Nei primi minuti del documentario My life directed by Nicolas Winding Refn, Alejandro Jodorowski, dopo aver consultato i tarocchi, dice a Refn (che aveva appena finito di girare Solo Dio Perdona e aveva chiesto se avesse fatto le cose nel migliore dei modi) che per il bene della sua creatività avrebbe dovuto smettere di pensare al grande successo, quello del dopo Drive, e ritrovare il piacere nel fare il suo mestiere. "Non pensare al successo", ripete tra sé il regista danese con l'aria di chi pensa: che cosa ovvia, e che cosa impossibile. Quello che Nicolas Winding Refn forse ancora non sapeva, era che aveva già iniziato autonomamente a veicolare la pressione del dover piacere a tutti successiva al "suo-film-che-era-piaciuto-a-tutti", verso questi binari alternativi: non più piacere a tutti, quanto piacere a tutti i suoi fan. Too Old to Die Young, la sua prima serie TV uscita il 14 giugno su Amazon Prime Video, è il coronamento e la piena presa di coscienza di questa tendenza.
La struttura di Too Old to Die Young
Ci sono diversi fattori a dimostrarlo. La lunghezza, per esempio, perché 10 episodi tutti oltre l'ora a parte l'ultimo (alcuni oltre l'ora e mezza) per un totale di quasi tredici ore di visione, sono di per sé una scelta peculiare e ostica. I primi due episodi poi, quelli a cui è affidato il compito di catturare lo spettatore e convincerlo a proseguire, sembrano voler fare l'esatto contrario e assumere le sembianze di un test, superato il quale si ottiene il privilegio di poter vedere il resto. Per questo la domanda che molti si sono posti è centrata: come potrebbe reagire un non fan, o comunque qualcuno che non conosce la filmografia di Refn, che si imbatte casualmente in Too Old to Die Young? Spegnendo la TV, probabilmente.
Too Old to Die Young: Refn al suo estremo
È verosimile, però, che chi già conosce il regista, chi magari l'ha iniziato ad apprezzare dalla trilogia di Pusher, si è divertito con Bronson, meravigliato con Valhalla Rising e ha gridato al miracolo cinematografico con Drive, qui possa godere di quell'immaginario costruito ed evoluto negli anni, ora portato al suo estremo. Perché è di estremo che si parla, con Too Old to Die Young. I tratti distintivi di Refn - per chi ama Refn - ci sono tutti: c'è la violenza, i dialoghi lenti, la luce al neon, la cura ossessiva nella composizione dell'inquadratura per la creazione di immagini esteticamente abbaglianti, solo che tutto è di più, più violenza, più lentezza, più maniacalità nell'immagine e, persino, più neon.
Il mondo 'refniano' della serie
Un autentico gioco di prestigio cinematografico che compie Nicolas Winding Refn in Too Old to Die Young è servirsi di una dinamica narrativa ultra classica e iper abusata: il poliziotto corrotto da una parte e il cartello messicano dall'altra (con in mezzo moltissimi altri personaggi più o meno rilevanti). Una dinamica che ha riferimenti di spazio e tempo molto precisi, molto reali, come la strada e la notte, calati in un mondo che è tutt'altro che reale, ma, appunto, una sua creatura in tutto e per tutto. E così che praticamente ogni luogo del mondo-narrato è illuminato al neon: dal minuscolo commissariato della provincia messicana di un verde alieno ed estraniante, alla stalla sperduta nel deserto del Messico di un viola morboso e fetale. Un mondo, quello non reale ma refniano, dove l'incedere dei dialoghi segue la stessa logica per tutti: che sia il suo tipico eroe solitario e taciturno, il nuovo capo del cartello o una barista al bancone, prima di proferire parola, c'è silenzio, ponderazione, quasi ipnosi per un tempo minimo di quattro/cinque secondi, e poi, finalmente, la risposta, che raramente è prolissa.
C'è poi la questione sesso e violenza, di cui abbiamo parlato anche nella nostra recensione di Too Old to Die Young. Refn sottolinea praticamente in ogni intervista che rilascia quanto la violenza contenga una forte dose di sessualità, quanto lo scontro, il riprendere fiato, il distaccamento e poi di nuovo la lotta siano un amplesso in tutto e per tutto, se ripresi nel modo giusto. Contrariamente a quanto si possa pensare, però, i protagonisti dei film di Refn quasi mai traggono godimento dalla violenza. Ne fanno un uso esteso ed esagerato ed è il loro mezzo primo per avanzare nella storia, ma è anche e soprattutto il loro grande fardello: Bronson non riesce a resistergli e vive una vita recluso, One-Eye in Valhalla Rising ne è schiavo divino e deve sacrificarsi per affrancarsene, Ryan Gosling in Drive perde la possibilità di stare con l'amata proprio nel momento in cui fa sfoggio massimo di ultraviolenza per difenderla.
A goderne sembra proprio Nicolas Winding Refn, dal quale si può percepire un autentico piacere carnale nel girare queste scene, piacere che si acuisce il Too Old To Die Young, che diventa, appunto, estremo. Sesso e violenza hanno in comune la perversione ai loro estremi, e nella serie l'operato dei protagonisti raggiunge questa precisa collocazione perversa che culmina in un punto in cui il bilanciamento tra deviazione sessuale e violenta si toccano, dove l'una è stimolata dall'altra, dove la violenza innesca la sessualità. Ma l'estremizzazione, stavolta, implica che a goderne siano anche i protagonisti. È così, letteralmente, per Jesus e Yaritza, la cui intimità sessuale è definita nella sua essenza dalla compresenza di sesso e violenza, e il cui risultato ne è la sintesi. È così per Viggo, che nel suo massimo momento di oscurità esistenziale implora di poter uccidere per soddisfare un bisogno, è così persino per la giovane Janey, che confessa all'amica che svegliarsi nel letto intriso di sangue della ferita di Martin l'ha eccitata.
Nessuno come Too Old to Die Young
Se tutto quello che esce dal punto di vista seriale è diverso da Too Old to Die Young, un motivo c'è. Ci sono delle dinamiche, delle prassi, dei passaggi obbligati con cui bisogna "cullare" lo spettatore. Può permettersi il lusso di questa noncuranza calcolata solo un autore il cui status sia eminentemente riconosciuto e il cui grado di consapevolezza creativa riesca a oltrepassare l'assordante diktat della commerciabilità. Too Old to Die Young gioca su un terreno completamente proprio, e per questo non si può dire se sia la più bella serie del 2019, o la migliore. È, semplicemente, la più irripetibile.