Totò: 5 stranezze che forse non conoscete sul Principe della risata

Tutti i grandi artisti sono un po' eccentrici... e come avrebbe potuto non esserlo il grande Totò? Il Principe della Risata ci ha lasciati 50 anni fa. Quanto conoscete della sua personalità?

Antonio De Curtis, in arte Totò, detto anche "il Principe della Risata". Tutti lo conoscono e in pochi possono vantarsene davvero. Tutti noi abbiamo presenti le sue smorfie, la sua faccia con il sorriso sbilenco e il mento pronunciato (risultato di un pugno da parte di uno dei suoi precettori mentre era in collegio, da ragazzino), ciascuno di noi ha fissata nella propria memoria almeno una battuta, se non addirittura la scena di un film. Purtroppo Totò conobbe un momentaneo oblio poco dopo la sua morte, complice una critica cinematografica che cercava l'impegno sociale e la differenziazione, e che lo aveva sempre accusato di "fare sempre le stesse cose".

Totò in una scena del film Un turco napoletano
Totò in una scena del film Un turco napoletano

Totò era una maschera, principalmente teatrale, che aveva conosciuto la fama calcando il palcoscenico, e che aveva portato a livelli altissimi il nostro varietà. Un vero divo, che arrivò al cinema piuttosto tardi, a quasi quarant'anni, ma che poi "recuperò" recitando in un centinaio di film, ai quali vanno aggiunti poi quelli di montaggio. Pensare che in ciascuno di essi potesse caratterizzare un personaggio all'infuori di se stesso sarebbe svilire la sua natura di personaggio pubblico e teatrale, una forma artistica oggi troppo spesso vilipesa. Molto meglio allora sarebbe paragonarlo ai comici che finiscono al cinema nelle commedie all'italiana di oggi, ma anche questa operazione avrebbe una coerenza solo superficiale. Totò era sempre e solo se stesso, mai svenduto a ciò che poteva accontentare il pubblico, sempre attento anzi alle bassezze umane e pronto e riprodurle per sbeffeggiarle; mai al servizio del potere, ma sempre contro, in un continuo sberleffo che mirava a minarne qualunque equilibrio.

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La sua riscoperta negli anni Settanta fu l'inizio di qualcosa di inarrestabile. Grazie alla progressiva diffusione della televisione poi, la maschera di Totò divenne leggenda. Oggi i film che lo vedevano coinvolto passano continuamente in TV e, come tutte le icone, Totò è divenuto qualcosa che genera una certa reverenzialità, senza neppure sapere bene il perché. Dietro questa maschera però c'era un uomo, e noi oggi vogliamo elencarvi cinque stranezze di Antonio De Curtis che forse non conoscete...

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1. "Siamo uomini o caporali?"

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La celeberrima battuta del comico napoletano è ispirata a una persona realmente esistita. La parola "caporale" per Totò era il massimo insulto possibile da indirizzare a un altro essere umano. L'origine di questa vera e propria fissazione è da ricercarsi negli anni in cui il giovane Antonio si arruolò militare, durante la Prima Guerra Mondiale. Dopo vari trasferimenti e dopo aver utilizzato le sue doti attoriali per fingersi epilettico e non partire al fronte in compagnia di alcuni soldati marocchini, fu assegnato all'88° Reggimento Fanteria "Friuli" di stanza a Livorno, e conobbe il famoso caporale. Pare che il graduato fosse particolarmente fastidioso e inviso ai più, ma che con questo giovane attore si accanì in modo particolare, rendendolo oggetto di soprusi e bassezze completamente gratuiti. Da allora per Totò, un caporale non è un uomo, ma l'epitome stessa dell'infame. Siamo uomini o caporali divenne poi il titolo di un censuratissimo film del 1955 diretto da Camillo Mastrocinque.

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2. La superstizione non vale al cimitero

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Da bravo napoletano, per di più ultracattolico - e aggiungiamo noi, da vero uomo di teatro - Totò era molto superstizioso. "Odio i gatti neri, sussulto se si versa l'olio e non faccio niente di venerdì", dichiarò durante un'intervista. "Credo anche che esistano gli jettatori e, per ingraziarmeli, neutralizzando così i loro influssi malefici, fingo di trovarli simpatici, li tratto bene, arrivo persino a coccolarli". Tutta questa superstizione però sembra una contraddizione se si pensa che Totò possedeva un loculo nel cimitero monumentale Al Verano di Roma, e che sovente ci si infilava rimanendoci anche un'intera notte. La verità però è che, durante il Ventennio fascista, Totò e molti altri artisti contrari al potere venivano spesso perseguitati. In particolare, durante le repliche della rivista "Fascino" (particolarmente invisa al regime per il gioco di parole Fasci-no) furono molte le retate e le volte in cui la polizia lo attese alla fine dello spettacolo. Avvisato da alcuni lavoratori del teatro, Totò scappava da un'uscita laterale e andava a rifugiarsi nel suo loculo, al cimitero. Solo pochissime persone molto fidate sapevano che ne possedeva uno. E in seguito più volte il superstizioso Totò dichiarò di "Non aver mai provato alcuna paura in mezzo ai morti. Sono i vivi, a volte, ad essere spaventosi".

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3. Il suo stemma nobiliare... da bagno!

