Quando puntualmente monta l'ennesima polemica sui presunti danni che la televisione provocherebbe negli spettatori, soprattutto quelli più giovani, il cavallo da battaglia dei detrattori è il rischio di emulazione dei comportamenti violenti.
In altre parole, vedere su uno schermo le imprese di un tizio mascherato, in maniera più o meno ridicola, che prende a cazzotti altri tizi mascherati in maniera più o meno ridicola, farebbe venir su i poveri pargoli con l'istinto di picchiare il prossimo, magari anche vestiti in maniera più o meno ridicola.
Premettendo, doverosamente, che l'associazione causa-effetto di ipotesi del genere è molto difficilmente dimostrabile, resta il fatto che si tratta di una suggestione potente, e che può dar vita a... scenari interessanti.
Voglio diventare un supereroe!

Vi presentiamo Tojima Tanzaburo. Quarantenne, operaio edile, celibe. Una persona all'apparenza assolutamente comune, se non fosse per due peculiarità. Fin da piccolo Tojima è un grande, grandissimo appassionato di Kamen Rider, celeberrima serie action giapponese (ci torniamo dopo). Ma non è una semplice passione: Tojima, letteralmente, adora l'eroe mascherato che combatte contro la perfida organizzazione Shocker. Rimane estasiato davanti allo schermo, immedesimandosi completamente nel giustiziere che, a calci e pugni, si batte per la giustizia contro i malvagi.

Lo adora talmente tanto che il suo più grande desiderio è proprio incarnare quell'ideale di giustizia e forza messa al servizio dei più deboli. Inizia quindi ad allenarsi forsennatamente, diventando in effetti straordinariamente forte e prestante con la speranza, magari un po' ingenua, che un giorno anche lui diventerà proprio come il suo idolo: un invincibile Kamen Rider.
Un mito giapponese.

Kamen Rider nasce nel 1971 come serie televisiva, e poi manga, creata dal geniale maestro Shotaro Ishinomori. Fu uno dei capostipiti del genere tokusatsu, caratterizzato da trame avvincenti e uso massiccio di effetti speciali (per quanto spesso realizzati con mezzi limitatissimi). Nella serie originale Takeshi Hongo, un giovane universitario, viene rapito dall'organizzazione criminale Shocker e sottoposto a un'operazione che lo renderà capace di trasformarsi in un Kamen Rider (letteralmente: un cavaliere mascherato), un potentissimo cyborg con i poteri di una cavalletta. Lo scopo della Shocker è di usare questi cyborg per dominare il mondo, ma Takeshi si ribella e userà i suoi nuovi poteri per distruggere la Shocker.

Nonostante la scarsità di mezzi, una recitazione impietosamente goffa ed enfatica (o forse proprio per questo...) e una evidente ingenuità nelle trame, la serie fa breccia nel cuore dei giovani spettatori e diventa non solo un successo clamoroso, ma un brand che dura ancora oggi. Kamen Rider è un vero e proprio mito dell'immaginario pop giapponese, con decine di serie, anime, film e rifacimenti di vario genere.
Per dovere di cronaca, vi citiamo sia le cupissime Amazon e Black Sun, che trovate su Prime Video, oltre al remake della serie originale ad opera di Hideaki Anno, ultima parte del progetto del regista di "rinnovare" (shin significa appunto "nuovo") i miti della sua infanzia, da Shin Godzilla a Shin Ultraman fino, appunto, a Shin Kamen Rider (e che, almeno a parere di chi scrive, è il più riuscito della serie).
Non stupisce, quindi, che in Giappone questo eroe mascherato sia diventato un'icona assoluta. Praticamente tutti i giapponesi sono in grado di riconoscere il caratteristico casco da insetto, la sciarpa rossa e la fibbia della cintura che iniziava a roteare, illuminandosi e producendo il caratteristico rumore del vento impetuoso, quando il protagonista attivava la sequenza di trasformazione muovendo le braccia in una precisa sequenza e pronunciando la formula: "Henshin!" ("Trasformazione!").
Dallo schermo alla realtà. E viceversa.

Nel resto del mondo, invece, Kamen Rider è decisamente meno famoso. Nonostante qualche tentativo di importare l'eroe, prontamente ribattezzato Masked Rider, durante l'invasione dei tokusatsu inaugurata dalla Saban con i suoi Power Rangers, in Occidente il centauro dalle fattezze di insetto (almeno inizialmente: i Kamen Rider attuali sono ispirati a... praticamente qualunque cosa, frutta o oggetti vari inclusi) non ha avuto lo stesso seguito e, soprattutto, manca del tutto la mitologia alla base: le prime, mitiche serie che hanno non solo introdotto i successori del primo Kamen Rider, ma anche fissato i topoi di riferimento, le caratteristiche fondanti (la sequenza di trasformazione, le mosse speciali, il look...) che, invece, per un giapponese sono immediatamente riconoscibili.

E questo è, purtroppo, il vero problema di Tojima wants to be a Kamen Rider, serie anime attualmente in streaming su Crunchyroll e tratta da un manga di Yokusaru Shibata, ancora inedito in Italia. L'anime, nonostante la solida regia di Takahiro Ikezoe e anche nonostante il fatto che la casa di produzione Liden Films ci stia effettivamente mettendo un evidente impegno, almeno a giudicare dal primo episodio, risulta pienamente godibile solo se si conosce già Kamen Rider.

La storia di questo quarantenne (a proposito: inizia ad aumentare l'età media dei protagonisti degli anime...) disilluso dalla vita che ritrova la sua gioia di vivere solo nel momento in cui si ritrova dietro una maschera da bambini del suo eroe a tirar pugni ai criminali, in un gioco metatestuale e postmoderno, è sicuramente intrigante e miscela bene azione, umorismo paradossale e anche un po', ma giusto un po', di dramma sociale. E, senza fare troppi spoiler, lo sviluppo della trama potrebbe essere decisamente sorprendente, se seguiranno il manga.
Ma tutto il plusvalore dell'opera, le citazioni infinite (incluso il ritorno, in veste di doppiatore, dell'attore che aveva prestato il volto al primo Kamen Rider) e persino lo spirito stesso della serie, sono purtroppo dedicate solo a chi, nel momento in cui Tojima si mette in posa e urla: "Hen-shin!", prova anche un piccolo e delizioso brivido malinconico, oltre al comprensibile divertimento un po' cringe.
Conclusioni
Il primo episodio di Tojima wants to be a Kamen Rider intrattiene con il giusto equilibrio tra scene d'azione, il tipico umorismo paradossale del genere e persino una realizzazione tecnicamente discreta, anche se priva di particolari guizzi creativi. C'è indubbiamente uno sforzo notevole nell'adattare la mitologia del centauro mascherato in chiave postmoderna. Il tutto però, con il pesantissimo handicap che se di Kamen Rider sapete poco o nulla, tutto rimane a un livello superficiale. Divertente, sì, ma poco altro.
Perché ci piace
- L'idea dell'aspirante supereroe nella "vita vera" è sempre interessante.
- Una buona resa tecnica, sia in termini di design che di regia.
- Se siete appassionati di tokusatsu, è una delizia…
Cosa non va
- … ma, per tutti gli altri, l'attrattiva della serie potrebbe essere decisamente limitata.