Australia, 1919. La Grande Guerra è terminata da un anno ma le sue devastanti conseguenze hanno lasciato ferite aperte fino all'altra parte del mondo: l'agricoltore e rabdomante Joshua Connor (Russell Crowe) ha perso tutti e tre i suoi figli durante la sanguinosa Battaglia di Gallipoli, e nonostante siano passati oramai quattro anni, vive ancora tormentato dal loro ricordo e dalla loro perdita. Spinto dall'onda lunga del dolore che si ripercuote sulla sua famiglia, l'uomo decide di intraprendere un viaggio disperato fino in Turchia alla ricerca dei corpi dei tre figli con l'intento di riportarli a casa.
In una Costantinopoli occupata e in uno scenario ancora più che mai sconvolto dal conflitto, Joshua trova un aiuto inatteso contro gli ostacoli della burocrazia, non solo nella bella Ayshe (Olga Kurylenko) che gestisce l'hotel in cui alloggia, ma soprattutto nell'eroe di guerra turco Hasan (Yilmaz Erdogan), un tempo nemico e quindi indirettamente responsabile della morte dei figli, ed oggi legato a lui e agli alleati nella condivisione di un tragico destino di perdita e di morte che non conosce schieramenti.
ANZAC Day
Russell Crowe sceglie, per il suo esordio dietro la macchina da presa, di riaprire una delle pagine più sentite e dolorose legate alla storia del suo paese natale. La battaglia di Gallipoli rimane uno degli episodi più tragici e sanguinosi della Grande Guerra, con stime di oltre mezzo milione di perdite tra alleati ed esercito turco: ancora oggi il 25 Aprile in Australia e Nuova Zelanda viene celebrato l'ANZAC (Australian and New Zealand Army Corps) Day, la più sentita commemorazione in memoria delle vittime cadute in battaglia, che al di là del lutto nazionale rappresenta per i due paesi metaforicamente la celebrazione del primo passo verso la legittimazione di una propria autonomia e identità nazionale. Anche il cinema internazionale ed australiano ha ovviamente rappresentato più volte questa pagina di orgoglio nazionale, sempre raccontandolo dal punto di vista degli alleati e incentrandolo soprattutto sulla raffigurazione dei fatti bellici, come nel classico Gli anni spezzati del grande Peter Weir.
Con The Water Diviner, Crowe affronta invece la storia da un punto di vista intanto più ampio e per la prima volta la racconta, addirittura aprendo così il film, anche dalla parte dei Turchi, il cui dramma nella consapevolezza delle parti è stato altrettanto enorme se non addirittura superiore in termini di morti, feriti e dispersi. E poi sposta l'attenzione dall'evento bellico vero e proprio a quelle che sono state le sue umane conseguenze, concentrandole nell'intimità della singola storia di un padre e dei suoi figli; con uno sguardo fatto non più di orgoglio e di nazionalismo, ma di reciproca compassione e soprattutto di perdono e riconciliazione.
Dall'orgoglio al perdono
Un progetto pensato in grande ma che nasce dal piccolo frammento di una lettera del colonnello Cyril Hughes (realmente esistito e interpretato da Jai Courtney), a capo della Imperial War Graves Commission, incaricata del pattugliamento della zona e nello stesso tempo dell'identificazione dei caduti e della predisposizione dei cimiteri di guerra: "Un vecchio è riuscito ad arrivare qui dall'Australia per cercare la tomba di suo figlio".
Un vecchio è riuscito ad arrivare qui dall'Australia per cercare la tomba di suo figlio
Da qui l'ispirazione dello sceneggiatore australiano Andrew Anastasios per questo intenso dramma familiare piuttosto inedito rispetto all'iconografia bellica tradizionale, e questo nonostante l'impianto narrativo ricordi i classici vecchio stile. Appunto perdono e riconciliazione, prima ancora che orgoglio e nazionalismo, dove sono evidenti la partecipazione emotiva di Crowe che conferisce una notevole autenticità ad un'opera che convince proprio nel riuscire a fare emergere le assurdità del conflitto partendo dall'idea che i destini delle vittime e dei carnefici siano inevitabilmente e reciprocamente interscambiabili nella piena consapevolezza del gioco delle parti. Diversi i momenti riusciti per un film illuminato, oltre che dalla presenza di Crowe, anche dall'ottima fotografia dell'australiano Andrew Lesnie (Lo Hobbit: un viaggio inaspettato, Io sono leggenda.
Guerra e amore
Girato quasi interamente in Australia, dove dove sono state ricreate le ambientazioni di Gallipoli e dell'Anatolia occidentale durante l'invasione greca, il film funziona meno bene nelle altre componenti che Crowe aggiunge in maniera forzata a quella più riuscita incentrata appunto sulla redenzione e la ricerca paterna: se la descrizione dello scontro tra culture é punteggiata da sin troppi luoghi comuni, stride soprattutto l'intreccio romantico con una sin troppo bella Olga Kurylenko, proprietaria improbabile di un alberghetto da sogno (quello che tutti vorremmo scoprire per caso sulla Lonely Planet) in una Istanbul occupata e sull'orlo della guerra d'Indipendenza turca. Dialoghi, sguardi e situazioni hanno un taglio troppo soap, e le cene romantiche con le candele da mille una notte o i bagni notturni nella Cisterna somigliano più che altro ad un patinato spot della città, oltre ad essere troppo fuori contesto col resto della storia: un'alternanza nei toni che lascia alcune perplessità alla fine della visione, ma che non impedisce comunque di apprezzare tutto quello che c'è di buono in questo esordio registico di Russel Crowe.
Conclusione
Apprezzabile esordio alla regia di Russel Crowe che racconta il dramma di un conflitto ed una pagina sanguinosa legata alla storia della sua nazione, ma sceglie di parlare di riconciliazione e perdono invece che di orgoglio e nazionalismo. La ricerca paterna incentrata sulla redenzione e la consapevolezza delle parti funzionano meglio di altri elementi più classici, soprattutto quello romantico, che invece non convincono troppo.
Movieplayer.it
3.0/5