C'era una volta la televisione analogica terrestre, quella TV che, prima dell'avvento dei pacchetti satellitari o dei cataloghi digitali, ci teneva compagnia pomeriggi e serate intere con pochi canali ed un'offerta limitata, ma riusciva comunque ad appassionarci e divertirci con alcuni programmi che sarebbero rimasti nel cuore a lungo. E c'era una volta anche la sitcom, un genere di serie TV, o meglio ancora di telefilm, che col tempo è quasi sparito, quantomeno dall'immaginario popolare, ma di cui è impossibile non sentire un po' la mancanza.
Perché con le sitcom, volenti o nolenti, ci siamo cresciuti un po' tutti: che siano stati Richie e Fonzie di Happy Days seduti ad un tavolo di Arnold's a tenerci compagnia, o Joey e Chandler di Friends al Central Perk, o ancora Ted e Barney di How I Met Your Mother al MacLaren's, sia i personaggi che i luoghi delle sitcom sono (stati) parte integrante della nostra vita e della nostra formazione, come, e forse anche più, dei film, dei libri o dei giochi con cui siamo cresciuti.
Se stiamo scrivendo tutto questo non è perché siamo diventati tutto d'un tratto nostalgici, anzi, da appassionati di serie TV non possiamo che essere grati di vivere in un'epoca in cui non solo la qualità media ma anche la possibilità di scelta è molto più alta che in passato, ma perché ci ha molto colpito la scelta di Netflix, il "canale" che più di altro in questi ultimi anni ha rivoluzionato il mondo seriale, di produrre questo The Ranch, una sitcom old style in tutto e per tutto, per proporla al proprio pubblico in un periodo in cui perfino i network stanno abbandonando questo tipo di show più tradizionale per puntare su comedy con un'impostazione e stile più moderno quali Veep, Modern Family o Parks and Recreation.
La sitcom che ti aspetti
The Ranch, invece, guarda con consapevolezza e orgoglio al passato e si propone fin da subito come la più classica delle sitcom multi-camera: una famiglia disfunzionale al centro del plot, location statiche e facilmente riconoscibili (la casa, il portico, il bar, etc etc...) e perfino le odiatissime e quasi anacronistiche (ma proprio per questo immancabili) risate registrate. Ed è evidente che con questo show Netflix dimostra di non voler solo guardare al futuro e portare avanti solo la propria filosofia seriale, ma venire incontro alle esigenze di un pubblico sempre più vasto e variegato, e probabilmente anche legato ad un tipo di serie che, come dicevamo sopra, farebbe fatica a trovare da altre parti.
D'altronde i due creatori Don Reo e Jim Patterson provengono dalla CBS (vero e proprio ultimo baluardo per quanto riguarda le sitcom) e in particolare da Due uomini e mezzo, così come lo stesso Ashton Kutcher - e in un episodio c'è perfino un simpatico cameo di Jon Cryer. Ma se per lo show CBS Kutcher era soltanto subentrato nelle ultime tre stagioni per "sostituire" Charlie Sheen dopo le sue vicissitudini giudiziarie, qui non solo è l'indiscusso protagonista, ma insieme a Danny Masterson, suo collega di set nella celebre e storica That '70s Show, è anche produttore esecutivo.
E il risultato è esattamente quello desiderato, lo spirito di una serie ormai vecchia 20 anni (e che a sua volta si ispirava moltissimo a Happy Days) è riproposto in maniera assolutamente fedele oggi, nel 2016, attraverso i continui battibecchi tra i due fratelli Colt (Kucther) e Rooster (Masterson). Se anche voi in That 70's Show amavate l'ironia beffarda e scorretta (ora ancora di più grazie alle libertà concesse da Netflix: parolacce, battute e doppi sensi a sfondo sessuale si sprecano) di Steven Hyde e la tenera e adorabile idiozia di Michael Kelso, qui troverete pane per i vostri denti, anche se ovviamente il tutto aggiornato ai nostri tempi e spostato all'interno di un'ambientazione redneck di un ranch in Colorado.
Dai touchdown alle mucche
Il ranch del titolo infatti è quello posseduto da Beau Bennett (Sam Elliott) da quasi 50 anni in una piccola cittadina del Colorado, e gestito quasi esclusivamente insieme al figlio Rooster, che lavora con lui giorno e notte da oltre 15 anni, ovvero da quando la moglie Maggie (Debra Winger) ha deciso di andar vivere in una roulotte e gestire invece il bar locale e l'altro figlio Colt è andato via di casa per inseguire il sogno di diventare un giocatore di football professionista. Quando quest'ultimo ritorna dopo una serie di insuccessi, dovuti soprattutto al maggiore interesse per l'alcool e le donne piuttosto che gli allenamenti, la famiglia si ritrova inaspettatamente e mal volentieri riunita e costretta a cercare di salvare un ranch sempre più in bolletta a causa della siccità.
Se dei divertenti e riusciti scontri verbali tra i due fratelli abbiamo già detto, il cuore dello show risiede in realtà nel burbero e scontroso padre interpretato da Elliot, che dopo 50 anni di carriera si dedica per la prima volta alla commedia vera e propria: il suo personaggio è un vero e proprio cowboy d'altri tempi, taciturno e misantropo, trascinato in un'epoca che non riconosce e non accetta (d'altronde lui continua a votare Ronald Reagan da decenni), e la sua incapacità e la sua scarsa propensione a comunicare sia coi figli che con la moglie dà luogo a molti dei momenti più divertenti della serie.
I cowboy senza velo da sposa
Oltre alla risate però, c'è spazio anche per i sentimenti, sia tra i due veterani dello show, Elliot e la rediviva Winger, che tra Kutcher e le due biondissime Heather (Kelli Goss) e Abby (Elisha Cuthbert), rispettivamente una sexy 23enne tutto pepe ma dalle qualità nascoste e l'ex fidanzata di un tempo ora in procinto di sposarsi. Se dal punto di vista degli intrecci amorosi e gli sviluppi sono spesso fin troppo prevedibili, bisogna ammettere che quantomeno per quanto riguarda i due "adulti" lo show riesce a trasmettere con una certa sincerità le inevitabili difficoltà di un matrimonio lungo decenni e reso ancora più difficile dal carattere burbero tipico del cowboy.
D'altronde anche la sigla iniziale ci dice Mammas Don't Let Your Babies Grow Up to Be Cowboys, e lo fa con una cover cantata da Shooter Jennings e Lukas Nelson, figli di quei Waylon e Willie che quarant'anni fa l'avevano resa una delle canzoni country più famose di sempre. The Ranch di Netflix è proprio come questa cover, si prende pochi rischi e rimanere fedele e rispettoso del passato e della tradizione, ma bastano un paio di ascolti/visioni e diventa difficile farne a meno.
Movieplayer.it
3.0/5