Non si contano più i successi - prima letterari e poi cinematografici - che trovano nuova vita e linfa in tv, provando ad aggiornare il racconto alla contemporaneità: all'elenco possiamo aggiungere The Rainmaker. Prima c'è stato il romanzo bestseller di John Grisham del 1995; poi il film cult di Francis Ford Coppola con Matt Damon del '97 (tradotto con L'uomo della pioggia, da non confondere con l'omonimo film di Barry Levinson con Tom Cruise e Dustin Hoffman).
Ora USA Network - il canale via cavo celebre per procedurali al maschile come Suits, Psych, White Collar e Royal Pains - dopo qualche anno di pausa dalle produzioni originali torna con un titolo che si inserisce perfettamente nella sua identità di network... se solo fossimo rimasti a 5 anni fa. La serie è in onda in Italia su Sky e NOW.
The Rainmaker: un procedurale orizzontale e non verticale
Già rinnovata per una seconda stagione, scritta da Michael Seitzman (Code Black, Quantico), e prodotta da Lionsgate e Blumhouse Television, la serie racconta di Rudy Baylor (interpretato dal giovane Milo Callaghan), un ragazzo appena uscito dalla facoltà di legge che prima ancora di essere ufficialmente avvocato si trova catapultato in aula. Viene catapultato da una serie di circostanze in uno scontro tra Davide e Golia contro Leo Drummond (John Slattery), avvocato affermato in uno dei più vecchi e temuti studi legali.
Inizialmente doveva lavorare per lui ma si trova invece a far parte della squadra della sua nuova mentore Bruiser (Lana Parrilla), accanto all'eccentrico assistente paralegale Deck (P.J. Byrne), che non ha mai superato una causa in tribunale. Il primo aspetto che colpisce della serie è l'aver scelto di proporre un caso orizzontale e non di puntata, nonostante l'appuntamento settimanale e la natura procedurale del racconto. Una scelta anti-convenzionale per i tempi che corrono, in cui la facile distrazione da parte del pubblico dopo pochi minuti non permette di serializzare troppo una storia; figuriamoci per ben 10 episodi con un unico caso orizzontale.
Cospirazione e critica sociale: l'identità tematica della serie
The Rainmaker si presenta come un prodotto a metà strada tra Goliath e Avvocato di difesa. Il primo per la lotta contro i poteri forti, il secondo per le cospirazioni in atto: quando Rudy e il suo team scoprono due possibili insabbiamenti legati alla misteriosa morte del figlio di una cliente, il giovane avvocato deve scegliere il prezzo da pagare per ottenere giustizia. Compresa la relazione complicata e competitiva con la fidanzata (Madison Iseman), anche lei fresca di laurea e assunta da Drummond.
Rudy sa citare qualsiasi sentenza passata a memoria e ha un senso della giustizia molto forte: in questo legal drama si sottolinea come non siamo tutti uguali di fronte alla Legge perché non abbiamo tutti le stesse possibilità. Soprattutto se una grande compagnia sta cercando di insabbiare qualcosa e ci si trova a lottare contro un sistema che tutela solo i più potenti, perché hanno gli strumenti per salvaguardarsi. L'etica morale con tutte le sue incredibili sfumature fa da fil rouge alla narrazione, che ci mette un po' troppo ad ingranare e soprattutto propone personaggi e storie che sarebbe andati bene 5-10 anni fa, ma non oggi. Rimane intatta la forte critica sociale del romanzo ma quando viene aggiornata ai giorni nostri... manca di reale contemporaneità.
Un buon cast non fa necessariamente una buona serie
The Rainmaker è il classico esempio di serial non salvato dagli interpreti. Nomi come John Slattery e Lana Parrilla asfaltano chiunque altro appena mettono piede in scena, grazie al loro carisma e alla loro parlantina, ma non possono risollevare una scrittura farraginosa e un ritmo inutilmente compassato. Badate bene: siamo i primi ad apprezzare moltissimo la vecchia serialità e le storie che si prendono il giusto spazio per essere raccontate, ma qui siamo semplicemente fuori tempo.
Anche Dan Fogler come inedito villain ci risulta convincente. A mancare di mordente è il protagonista del titolo, Milo Callaghan, a tratti respingente, a tratti troppo acerbo per un ruolo così iconico. Risulta più carismatica la sua fidanzata, paradossalmente, divisa tra ciò che dovrebbe e ciò che vorrebbe fare, per la giustizia o per farsi un nome come avvocato. Nemmeno la drammatica storia familiare che Rudy si porta dietro ci porta a tifare per lui. Nessun cult seriale da queste parti.
Conclusioni
The Rainmaker è il classico esempio di serie che funziona sulla carta ma meno nella sua messa in scena. Buono il cast di contorno, meno convincente il protagonista. Funziona la critica sociale che proviene dal romanzo ma non arriva allo spettatore perché passa attraverso una scrittura farraginosa e un ritmo lento. Buona (forse) l'idea dell'unico caso orizzontale ma anche in questo caso sembra una serie realizzata per un'altra epoca televisiva.
Perché ci piace
- L'omaggio alla vecchia serialità...
- Buono il cast di contorno, a partire da Lana Parrilla e John Slattery...
- La denuncia sociale di Davide contro Golia agli occhi della Legge..
Cosa non va
- ...che però sa un po' di stantio.
- ...meno il protagonista Milo Callaghan.
- ...che si perde nei meandri del caso e delle storie personali dei personaggi.