Sarebbe dovuto arrivare in sala il 12 marzo ma l'epidemia gli si è schiantata addosso. Per questo Tornare, il nuovo film di Cristina Comencini presentato alla scorsa Festa del Cinema di Roma, arriva direttamente on demand (dal **4 maggio sulle piattaforme Sky Primafila Premiere, Timvision, Chili, Google Play, Infinity, CG Digital, Rakuten TV) come già hanno fatto altri titoli italiani altrimenti bloccati in attesa della riapertura delle sale. "Una scelta deliberata, una decisione collettiva e condivisa con i produttori e il distributore, e non un'imposizione", precisa la regista.
"Il cinema è fondamentale per rivivere domani, ma non sappiamo quando e come riapriranno le sale e se al momento della riapertura ci sarà una ressa di titoli. Ho avuto la sensazione che fosse bello portarlo nelle case, amo la sala però ho pensato fosse positivo farlo vedere e andare avanti". Perché di cinema c'è sempre bisogno e anche se "oggi non sentiamo minimamente parlare di cultura, bisogna ripartire. Seppur con dei limiti, è necessario continuare a fare cinema. E per farlo ci sarà bisogno di un piano. Mi chiedo perché ad esempio non si occupi questo periodo per il rinnovo e la costruzione di nuove sale, visto che da Roma al Sud c'è stata una moria".
Il tempo, la memoria e la casa come luogo dell'anima
Tornare è un film sulla memoria e su un tempo in cui passato e presente coabitano: "Mi piaceva l'idea che il passato venisse ad abitare il presente. Molte serie se ne sono occupate e il cinema lo fa da sempre. La casa di Alice è molto evocative delle case oggi, è un mondo chiuso che poi si allarga e viene di colpo visitato dal passato. C'è un rapporto reale tra la protagonista e la se stessa prima diciottenne e poi bambina. Il tempo è la materia stessa del cinema: il capovolgimento, la dilatazione, la sintesi, il passato come flashback ma anche come partecipazione del presente".
Un film evocativo e stratificato, dove gli spazi e i suoi oggetti non solo abitano la scena, ma ne diventano i protagonisti, come l'enorme casa d'infanzia di Alice (interpretata da Giovanna Mezzogiorno), che in tempi di lockdown si carica curiosamente di diverse sfumature di significato: "La casa è sempre stata un luogo che noi tutti abbiamo abitato molto velocemente, oggi invece è diventata di colpo un mondo in cui appaiono oggetti, ci si accorge di certe cose e ce ne ricordiamo altre. Il tempo, lo stare, il vuoto, sono diventati importanti, la concezione del tempo è cambiata. Saremo la generazione che ha vissuto questa esperienza e ci rimarrà dentro", aggiunge la regista.
Tornare, la recensione: Riconciliazioni
L'elaborazione del lutto e la sessualità femminile
Il viaggio di Alice è anche un'elaborazione del lutto attraverso il ripensamento del sé, della propria identità: "Il lutto è molto spesso un ripensare se stessi, è uno spazio in cui sei obbligato a concederti un tempo per riflettere, - spiega la Comencini - è un'operazione della memoria, perché la nostra vita è piena di buchi e di ricordi frammentari, e stando dentro di te il lutto ti porta a ridare un nome alle cose e ad andare dentro a un grande buco, come in questo caso".
In Tornare c'è molto della Cristina Comencini adolescente, "sparita da moltissimi anni. Succede a molte donne: ho cercato a un certo punto di essere più seria di quello che ero, e di avere una vita più inquadrata. La mia fantasia, la parte più folle di me è andata a finire nei film e nei libri che ho fatto. Poi a un certo punto è tornata con la sua follia e spensieratezza ed è nato il film. Era la follia di un'intera generazione, quella degli anni '70, quando c'era un'idea del contatto, dell'incontro libero e della sessualità. La giovane Alice lo sperimenta a suo danno, perché in quegli anni noi donne abbiamo pensato di poter fare tutto, ma era solo un'illusione: il modo in cui gli uomini le guardavamo non era mai cambiato".
Non è un caso che l'indagine della protagonista si riveli alla fine una riconquista della femminilità perduta, oltre che un cammino di liberazione e riconciliazione con la figura paterna: "Il film ruota attorno alla paura della sessualità femminile in quegli anni; in una donna per di più giovane fa paura e la tendenza è quella di controllarla, come del resto fa il padre. Ancora oggi le ragazze che vogliono divertirsi non possono farlo se non alla condizione di essere viste come poco serie".
Dal thriller alla favola
La regista lo ha definito più volte "un thriller dell'inconscio" che procede come in un puzzle con una struttura a matrioska e una triplicazione della protagonista. Realizzarlo non è stato affatto semplice perché, dice, "non tutto poteva essere chiaro come in un thriller realistico. Ho cercato di privilegiare l'idea che Alice fosse come un rebus, dove gli oggetti appaiono e scompaiono. Il segreto è seguirne il filo emotivo".
Mentre la Napoli sotterranea e metafisica a cui la Comencini affida il peregrinare della protagonista, si apre spesso a una dimensione da favola evocata dalla Alice bambina. Inevitabile ripensare all' Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll, ma rivela "è stata un'associazione completamente inconscia, non me ne ero resa conto. Alice nel paese delle meraviglie rappresenta un mondo prima della sessualità, Carroll ha creato un personaggio di bambina in cui la sessualità è latente e che non è mai subalterna agli esseri umani maschili, perché cerca la sessualità ovunque la trovi. È un prima di quell'amore tra adulti che alla fine inguaia la protagonista della mia storia".