Tra i suoi film preferiti ci sono Profondo Rosso e Suspiria, ma è dopo la visione di L'armata delle tenebre che Jim Mickle ha deciso di mettersi dietro la macchina da presa per raccontare le inquietudini dell'uomo attraverso le forme narrative dell'horror e del thriller. Così, dopo il suo esordio con Mulberry Street, si è trasformato in una delle voci più nuove e fresche del genere, continuando ad ottenere successi con We Are What We Are. Per questo motivo il Torino Film festival ha deciso di dare spazio nella sezione After Hours a tutta la sua filmografia, certo non numerosa ma già piuttosto significativa. Fiore all'occhiello è sicuramente il suo Cold in July, adattamento dell'omonimo romanzo di Joe R. Lansdale, arrivato anche lui a Torino per affiancare Mickle nella presentazione.
L'horror tra paura ed emozione
Con a disposizione solo ventunomila dollari e un'idea folle è possibile realizzare un horror di successo? La risposta è positiva o, almeno lo è stata per l'esperienza personale di Jim Mickle. Il questo modo, infatti, il regista americano è riuscito a portare sul grande schermo la sua opera d'esordio, incontrando anche il favore di un team produttivo tanto folle da raccogliere la sfida. A sedurli, probabilmente, è stato l'entusiasmo di un ragazzo cresciuto amando il genere e frequentandolo con passione. "Guardo horror da sempre e continuo a farlo come spettatore. Insieme ai film di Peter Jackson questo genere ha influenzato in modo incredibile il mio gusto dell'immagine. Oggi, come spettatore, mi aspetto ancora che questo tipo di film siano in grado di stupirmi e di spaventarmi in un modo fresco e nuovo. Purtroppo è sempre più raro che questo accada e spesso mi annoio nel vedere ripetuti gli stessi schemi all'infinito"
Dal romanzo al grande schermo
L'incontro tra Mickle e Joe R. Lansdale è avvenuto durante un evento cinematografico. Inaspettatamente lo scrittore è stato investito dall'entusiasmo del giovane regista, completamente innamorato della sua opera. " All'inizio Cold in July era solamente un libro che stavo leggendo - spiega Mickle - però molto presto mi sono reso conto di avere tra le mani una sceneggiatura perfetta. A quel punto ero consapevole che, se non lo avessi realizzato, me ne sarei pentito per il resto della mia vita." Da parte sua Lansdale ha collaborato rispettando sempre la visione personale del regista. "La lavorazione è stata splendida e John non ha mai smesso di coinvolgermi - dichiara Lansdale - Per quanto mi riguarda ho cercato di essere utile al progetto rassicurandolo sulla sua completa liberta d'interpretazione. Questo vuol dire che poteva smettere di seguirmi nel momento stesso in cui questo avrebbe causato un tradimento alla sua interpretazione. E questa tecnica ha funzionato alla meraviglia, visto che il risultato finale mi ha dato la sensazione di vedere concretizzato in immagini il mio lavoro" L'incontro è stato tanto positivo da sviluppare l'idea di una serie televisiva destinata ad ampliare le tematiche di Cold in July. il progetto dovrebbe essere pronto per la fine del 2015 o l'inizio del 2016.
Riscrivere gli anni ottanta
Pochi attori riescono a rappresentare un'epoca precisa più di Sam Shepard eDan Johnson. Non è un caso, dunque, che entrambi sono stati scelti per portare sullo schermo la vicenda di Cold in July, ambientato negli ottanta in una placida cittadina texana. "Non ho mai amato molto i film di quel periodo tranne Velluto Blu - confessa Mickle - però quando ho iniziato a riscrivere il film mi sono immerso in molte ricerche, rivedendo i titoli più importanti. Il risultato è che mi sono ricreduto tanto da ricercare per il ruolo di Ben, padre in preda alla vendetta, e dell'investigatore Luke Shepard e Johnson." Il ruolo del tormentato Richard, macchiatosi della morte di un uomo per errore è stato affidato, invece, a Michael C. Hall, ovviamente noto per il suo Dexter. "Ricordo di averlo apprezzato soprattutto per Six Feet Under, una serie che ho amato molto, mentre di Dexter ho visto solamente tre puntate. Di lui, però, mi è piaciuta soprattutto la capacità di rinnovamento che gli permette di liberarsi dei suoi ruoli precedenti, riacquistando freschezza. Ed io avevo proprio bisogno di questo, ossia un attore capace di portare sullo schermo l'uomo della porta accanto sconvolto dagli eventi."
I segreti di un horror di successo
Cosa fa di un horror un ottimo horror? Mickle, ovviamente risponde a questo interrogativo in modo personale abbracciando, però, un consiglio di Stephen King. Secondo lo scrittore, infatti, per spaventare una platea bisogna utilizzare gli elementi che più ci fanno paura. A questo', però, il regista aggiunge anche un tocco personale, imponendo spesso un cambiamento dei toni all'interno della narrazione. "Durante le riprese del mio primo film, i produttori mi diedero un consiglio utile. Ossia inserire un secondo tema nella narrazione, per sopperire, eventualmente, ad alcune mancanze dell'horror. Da quel momento ho agito sempre in questo modo, ispirandomi anche ad alcune pellicole coreane per costruire un cambio di ritmo e situazioni costanti. "