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Forse non tutti sanno che il piccolo Antonio, all'anagrafe, risultava NN. Figlio di nessuno. Sua madre, Anna Clemente, era una giovane palermitana che ebbe una relazione con il Marchese Giuseppe De Curtis, che non riconobbe il figlio se non molti anni dopo. Antonio Vincenzo Stefano Clemente fu poi adottato nel 1933 dal Marchese Francesco Maria Gagliardi Focas, assumendone quindi anche il titolo nobiliare e altri nomi. Per tutta la vita Totò fu segnato da quella doppia N, e la sua fu un'incessante ricerca di identità, di riscatto, soprattutto nobiliare. Dopo anni di ricerche e richieste di ufficializzazioni, di libri e alberi genealogici studiati in innumerevoli biblioteche, incontri con avvocati e notari, il nome completo del nostro divenne Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfiro-genito Gagliardi de Curtis di Bisanzio, Principe. Ma dopo tanto penare e gridare ai quattro venti che lui non era un "figlio di nessuno", bensì un principe bizantino, pare che Totò tenesse il suo stemma nobiliare bene in vista sul copri-water del bagno principale, in casa sua. "Ho voluto dimostrare le mie origini", spiegò un giorno a un amico che gli chiese spiegazioni, "Ma il Principe De Curtis non mi ha mai dato da mangiare. A farlo è stato sempre e solo Totò".

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4. Malafemmena - Totò e le donne

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Oggi un divo amato dalle donne ha un aspetto un po' diverso da Totò. Per questo forse si fa fatica a pensare che il Principe della Risata fu un vero "sciupafemmine". Molte e varie furono le sue amanti, di qualunque estrazione sociale. Del resto Totò amava le donne. "La donna è la cosa più bella del mondo. Meno male che nostro Signore, per crearla, tolse una costola ad Adamo. Meglio una costola maschile in meno e una femmina in più", fu una sua famosa esternazione. Le donne gli cadevano letteralmente ai piedi, soprattutto quando era un teatrante. Ma il suo atteggiamento fu sempre un po' quello del coccodrillo che piange le famose lacrime dopo aver divorato i figli. Celebre il suo amore con Liliana Castagnola, starlette del burlesque italiano dell'epoca, comunemente detta "sciantosa" da un popolo che poco capiva ancora quell'arte. Liliana aveva fatto quasi scoppiare ostilità tra due stati, avendo flirtato con importanti capi di governo. Era famosa in Europa, corteggiata e viziata. Ma quando seppe che Totò si sarebbe esibito a Roma per la prima volta, si recò a teatro da sola, e gli fece avere i suoi saluti e complimenti in camerino. Totò era solito inviare fiori alle ammiratrici che gli interessavano, e così fece con lei. Il loro amore fu famoso e turbolento. Lui era geloso e voleva che lei lasciasse le scene. Liliana si struggeva per questo uomo distante e insieme focoso e arrivò a suicidarsi. La lettera d'addio a Totò che fu trovata accanto al suo corpo statuario è quella di una diva che, fino all'ultimo, tenta la seduzione sperando in un salvataggio che non arrivò mai. Totò non la dimenticò mai e, in suo omaggio, chiamò la sua prima figlia Liliana.

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Il lupo però, come è noto, perde il pelo ma non il vizio. Il primo matrimonio di Antonio naufragò tra incomprensioni, assenze e tradimenti. Diana Bandini Rogliani sospettava da tempo che il comportamento di suo marito non fosse tra i più nobili. Quando scoprì la tresca fra Totò e Silvana Pampanini, altra desideratissima donna dell'epoca, se ne andò per risposarsi poco dopo. Come pure la figlia Liliana, stufa delle inaccettabili restrizioni che suo padre le imponeva. Totò se la prese con Silvana, come se la colpa fosse sua, e scrisse la celebratissima canzone Malafemmena. Tutti i diritti della canzone furono intestati alla ex moglie Diana, in richiesta di perdono. Diana in seguito divenne la sua concubina, oggetto di focosi slanci d'amore. "Le corna dell'amante si svitano, quelle della moglie marchiano un uomo", era la sua frase ricorrente. Gli slanci di gelosia di Totò e i suoi tradimenti furono ciò che portò Diana ad andarsene. Ma quando il suo secondo matrimonio fallì, tornò tra le braccia di Totò, che la accolse come amante anche se si era già risposato con Franca Faldini. Diana, di diciotto anni più giovane, lo amò fino alla morte. Anche lei arrivò a impazzire. La figlia Liliana racconta che, prossima alla morte, ordinava ancora alla domestica di apparecchiare per due. "Mio marito tarda a rincasare, ma alla fine torna sempre da me".

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5. L'amore per gli animali

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Chi è guitto, spesso lo è con tutti. Così anche le amicizie di Totò furono segnate da diffidenze, bassezze e tradimenti. Più che gli esseri umani, amava gli animali e non ne faceva mistero. Soprattutto i cani. "Amo tanto gli animali per il semplice motivo che li trovo migliori degli uomini". Ma se questa affermazione un po' superficiale oggi trova riscontro in molte persone, Totò arrivava ad esasperarla: "Mangio più volentieri con un cane che con un mio simile. Come commensale è meglio un animale fidato che un falso amico". Innumerevoli le sue donazioni ai canili cittadini. E le dichiarazioni di sfiducia nei confronti di chi la beneficenza la ostenta o la scarica dalle tasse: "Se per aiutare il prossimo rinunci a qualcosa, fai veramente del bene. Altrimenti che bene è?". E d'altro canto, la sua generosità economica non è mai mancata, nemmeno per quei buffi animali degli umani.