Raccontare un fatto di cronaca nera realmente accaduto in un film o in una serie può diventare uno strumento per una critica più ampia, diretta ad esempio alle istituzioni che si sono occupate del caso o alla società intera in cui un determinato delitto è avvenuto. Come scopriremo in questa recensione di The Search non è il caso specifico che viene raccontato a essere importante, ma tutto ciò che gli ruota attorno: questa serie messicana prodotta da Netflix si ispira a prodotti di successo come American Crime Story (non a caso il titolo originale è Historia de un Crimen: La busqueda) nel prendere un evento emblematico che ha catalizzato l'attenzione del Paese per rappresentare il particolare momento storico in cui è avvenuto e la classe politica che in qualche modo ne ha tirato le fila.
La scomparsa della piccola Paulette Gebara Farah nel 2010, un caso incredibilmente simile al ben più conosciuto omicidio di JonBenet Ramsey, è lo strumento perfetto per denunciare la corruzione insita nelle autorità locali, l'inettitudine dei funzionari che rivestono ruoli di alto profilo (e che si sono occupati delle indagini), ed, infine, l'evidente classismo tutt'ora esistente in Messico, in cui ogni anno spariscono decine e decine di ragazzine (la tratta di esseri umani è infatti un problema all'ordine del giorno) ma a destare l'attenzione dell'opinione pubblica è solo il possibile sequestro di una bambina di buona famiglia.
La scomparsa di Paulette
A sottolineare quanto non sia il singolo caso ad essere importante, ma bensì tutto ciò che gli si è scatenato intorno, ci pensa l'incipit della serie: la storia si apre svelandoci subito che cosa è accaduto alla piccola Paulette che, nove giorni dopo essere scomparsa, viene ritrovata proprio nel suo letto, incastrata tra il materasso e la rete, apparentemente deceduta per cause naturali. Il ritrovamento del corpo fa poi da spartiacque per tutta la serie, che racconta, nel dettaglio, che cosa avviene prima e dopo la tragica scoperta. Durante i sei episodi seguiamo le indagini svolte a casa dei Gebara Farah, famiglia benestante legata a figure politiche di spicco, in un quartiere molto abbiente di Città del Messico: a capo dell'investigazione un vice procuratore estremamente ambizioso, ma facilmente corruttibile, e un procuratore chiaramente incompetente, Alberto Bazbaz (Dario Yazbek Bernal), che fin dall'inizio non riesce a gestire la situazione al meglio e viene manipolato da alcuni esponenti del governo, desiderosi che il caso venga risolto il più presto possibile (tra loro viene spesso citato quello che poi diventerà il Presidente del Messico, Enrique Peña Nieto, all'epoca ancora governatore). Attorno a loro ruotano poi i rappresentanti dei media, come la giovane giornalista Carolina Tello (Regina Blandón) che desidera essere finalmente presa sul serio nel suo lavoro, e una serie di personaggi che vorrebbero invece sfruttare il caso per acquisire notorietà, come Amanda de la Rosa (Diana Bovio), migliore amica della madre di Paulette.
Il fatto che la serie si apra con il ritrovamento della bambina nel suo letto, deceduta per soffocamento involontario, non fornisce però una soluzione immediata al mistero legato alla sua morte. Nel corso della visione ci troviamo infatti a chiederci spesso, insieme ai personaggi, se non si tratti di una montatura per nascondere il vero responsabile dell'omicidio; gli errori nelle indagini e gli evidenti secondi fini di chi le sta portando a termine non fanno infatti altro che rendere la situazione più torbida e confusa. Come è possibile che nessuno abbia trovato il corpo per nove giorni (quando dal letto erano state addirittura cambiate le lenzuola e qualcuno ci aveva dormito)? Viste le prove così contraddittorie, perché c'è così tanta pressione che il caso si chiuda con una morte accidentale? Soprattutto per gli spettatori che non conoscevano il caso della piccola Paulette - che fuori dai confini messicani non crediamo essere in molti -, The Search mette in scena una storia estremamente intrigante ed avvincente, capace di catturare chi guarda anche se non conosce il contesto specifico in cui si svolge la vicenda.
Le 54 serie TV da vedere su Netflix (a giugno 2020)
Una critica che va a segno solo a metà
Durante la visione, la critica di The Search alla realtà sociale e politica del Messico risulta evidente, anche per chi non conosce a fondo la storia e l'attualità di quel paese. L'ironia e il ritratto satirico diventano strumenti ideali per rappresentare fatti spesso al limite del surreale - come lo sciacallaggio dei media o l'incompetenza del procuratore locale nella ricerca del colpevole -, più volte, però, ci si lascia prendere la mano e alcuni dei personaggi risultano fin troppo caricaturali. Può essere che questo sia voluto, per sottolineare la critica ad una realtà così assurda da non sembrare quasi possibile, ma rischia però di far perdere di serietà alla storia che viene raccontata e, di conseguenza, di rendere il messaggio che si vuole trasmettere un po' meno potente. The Search, per questa ragione, riesce a convincerci solo a metà: da una parte è una serie interessante e ben realizzata, dall'altra non ci è chiaro a che genere voglia appartenere, se al thriller/mistery - come può inizialmente sembrare - o alla commedia.
Conclusioni
Concludiamo questa recensione di The Search, la serie tv Netflix sul caso della piccola Paulette Gebara Farah, sottolineando quanto risulti sì una critica efficace alla realtà politica e sociale messicana, ma come sia a tratti esageratamente sopra le righe e fin troppo caricaturale, tanto da far perdere di serietà al messaggio e alla storia che vuole raccontare.
Perché ci piace
- La critica alla realtà politica e sociale del paese in cui è ambientata: il Messico.
- Il caso di cronaca nera che racconta, molto intrigante e avvincente.
Cosa non va
- Certi personaggi risultano fin troppo caricaturali.
- Non è chiaro il genere a cui vuole appartenere: mistery/thriller o commedia?