Una donna vestita di bianco si sveglia nel mezzo della campagna irlandese. Erba verdissima, nessuna figura umana oltre a lei. Solo mucche e muretti a secco. Sulla sua camicia da notte c'è una macchia rossa: è sangue. La vediamo, disorientata, tornare a casa a piedi nudi. Comincia così la miniserie BBC con protagonista Ruth Wilson, dal 20 gennaio su Paramount+. L'inizio di questa recensione di The Woman In The Wall potrebbe farvi pensare di avere a che fare con un qualcosa di sovrannaturale, ma invece la serie ideata e scritta da Joe Murtagh ha radici ben piantate nella realtà.
Siamo, appunto, in Irlanda, nella fittizia cittadina Kilkinure. È il 2015 e il nome della donna è Lorna Brady. È sonnambula e ha un problema di gestione della rabbia. Distrugge abiti altrui, ogni tanto dà fuoco a qualcosa. Viene trattata come la matta del villaggio, ma il suo disagio viene da un trauma gigantesco. Da piccola, negli anni '80, è stata allontanata dalla famiglia. La sua colpa? Aver disonorato tutti facendosi mettere incinta fuori dal matrimoio.
Da quel momento la vita di Lorna è diventata un film dell'orrore: chiusa in una delle "Case Magdalene", ha fatto la lavandaia, seviziata da suore che fanno molto più paura di quella della saga The Nun. E soprattutto non ha mai potuto crescere sua figlia. Nonostante le abbiano detto che è morta nel 1986, Lorna non si dà pace: è convinta che le abbiano sempre mentito. Tutti pensano che deliri, ma quando trova una donna morta in casa sua, capisce che qualcosa è davvero successo. Dopo aver nascosto il cadavere nel muro, inizia la sua indagine disperata.
La realtà è il vero orrore
The Woman in the Wall sembra agganciarsi alle atmosfere magiche e misteriose con cui spesso viene ritratta l'Irlanda, per poi dipanare a poco a poco davanti ai nostri occhi una storia che di paranormale ha molto poco, purtroppo. Come fatto anche da Martin McDonagh in Gli spiriti dell'isola (e, guarda caso, Lorna viene definita una "banshee", proprio come il titolo originale del film, The Banshees of Inisherin), quest'aura sovrannaturale racconta in realtà drammi concreti del popolo irlandese.
Come fatto da Peter Mullan in Magdalene, Leone d'oro a Venezia nel 2002, e poi da Stephen Frears in Philomena (2013), anche la serie di Joe Murtagh parla delle Case Magdalene, istituti femminili dove venivano rinchiuse donne considerate immorali, perché rimaste incinte fuori dal matrimonio, o perché troppo appariscenti o disobbedienti. In funzione da fine '700, l'ultima struttura è stata chiusa solo nel 1996. In 150 anni la vita di almeno 30mila donne è stata distrutta.
Lorna è una di loro. La sua storia si intreccia anche con quella del poliziotto Colman Akande (Daryl McCormack), che racconta l'altra parte della storia. Figlio di una coppia interrazziale, è stato abbandonato, per poi venire affidato a una famiglia adottiva. I suoi primi anni in uno degli istituti lo tormentano però ancora adesso. Inizialmente incaricato di indagare su Lorna, finisce per aiutarla nella sua ricerca, perché riguarda anche il suo passato. La trama di The Woman In The Wall sembra quasi volerci dire che i traumi possono essere generazionali e tramandarsi.
Ruth Wilson è eccezionale
Lo sapevamo da tempo (basta guardare la serie Luther per capirlo), ma Ruth Wilson si conferma un'interprete di grandissimo livello. L'argomento è sicuramente interessante e il ritmo incalzante, ma se dovessimo indicare un solo motivo per guardare i sei episodi di The Woman In The Wall sarebbe sicuramente la prova della protagonista. Sfibrata, disperata, ma allo stesso tempo piena di rabbia e voglia di conoscere la verità, la sua Lorna è una donna ribelle che non si fa silenziare da un'intera città che non soltanto la considera pazza, ma le mente in continuazione.
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L'attrice arriva a stravolgere i propri lineamenti e a cambiare completamente postura e modo di muoversi: è sempre curva, piegata, come se fosse continuamente schiacciata dal peso dei suoi traumi. Anche Daryl McCormack, visto in Peaky Blinders nel ruolo di Isiah Jesus, e in Bad Sisters, offre una buona prova, facendo da spalla perfetta alla protagonista.
Dura ed emotivamente provante, The Woman In The Wall è una serie che merita di essere vista, come dicevamo, prima di tutto per le interpretazioni dei protagonisti, ma poi anche per il coraggio che dimostra nello smascherare un sistema corrotto che si nasconde dietro quanto di più puro ci dovrebbe essere: ovvero l'aiutare donne e bambini in difficoltà in nome di Dio. Peccato che, almeno per quanto riguarda questi personaggi, il dio sia quello sbagliato: fatto di moneta sonante e nessuna compassione.
Conclusioni
Come scritto nella recensione di The Woman in The Wall, la miniserie si poggia sulla grande interpretazione di Ruth Wilson, attrice dall'enorme talento, che qui sembra quasi cambiare i propri connotati, lavorando moltissimo sulle micro espressioni del viso e sulla postura. La serie si ispira a fatti reali: in Irlanda nelle Case Magdalene venivano chiuse le donne considerate immorali e spesso i loro bambini venivano affidati ad altre famiglie.
Perché ci piace
- L'interpretazione di Ruth Wilson: eccezionale.
- Anche Daryl McCormack offre una buona prova, dimostrando di essere un talento da tenere d'occhio.
- L'atmosfera quasi sovrannaturale è sfruttata bene, rendendo ancora più inquietante il mistero basato su fatti reali.
Cosa non va
- Chi è particolarmente sensibile a temi come violenza e malattia mentale potrebbe fare fatica a seguire la serie fino in fondo.