Presentato stamattina alla Mostra di Venezia, fuori dalla sezione competitiva, Passione, il documentario dell'attore e regista John Turturro sulla canzone napoletana. Turturro, che lo scorso anno aveva diretto il film documentario Prove per una tragedia siciliana, quest'anno ha portato al Lido una delegazione di famosi esponenti della canzone popolare napoletana, dall'attore teatrale Peppe Barra a Raiz, leader del gruppo Almamegretta, testimoni di due epoche diverse ma che ha saputo riunire nel suo interessante documentario. Passione, che prende il titolo da una poetica canzone del repertorio classico, è una co-produzione italo-americana, proprio come il regista stesso, che sarà distribuito a ottobre nelle sale da Cinecittà Luce e ha già riscosso un'accoglienza positiva a New York, dove, ci ha raccontato Turturro, è stato a lungo applaudito. Turturro, che nei titoli del film si è simpaticamente firmato con l'alias partenopeo Giuà e che aveva già mostrato il suo interesse per la città, la cultura e la tradizione campane portando nei teatri napoletani un suo adattamento di Questi fantasmi di Eduardo De Filippo, è riuscito a ritrarre attraverso un percorso visivo che tocca corde diverse, dal lirismo con i brani eseguiti a cappella al divertimento con un mini-videoclip con Fiorello, la dualità di una città che sembra averlo incantato e dove ha studiato a lungo, esplorando e scoprendo la molteplicità tematica e la varietà "glocale" della musica che da sempre accompagna, nel bene e nel male, tra il passato e il presente, Napoli e i suoi cittadini del mondo.
Signor Turturro l'anno scorso ci aveva portato in Sicilia, quest'anno la ritroviamo a Napoli che nel suo film lei definisce "il juke-box più grande del mondo". Ma un juke-box è in grado di contenere tutto?
Il suo percorso dentro Napoli è molto personale. Come ha selezionato le varie tappe del suo viaggio? John Turturro: Io amo tantissimo la musica e sono cresciuto in una casa piena di musica. Federico Vacalebre (insegnante) mi ha fatto conoscere migliaia di canzoni napoletane e per anni a casa mia si ascoltava solo musica napoletana. All'inizio conoscevo pochi dei cantanti che poi ho voluto nel film quindi è stato una grande scoperta.
Lei ha eliminato i cliché su Napoli, si è ispirato a qualche film particolare?
John Turturro: No, è stata un'avventura che ci ha fatto scoprire tanto. Penso che la musica napoletana sia una musica internazionale e senza tempo. La cultura di Napoli è una cultura internazionale, si sentono le influenze dell'Africa, della Francia, della Spagna... Non volevo che il film fosse nostalgico.
Simona Paggi (montatrice): Questo film è stato per noi una scommessa perché eravamo stranieri rispetto a Napoli. Il discorso dei cliché l'abbiamo affrontato fin dall'inizio. La scelta di Turturro, che è americano, poteva essere un rischio, così abbiamo sottotitolato i testi delle canzoni come se fossero insieme un testo del film, le parole di un racconto.
In una parte del film lei dice di essersi innamorato anche della povertà dei napoletani. Cosa intendeva? John Turturro: Abbiamo girato nelle parti più povere della città perché sono alcune delle più interessanti e dove le persone hanno più bisogno della musica. credo che quella fosse una parte essenziale del DNA napoletano.
Questo film rappresenta un tentativo di rilancio della musica napoletana nel mondo. C'è la possibilità di continuare questo percorso?
E' vero che lei ha cercato la perfezione in maniera quasi maniacale sul set?
John Turturro: Credo che dovrebbero essere gli attori a parlare del set...
Raiz: Abbiamo girato per strada, che è stato il nostro set e la strada di Napoli è sempre dura. Lui è stato molto bravo a rispettarla e a creare un clima piacevole con le persone. Cercava di parlare e di farsi capire senza tradire il suo DNA italiano. A un certo punto sembrava che si esprimesse in una lingua che assomigliava al napoletano quindi è stato anche rispettato per strada.
Nel film mancano esponenti come Murolo... Come mai questa scelta?
John Turturro: Era impossibile che ci fossero tutti i cantanti napoletani nel film, ma abbiamo cercato di metterci il loro spirito. Dovevamo essere fedeli a un progetto, e questo non doveva essere un film storico.
Peppe Barra: Quando io canto, canto anche con la voce di Roberto Murolo...
Per voi cantanti, napoletani di origine o acquisiti, com'è stata quest'esperienza a Napoli?
Misia: Questo tipo di canzone ha un destino immobile e immutabile mentre per tradizione si è sempre cercato di cambiare e adattarsi alla novità, cosa che invece a Napoli non è successa. Io credo che quello che resta sia sempre la stessa energia di comunicare attraverso le canzoni che danno un tipo speciale di emozione.
M'Barka Ben Taleb: Per me era la prima esperienza davanti alla macchina da presa e John è stato come un grande papà. Questo bellissimo film unisce i grandi e i giovani della canzone napoletana e fa intrecciare tutte le lingue del mondo. E' un film senza frontiere dove si trovano tutte le lingue ma anche la vera lingua napoletana.
Max Casella: E' stato bellissimo e terrificante insieme girare a Napoli. C'era cinema e teatro ovunque sui set. Turturro invitava tutti a esprimere la propria opinione, nutrendo i lati più forti. Le riprese sono durate quasi un mese e per me sono state tre settimane indimenticabili.
Peppe Barra: Vivere a Napoli è difficile. Io credo di essere tra i pochi attori napoletani a essere rimasto a Napoli. Per i cantanti e gli attori della mia città che hanno portato avanti un recupero della tradizione un film come questo è importante. In fondo Passione ha utilizzato anche quelle forze che dal '77 hanno lottato per recuperare la cultura etnica popolare campana di cui altrimenti forse oggi non potremmo parlare. Bisogna fare attenzione che le nostre radici vengano protette e divulgate tra i giovani e questo filo rosso di canzoni, tammurriate, filastrocche e di energia protegge il Sud e anche il Nord. La forza dei cantanti giovani è quella tratta dal nostro DNA ma soprattutto dall'amore, che John Turturro ha per Napoli e ha messo in questo film. Va rispettata tutta questa gioia che fortunatamente abbiamo ancora a Napoli, il desiderio di farci conoscere oltre le cose brutte, anche per i momenti di luce.
Raiz e Peppe Barra nel film viene anche citato San Gennaro. Voi come e cosa cantereste a Napoli se foste San Gennaro?
Peppe Barra: Essendo San Gennaro un santo popolare, credo che abbia il nostro stesso linguaggio, non c'è differenza, solo che a noi non si scioglie il sangue!
Raiz: Sono d'accordo perché se è vero che il santo rappresenta l'anima della città è così!
Qual è il futuro di questo film? Luciano Sovena: Il film uscirà a ottobre con una prima mondiale a Napoli, com'è giusto che sia.