è diventata il mezzo per raccontare il sui rapporto col mondo. L'arte ha dato uno scopo alla vita di Nan e allo stesso tempo ha cambiato quella di tante persone. Durante un'intervista una persona queer mi ha detto che le fotografie di Nan l'hanno aiutata a fare coming out: è una forza incredibile. Trovare la propria voce è una delle grandi domande di questo film. Persone come Nan parlano di rabbia, rabbia contro la crudeltà della società. Persone come lei combattono per una vita migliore e lo fanno tramite l'espressione artistica".
Chi sorveglia i sorveglianti?
In Watchman di Alan Moore c'è la celebre battuta "who watches the watchmen?", ovvero "chi sorveglia i sorveglianti?". Tutta la bellezza e il dolore - All the Beauty and the Bloodshed mostra esattamente questo: persone che in teoria dovrebbero fare il nostro bene, come medici, politici e poliziotti hanno stretto un'alleanza silenziosa in nome del vantaggio e del profitto, non facendo nulla per impedire la diffusione di un farmaco nocivo.
Come si fa quando chi dovrebbe aiutarci ci fa del male? Poitras non ha una risposta precisa: "Se non fosse tragico ci sarebbe da ridere e in effetti Nan è una persona davvero molto divertente: usa il suo umorismo per sopravvivere. È una delle domande del documentario: il film parla anche di potere. Nan lo combatte facendo arte non tradizionale. Spero che il film riesca davvero a raggiungere le persone: qualcuno combatte una dipendenza o la violenza domestica. Magari vedendolo potrebbero sentirsi visti e non sentirsi soli. Sentirsi più forti in qualche modo. Penso che il lavoro di Nan faccia esattamente questo".
La tragedia nella tragedia è quando però il male magari arriva da dove meno te lo aspetti: come quando la fotografa mostra le foto di sé con gli occhi tumefatti. Il suo compagno dell'epoca, geloso della sua libertà, le ha preso a pugni gli occhi, cercando di distruggere ciò che le permette di esprimersi. Un gesto terribile, che la regista fa fatica a citare: "Lui ha cercato di distruggere la sua capacità di vedere il mondo: è andato dritto verso i suoi occhi. Una cosa violentissima, inimmaginabile. Nel film lei lo dice: si è fotografata in quello stato per rendere reale ciò che era successo, mostrarlo. È un altro modo per combattere per la verità".
La famiglia Sacks e la bugia del sono americano
Dalle immagini di Tutta la bellezza e il dolore - All the Beauty and the Bloodshed scopriamo un paese fortemente classista, razzista, misogino, schiavo del denaro. Una fotografia deprimente. Laura Poitras ne è consapevole: "Il sogno americano è un mito: gli Stati Uniti sono un impero globale, che ha causato danni terribili nel mondo. Come cittadina americana il mio lavoro è confrontarmi con quel potere e cercare di portarlo allo scoperto. Ci comportiamo come i buoni, ci facciamo belli con i diritti umani, ma poi non li rispettiamo, non proteggiamo i nostri stessi cittadini. Difendiamo invece le cose sbagliate: il profitto, l'avidità. Il mio lavoro è proprio quello di smantellare il mito del sogno americano".
Tutta la bellezza e il dolore: trailer
D'altra parte come si fa a non pensare a un incubo quando vengono a galla storie come quelle della famiglia Sacks, che, in nome del profitto, ha permesso e causato la morte di migliaia di persone? Una domanda che non ha risposte semplici: "È la tragedia della società: per 20 anni si è saputo che l'ossicodone crea una forte dipendenza. Ma hanno continuato a promuoverlo per fare soldi. Gli stessi dottori hanno continuato a prescriverlo a fronte di vantaggi personali. Ed è terribile: quando un dottore ti prescrive qualcosa pensi che stia facendo il tuo bene, che sia eticamente obbligato a pensare alla tua sicurezza. Invece a volte questo sistema fallisce. È un fallimento completo: delle case farmaceutiche, del governo, della società. Nessuno fa niente. Il film dipinge un quadro davvero oscuro della società americana, che appare guidata dall'avidità e dal profitto. Una società così sembra quasi felice della distruzione di massa. Non so cosa si possa fare in questa oscurità. Magari il film può essere uno specchio: la protesta di Nan ci mostra questo lato tremendo del mondo. Fa vedere come in questo caso il sistema politico e giudiziario abbiano fallito".